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12 ottobre

Cristoforo Colombo scopre l'America, nasce Eugenio Montale, nasce Hugh Jackman, muore Gillo Pontecorvo

“Pour mon âme quel destin!”. Fu quest’aria a consacrare Luciano Pavarotti come “the King of high-C”. Il re del do di petto. Il 2 giugno del 1966, al Covent Garden di Londra ne “La Figlia del Reggimento”. Per la prima volta un tenore emise a piena voce tutti e nove i do, scritti da Donizetti per essere eseguiti in falsetto. Nove note e poi il boato, con il pubblico esultante e la casa reale inglese trascinata nell’applauso.

Arrivò nel modo più scenografico e imperioso la svolta definitiva nella carriera del tenore emiliano, nato a Modena il 12 ottobre del 1932 e cresciuto a pane e musica. Letteralmente, visto che il padre era fornaio e a sua volta tenore dilettante, capace d’inculcare la stessa passione nel figliolo. Il futuro “Big Luciano”, che avrebbe fatto impazzire di simpatia gli americani con la sua mole, non visse però un'adolescenza da predestinato. Studiò per diventare insegnante di educazione fisica, lui così amante dello sport. Coltivava il canto come una passione, prendendo lezioni da ottimi maestri come Arrigo Pola.

Quando decise che avrebbe provato a vivere di note («Mia madre disse di sì, mio padre di no, quindi naturalmente la famiglia decise che avrei fatto il tenore»), iniziò da Reggio Emilia una gavetta fatta di teatri di provincia. Pavarotti debuttò nella “sua” parte: il Rodolfo della “Bohème” di Puccini. Afferrando la “gelida manina” di Mimì e portandola in giro da Carpi a Brescia, Pavarotti arriva sino al Teatro Massimo di Palermo, che lo scopre entusiasta e lo consacra. I capelli nerissimi, il barbone arruffato da Mangiafuoco e le sopracciglia folte perfettamente complementari ad una voce estesa, piena, abile anche nel fraseggio affettuoso e tenero.

Nel 1965 arriva il debutto con applausi alla Scala, ancora con la Bohème, al fianco della coetanea Mirella Freni, con cui aveva condiviso le lezioni di canto a Modena e - secondo un aneddoto - perfino la balia: entrambe le madri, operaie, non avevano potuto allattare i futuri prodigi della lirica. Con il teatro milanese Big Luciano coltiverà sempre un rapporto oscillante: fatto di trionfi travolgenti, di fischi impietosi (quelli del 1983, quando la Scala non lo apprezza in Lucia di Lammermoor), e persino di clamorose stecche.

La grande festa di Italia 90 per i Mondiali di calcio vede invece la nascita di una geniale “trovata” commerciale e, a suo modo, divulgativa: i concerti dei “Tre tenori”. A Caracalla con Domingo e Carreras canta arie celebri, ma anche Cielito lindo, La vie en rose e Ò sole mio davanti a un miliardo di telespettatori. Big Luciano intraprese il lento distacco dall’opera per tuffarsi nel recital, nei bagni di folla dei palasport e dei megaconcerti all’aperto. Mezzo milione, nel ’93, a Central Park.

La svolta pop, i “Pavarotti and Friends” nei quali duetta con Elton John, Liza Minelli, Zucchero e Michael Jakson, viaggia in parallelo agli alti e bassi in teatro.

Negli ultimi anni Big Luciano ha gustato le gioie di un nuovo amore e di una nuova paternità. Ma anche la sofferenza e la delusione per una salute che sempre più spesso gli ha impedito di onorare i suoi impegni artistici. Nel 2004 è partito da Tokio il suo ''giro d'addio'' che praticamente è andato avanti per anni e non sempre con lo sperato successo. Ma ormai la figura del tenore cominciava ad appartenere alla leggenda, più che alla cronaca.

La malattia, il tumore al pancreas, lo ha sconfitto dopo una lunga battaglia: muore a 71 anni, il 6 settembre 2007, nella sua residenza a Santa Maria del Mugnano, nelle campagne alle porte di Modena.


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Il 12 ottobre nella storia

1492: Cristoforo Colombo scopre  l'America 1896: Nasce Eugenio Montale, poeta italiano. Muore nel 1981 1968: Nasce Hugh Jackman, attore australiano 2006: Muore Gillo Pontecorvo, regista e sceneggiatore italiano

 

 

 

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