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QUARTA DOLOMITE CONFERENCE sulla governance del cambiamento climatico e sostenibilità

 

Se potessimo eleggere un luogo a capitale mondiale delle strategie per governare il cambiamento climatico, questo sarebbe sicuramente Venezia: una città che da secoli lotta per sopravvivere contro le stesse acque che ne hanno determinato la grandezza. Perciò, è proprio nella città lagunare che dal  16 al 18 ottobre presso l’Isola di San Servolo si svolge la Venice Conference, giunta alla sua quarta edizione, pensata come piattaforma internazionale di dialogo tra istituzioni, imprese, accademia e media, per stimolare idee innovative, promuovere nuovi modelli di governance,  sostenere progetti concreti, affrontare temi chiave della transizione ecologica: città climate neutral, intelligenza artificiale applicata al cambiamento climatico, finanza sostenibile, giustizia e comunicazione ambientale.

 

 

Il 2024 ha mostrato che siamo già oltre la soglia critica di 1,5 gradi di aumento della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali e alcuni scienziati ritengono che sia svanita persino la possibilità di restare al di sotto dei 2 gradi, limite oltre il quale il clima sfugge al nostro controllo innescando automaticamente (e senza ulteriori azioni umane) un deterioramento progressivo, un processo auto-rinforzante. Ma l’attuale dibattito sul cambiamento climatico è sospeso tra le reazioni politiche contrarie (in Europa e negli Stati Uniti) e l’accelerazione della crisi, che sta colpendo più duramente il cosiddetto “sud globale”. Per questo occorre accelerare gli sforzi per affrontare la crisi climatica definendo con rapidità le modalità attraverso cui rendere l’agenda:

 

1. più inclusiva e partecipativa, coinvolgendo attivamente agricoltori, proprietari di abitazioni e costruttori automobilistici europei come parte integrante delle soluzioni, e non come semplici destinatari di istruzioni elaborate dalla comunità scientifica;

 

2. più ampia negli strumenti, aprendosi anche a opzioni innovative quali l’energia nucleare di quinta generazione e la geoingegneria;

 

3. più pragmatica e consapevole della dimensione geopolitica, poiché il cambiamento climatico ridefinisce gli equilibri internazionali e, paradossalmente, può generare vantaggi per alcuni paesi, come nel caso dell’apertura delle rotte polari;

 

4. più estesa negli obiettivi, includendo non solo la prevenzione di catastrofi ambientali, ma anche la costruzione di catene energetiche più sicure, la riduzione dei costi per i cittadini e il contenimento dei rilevanti oneri economici già oggi provocati dall’inquinamento.

 

 

Non possiamo sottrarci agli effetti di ciò che accade, in Occidente e in altre parti del pianeta, né ignorare il legame tra il futuro delle nuove generazioni, le scelte che compiamo oggi e quelle fatte nel passato. Per questo la conferenza pone l’accento sul ruolo che l’UE dovrebbe assumere, non solo in termini di riduzione delle proprie emissioni (come previsto dal “green deal”, attualmente in fase di revisione), ma soprattutto come attore rilevante nelle negoziazioni tra le principali macroregioni mondiali (Cina, India, Sud America e, si potrebbe sostenere, con un rinnovato coinvolgimento degli Stati Uniti) e tra le principali parti interessate, che comprendono i governi ma anche le imprese, le comunità locali e le città, i cittadini e le famiglie, il mondo accademico e i media. 

 

Per il programma dettagliato delle tre giornate di lavoro a cui prendono parte delegazioni provenienti da Cina, India, Sud America, Medio Oriente, Africa, Canada, Regno Unito e Stati Uniti

 

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