di Elisabetta Marinelli
L'infanzia
Infanzia e giovinezza sono state difficili: nato da famiglia modesta a Wadowice, il 18 maggio 1920, perde il padre nel 1941; la madre era morta quando aveva nove anni. “Mia madre- racconta- voleva un figlio prete e uno medico. Non ha potuto vedere me diventare prete e mio fratello ...”. Il fratello Edmund, che studiava medicina, era deceduto nel 1932.
L'attore
Tra il 1934 e il 1938, prende parte alle rappresentazioni del teatro scolastico di Wadowice. A scuola è religioso e bravo, ma all'università di Cracovia fa filosofia e non teologia. Va a ballare con gli amici, che gli attribuiscono un debole per la bella Halina, ma non ha mai avuto fidanzate. Che pure sono state cercate un po' ovunque, all'inizio del pontificato, vista la sua prestanza e il suo passato di attore e sportivo. Recita a scuola, dunque. Altro significato ha, dopo il trasferimento a Cracovia col padre nel 1938, l'iscrizione al Teatr Rapsodiczny, il Teatro rapsodico clandestino dell'università Jagiellonica di Cracovia, che Kotlarczyk aveva fondato e dedicato al culto della “parola viva”, vietato dai nazisti come ogni altra iniziativa intellettuale. Una passione che è anche una forma di resistenza per un giovane che durante la guerra, per mantenersi agli studi ed evitare la deportazione, lavora: prima nelle cave di pietra di Zakrwek e poi in una fabbrica di prodotti chimici, la Solvay. Sette chilometri da casa, fatti a piedi, con gli zoccoli di legno, con una deviazione per la chiesa di mattoni rossi del convento di suor Faustina Kowalska (che farà santa) per pregare la Divina Provvidenza. Lascia la fabbrica solo dopo essere diventato prete a 26 anni, il primo novembre 1946.
L'operaio
Non dimentica mai di essere stato operaio. In un'altra fabbrica della Solvay, a Rosignano, nel 1982 chiama gli operai “miei compagni di lavoro”. E “anch'io sono stato operaio”, ripete spesso negli incontri col mondo del lavoro, appuntamento fisso del 19 marzo, S. Giuseppe lavoratore, finché il fisico glielo consente. Operai, commercianti, contadini:incontra tutte le realtà del mondo del lavoro. La sua sensibilità nei confronti dei problemi dell'uomo lavoratore è un'altra delle linee del pontificato, che fa aprire le porte del Vaticano ai sindacati. A quel mondo dedica uno dei suoi maggiori documenti, la Laborem exercens (1981), nella quale rivendica il diritto dell'uomo al lavoro e il rispetto della dignità di chi lavora. Concetti sviluppati nelle successive encicliche sociali 'Sollicitudo rei socialis' (1987) e 'Centesimus annus' (1991).
Poeta e scrittore
Scrive versi fino agli ultimi giorni di vita. E se il suo 'Varcare la soglia della speranza', del 1994, è un best-seller mondiale, la commedia giovanile 'La bottega dell' orefice' tiene cartellone ovunque. Sue poesie, come le 'Ballate dei portici di Wawel', vengono tradotte in molte lingue. Così è anche per 'Amore e responsabilità' e 'Persona e atto umano', le più note delle circa 120 opere su temi teologici e filosofici. E gli autobiografici 'Dono e mistero' (1996), 'Alzatevi, andiamo' (2004) e 'Memoria e identità’ (2005) sono eventi mediatici, prima ancora che successi editoriali. Al suo bilancio di scrittore vanno aggiunti 14 encicliche e centinaia di altri documenti.
Continua a scrivere anche dopo la nomina, a 38 anni, a vescovo ausiliare di Cracovia, fatta da Pio XII nel 1958. Pubblica sul settimanale Tygodni Powszechny e sul mensile Znak. Si firma Andrzej Jawien: personaggio del romanzo di Jan Parandowski 'Il cielo in fiamme', un uomo che perde e ritrova la fede, o con altri pseudonimi, come Stanislaw Andrzej Gruda o Piotr Jasien. Incontrando da Papa, nel 1984, 1200 giornalisti, sostiene di volere “la Chiesa come una 'casa si vetro', dove tutti possano vedere che cosa avviene e come essa compia la propria missione”. Aggiunge che l'etica giornalistica deve essere sempre improntata alla “verità oggettiva, la serietà e onestà intellettuale”. Lo si è definito papa televisivo, ha inviato un suo documento per e-mail, si è lasciato intervistare e riprendere in ogni occasione.
La difesa dei diritti umani
1962: è a Roma per il Concilio. “Ricordatevi- dice nella discussione sul documento sulla Chiesa nel mondo contemporaneo- di avere sempre nella mente e nel cuore che la dignità della persona umana va sempre difesa e sostenuta”. Ottimista, vuole una Chiesa propositiva, capace quindi anche di riconoscere i suoi errori del passato, aperta con fiducia al futuro e al mondo, al quale pure deve ricordare i suoi doveri. Lo scrive, quasi 40 anni dopo, convocando il Giubileo; è il ‘mandato’ ('duc in altum') che le affida alla fine dell'Anno santo. Ma lo afferma già nella sua prima enciclica, la Redemptor hominis (Il redentore dell'uomo, 1979). L'uomo, scrive, è il centro dell'azione passata e futura della Chiesa, perché è la causa della venuta di Cristo. Per questa 'causa' la Chiesa deve tutelarne la dignità e i suoi diritti: al lavoro, alla casa e soprattutto alla libertà di religione. E' stato il manifesto del pontificato.
Wojtyla e gli Ebrei
Da cardinale, il 28 febbraio 1969 visita la Sinagoga del quartiere Kazimierz. La visita anticipa il 'viaggio più lungo', il primo di un Papa a una Sinagoga (Roma, 1986), dove chiama gli ebrei ‘fratelli maggiori’. Restano ancora tensioni, ma il 30 dicembre 1993 vengono istituiti rapporti diplomatici con Israele, che chiudono un quarantennio di polemiche. Nei rapporti col mondo ebraico molto influisce il viaggio in Terra santa (marzo 2000), con la palese commozione allo Yad Vashem (“non ci sono parole abbastanza forti per deplorare la terribile tragedia della Shoah”) e la preghiera al Muro del Pianto (“ci impegnamo alla fraternità genuina col popolo dell'Alleanza”).
I rapporti con le altre religioni e con i cristiani
I rapporti con ebraismo e Islam, e soprattutto con gli altri cristiani, sono uno dei campi di maggior impegno della sua azione. Al rapporto tra religioni e insieme alla pace è legato uno dei gesti 'profetici', ma anche contestati, del pontificato: gli incontri che hanno riunito ad Assisi esponenti delle religioni di tutto il mondo. Il 27 ottobre 1986 la preghiera per la pace nel mondo e il 24 gennaio 2002, dopo gli attentati di New York, per formulare il comune impegno di non offrire giustificazioni religiose al terrorismo. E con i venti di guerra, nel Golfo prima, in Afghanistan e in Iraq poi, il Papa è in modo quasi naturale uno dei punti di coagulo dei Paesi schierati contro l'intervento militare. Nel suo pensiero, se la collaborazione tra le fedi serve al bene dell'uomo, l'ecumenismo è un 'dovere' dei cristiani, che debbono riconciliarsi. E’, rivela in un appunto del 1994, l'obiettivo centrale del pontificato e della Chiesa dal Concilio Vaticano II in poi.
La battaglia contro il comunismo
Lo attacca fin dal 1979, in Messico: a Puebla, alla III assemblea dei vescovi di un'America latina nella quale sono vive le analisi marxiste della teologia della liberazione, non si può, dice, mescolare Dio, che è vera libertà, con i partiti. E' la sconfessione delle cosiddette Chiese popolari e dei movimenti cattolici filocomunisti. Cose che ripete nel 1983 in Nicaragua, quando all'aeroporto redarguisce Ernesto Cardenal, uno dei preti del governo sandinista, che ricambia con la Messa contestata dalle Madri della rivoluzione. Dopo la caduta del Muro, in Lituania (1993), afferma che la sconfitta dell'ingiustizia del comunismo non significa la 'giustizia' del capitalismo. Nel socialismo, dice, c'erano ''semi di verità''. Lo scontro col comunismo ha, tra le cause, anche la sua visione di Europa come 'casa comune' fondata sul cristianesimo.
Solidarnosc
Quando Solidarnosc nasce, il Papa è con Solidarnosc, causa fondamentale della caduta dei regimi comunisti. La cita, la difende, ne riceve, e con tutti gli onori, una delegazione guidata da Lech Walesa.
Gli attentati
Proprio il timore del 'contagio' di Solidarnosc, si è detto, ha fatto di Giovanni Paolo II il primo papa a subire un attentato organizzato. E' il 13 maggio del 1981. In 'Alzatevi, andiamo!' Wojtyla parla di un complotto organizzato da un'ideologia della prepotenza. Più volte, ha ripetuto che tutto il tempo dopo quel giorno gli è stato dato per intercessione della Madonna. L'attentato, anzi la morte del “vescovo vestito di bianco” sono nel terzo Segreto di Fatima, da lui rivelato il 13 maggio del 2000. Proprio a Fatima, nel 1982, un altro attentato: un ex seminarista del vescovo tradizionalista mons. Marcel Lefebvre viene fermato a pochi passi da lui con una baionetta in pugno.