Bambini soldato


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L'infanzia rubata, una piaga mondiale

L'Unicef: almeno 300.000 bambini in guerra

di Carla Toffoletti

"Ho tanta sete e mi fanno male i piedi con i sassi nelle scarpe. Di sicuro ci uccideranno. Perché ci vogliono uccidere se non abbiamo fatto niente?".

El Salvador anni '80. Infuria la guerra civile che durerà 12 anni. Sfilano bimbi prigionieri, con le mani sulla nuca , sotto la pioggia. Chava , 11 anni, è stato catturato con i suoi amici coetanei. Era scappato dal villaggio di Cuscatancingo perché l'Esercito reclutava a forza, rapendoli, i 12enni. Aveva raggiunto il bosco per unirsi al movimento guerrigliero FMLN dei contadini. Ma è stato preso . Non lascia scampo l'incipit de "l figli della guerra", il film di Oscar Torres con cui si apre il dibattito alla Sala delle Colonne della Camera dei Deputati sulla piaga dei bimbi soldato nel mondo. Una tragedia che coinvolge 300 mila minori, usati come combattenti, messaggeri, spie, facchini, e le ragazze costrette anche a prestazioni sessuali. La pellicola autobiografica narra l'infanzia dello scrittore, una storia personale di formazione sullo sfondo di una tragedia collettiva. Torres scapperà da solo a 13 anni negli Stati Uniti. Contro ogni speranza riuscirà in seguito a riconciliarsi con la madre e i tre fratelli lasciati nel villaggio, ma in tanti sono morti. Sono 1.000 i bambini spariti negli anni 1980/92. "Per me scrivere questo film è stato come una guarigione - ci racconta l’autore - soffrivo di attacchi di panico, lo chiamano stress post-traumatico. Questo significa crescere nella guerra. Il senso di colpa ti attanaglia, senso di colpa per quello che si è fatto o non si è fatto". Non servono molte parole, le immagini della pellicola parlano da sole: baracche, giochi di bimbi, lucciole di carta lanciate al cielo, sprazzi di normalità rubati alla guerra. "Avevamo tutti paura di compiere 12 anni, racconta Chava/Torres - perché l'esercito veniva a prenderti - Chi se ne andava non tornava perché aveva paura, quelli che restavano lottavano".

L'Unicef stima in 300.000 i bambini in guerra, piccoli a cui si insegna a sparare e ad uccidere. Il rapporto annuale Onu 2011 parla di 52 stati o formazioni non governative in 3 continenti che sfruttano i bambini soldato. Tra questi 32 sono recidivi, ovvero compaiono nella lista da 5 anni consecutivi: 7 di questi recidivi sono eserciti governativi. In Africa l'uso avviene al 60% da parte delle milizie non governative. Il fenomeno è così diffuso perché i bambini sono facili da addestrare rispetto agli adulti, sono più duttili, più malleabili. Non si fa abbastanza per contrastare questa piaga, denuncia Fiamma Nirenstein che modera il dibattito. L'Onu in 12 anni ha avuto la forza di fare solo 13 risoluzioni sull'utilizzo dei bambini nei conflitti armati. Non ci si impegna seriamente a strappare questi cuccioli alla violenza. Un crimine, aggiunge, che dovrebbe essere equiparato e punito come un crimine di guerra.

"Il grande conflitto viene dall'essere dimenticati - incalza Torres - gli Stati Uniti oggi stanno pagando il prezzo di quello che per anni hanno dimenticato (l'immigrazione dal Messico). Durante la guerra in Salvador gli Usa hanno dato 3 milioni di dollari, ma non hanno investito sulla formazione, sulle infrastrutture, e oggi nel mio Paese ci sono più morti che durante il conflitto". Il Salvador è ancor oggi un paese i cui i bambini vengono rapiti, anche se in misura minore, per denaro o per inserirli in organizzazioni fuorilegge, in una situazione di estremo disordine e di criminalità. Nel Paese si compiono 4.300 assassini l'anno, il secondo al mondo dopo l'Honduras. Ci sono ancora oggi madri disperate che cercano i loro figli scomparsi all'improvviso e per tutta la vita non hanno altro scopo. "Una guerra non finisce mai, uno se la porta dentro per tutta la vita", ci dice Torres. Recuperare, mettere al riparo, riparare al male. Non è facile. Ci sono programmi per i bambini soldato, buone pratiche, ma il danno psicologico è vastissimo. "L'infanzia negata non è un tema ideologico - dice Eugenia Roccella, Vicepresidente Commissione Affari sociali alla Camera - si possono trovare convergenze. Bisogna uscire dal silenzio e dalla distrazione, bisogna sensibilizzare l'opinione pubblica. Il fenomeno dell'arruolamento dei minori non è in diminuzione, al contrario cresce esponenzialmente".

Akwasi Yiadom Adarkwah , ganese, ci racconta la Sierra Leone, dove si trasferisce nel 1984 per una missione umanitaria, e la storia non è miolto diversa. Nel 1997 il colpo di stato destituì temporaneamente l'allora presidente e i ribelli vengono chiamati (nel tentativo di attuare una riconciliazione nazionale) a far parte del governo. Adarkwah scopre che circa il 60% dei 44.000 mila arruolati in quel periodo sono bambini sotto i 18 anni. Fonda l'Ong "Family Homes Movement", per individuare questi ragazzi, disarmarli e riabilitarli. Viene anche preso in ostaggio dai ribelli. Nel 2000 a seguito di un attacco perde la moglie e la figlia viene ferita gravemente. E' costretto a lasciare il paese e trova asilo in Australia. Nel 2010 può finalmente tornare a Freetown e due anni dopo conosce lo psichiatra infantile Roberto Ravera, anch'egli attivo da anni in Sierra Leone nella cura e nel recupero dei bambini sfruttati nei conflitti armati e insieme fondano la Ong “Mother and Child Ravera Center”, di cui oggi è direttore operativo. Ci racconta di atrocità inimmaginabili, di mani e piedi tagliati per impedire alla gente di andare a votare al referendum popolare che chiedeva libere elezioni. “I bimbi non dovrebbero essere coinvolti nei conflitti - ci dice - e se succede vanno strappati alla guerra e riabilitati. Per questo continuo a combattere in prima fila. C’è ancora tanto da fare”.

L’ultimo intervento è della giornalista Antonella Napoli, presidente di “Italians for Darfur”. Con la voce spezzata ci comunica che nell’ultimo decennio (2000-2010) le vittime tra gli 8 e i 12 anni sono state 2 milioni, 6 milioni i feriti e 10 quelli strappati alle famiglie. E’ una piaga che rischia di diventare “la piaga”. L’Unicef ha denunciato un massiccio reclutamento nella Repubblica Centro-Africana: dallo scorso settembre sono 6 mila i minori reclutati da impiegare nel conflitto successivo al colpo di stato. Il 40% è sotto i 12 anni. Sono 100 mila i bambini tra i 6 e i 14 anni utilizzati nella guerra in Sudan, tra il nord e il sud del paese. Antonella Napoli sta per pubblicare un libro, “L’innocenza spezzata”, Overa ed. Il 30% dei bimbi soldato è femminile. E’ usuale trovare fanciulle che vengono utilizzate sui campi ma anche per prestazioni sessuali dai militari. In Uganda i comboniani hanno aperto un Centro di recupero per i bambini soldato. A settembre 80 minori sono stati strappati all’LRA (Esercito di Resistenza del Signore), del guerrigliero criminale ugandese Joseph Kony, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra in Congo ed Uganda.

Ma il problema è anche culturale, perché spesso in alcuni paesi è normale che un bambino debba essere avviato alle armi. Ricordo in Afghanistan, nel 2002, bimbi che indossavano con orgoglio Kalashnikov più grandi di loro. Perché se nasci in guerra un fucile ti fa sentire grande, e forse, a volte, ti fa credere di essere dalla parte giusta.