Weekend al cinema


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'Miss Violence', l'orrore normale

Leone d'Argento a Venezia, ora nelle sale

di Sandro Calice

di Alexandros Avranas, Grecia 2013, drammatico (Eyemoon Pictures)
Fotografia di Olympia Mytilinaiou
con Themis Panou, Reni Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Kalliopi Zontanou, Constatinos Athanasiades, Chloe Bolota, Maria Skoula
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Un film horror, spaventoso, angosciante, stillicidio di violenze. Ovviamente in famiglia.

Nel giorno del suo undicesimo compleanno Angeliki scavalca la ringhiera del balcone e si uccide. La famiglia, composta da nonno e nonna, la giovane Eleni, l’adolescente Myrto e i bambini Alkmini e Filippos, parla di incidente, mentre polizia e servizi sociali cercano di capire le ragioni di quello che sembra chiaramente un suicidio. Tutti intanto riprendono frettolosamente la loro vita facendo quasi finta di nulla, sotto le direttive di un nonno che sembra dedicarsi anima a corpo a tenerli uniti. L’orrore, vero e terrificante, emergerà poco alla volta.

“Miss Violence”, in concorso alla 70° Mostra di Venezia, dove ha vinto il Leone d'Argento per la regia e la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile, è una pugnalata, più che un pugno, nello stomaco. Parliamo di violenze in famiglia e preferiamo non dire altro non per pudore, ma perché il film è costruito come un giallo, nel quale fino alla fine non si capisce bene chi sia il “colpevole”, forse perché lo sono tutti. Altri potranno svelare, e sicuramente lo faranno, quello che vogliono, ma faranno un cattivo servizio allo spettatore. Alcune scene sono emotivamente durissime, ma Alexandros Avranas (“Without”) non utilizza mai in modo compiaciuto o con furbizia né la violenza né il sesso: è tutto spaventosamente asettico, “normale”, “perché – dice il regista – è la brutta storia che accade accanto a noi e nessuno vuole vedere”. E quello che stilisticamente potrebbe essere inteso proprio come ‘furbizia’, l’uso di una narrazione pulita e elegante, quasi fredda nell’esposizione degli orrori per poi provocare lo shock, è in realtà la forza del film, che costringe lo spettatore a un atteggiamento ‘intellettuale’ dove la pancia vorrebbe urlare. Da non perdere.