Venezia 70


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Si alza il vento, l'addio di Miyazaki

In concorso anche ‘Miss Violence’ e ‘Parkland’ miyazaki_296

di Sandro Calice

L’ultimo volo artistico di Hayao Miyazaki si è compiuto a Venezia. Il maestro giapponese dell’animazione, fondatore del celebre Studio Ghibli, ha infatti annunciato che “Kaze tachinu (Si alza il vento)”, in concorso alla Mostra, è il suo ultimo film. I dettagli di questa decisione saranno spiegati a Tokyo in una conferenza stampa la prossima settimana.

Proprio a Venezia Miyazaki, 72 anni, ha preso il suo ultimo importante riconoscimento, il Leone d’Oro alla carriera nel 2005. Col film d’animazione “La città incantata” ha vinto l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2002 e l’Oscar come miglior film di animazione nel 2003. “Si alza il vento” è un poetico film d’amore e di guerra ispirato a personaggi reali.

Gli altri due film in concorso nella quinta giornata della Mostra sono il greco “Miss Violence” di Alexandros Avranas e “Parkland” di Peter Landesman.

Star della giornata, Daniel Radcliffe l'attore inglese diventato famoso interpretando Harry Potter, a Venezia per presentare “Giovani ribelli- Kill Your Darling” del regista John Krokidas, Giornate degli autori, dove interpreta un giovane Allen Ginsberg. “I miei fan apprezzano le mie scelte – ha detto – e non sono solo fan di Harry Potter, ma di buoni film e buoni libri”. Sul film, invece: “Non ho sentito la responsabilità del personaggio, sarei stato più stressato se avessi dovuto interpretare Keats. Sono un suo fan e poi ho seguito le indicazioni di Krokidas, ovvero non pensare a questo personaggio come un’icona, ma semplicemente come un ragazzo che frequenta l'università e con delle insicurezze, che lentamente scopre di essere un genio della poesia”.

Lunedì 2 settembre c’è l’atteso ritorno di Terry Gilliam, in concorso con il film di fantascienza “The Zero Theorem”. Gli altri film della giornata sono “Locke” di Steven Knight e “Tom à la ferme” di Xavier Dolan.

SI ALZA IL VENTO

di Hayao Miyazaki, Giappone 2013, drammatico (Lucky Red)
Animazione, voci di Hideaki Anno, Miori Takimoto, Hidetoshi Nishijima, Masahiko Nishimura, Jun Kunimura, Shinobu Otake, Mansai Nomura
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Ci lascia, artisticamente, volando leggero con quest’ultimo straordinario pezzo di letteratura animata Miyazaki, lui che del volo ha fatto un filo conduttore delle sue storie.

Giappone, 1912. Jiro è un bambino che sogna di volare, tanto che nei suoi sogni parla sempre col celebre ingegnere aeronautico italiano Caproni. E’ miope, però, non potrà mai pilotare un aereo, per questo Caproni gli dice che dovrà imparare a progettarli. Il film è la sua storia, in anni fatidici per il Giappone, del suo trasferimento a Tokyo per studiare, del terribile terremoto del 1923, della Grande Depressione, del suo ingresso alla Mitsubishi per la quale alla fine progetterà l’A6M1, conosciuto come “Zero”, a partire dal 1940 e per tre anni il miglior aereo caccia del mondo. In mezzo e al di sopra di tutto questo, la sua storia d’amore con Nahoko, senza la quale Jiro non sarebbe mai riuscito a dare forma ai suoi sogni.

Il titolo del film è tratto da un racconto omonimo di Tatsuo Hori, scrittore e poeta giapponese degli anni Trenta, che a sua volta aveva preso la frase da una poesia di Paul Valéry “Le vent se lève, il faut tenter de vivre” (si alza il vento, bisogna provare a vivere). Miyazaki ha messo insieme lo scrittore e l’ingegnere Jiro Horikoshi, realmente esistito negli stessi anni di Hori, e ha creato il personaggio di Jiro. “Si alza il vento” così è la storia di una singola vita che si intreccia con la biografia di una nazione, è un atlante dei sogni che assomiglia molto a quello del regista, è una piccola storia epica e poetica di amore, perseveranza, lucida follia, senso del dovere, guerra e rivoluzione, fascismi e libertà, vittoria, sconfitta e bellezza. C’è tanto, forse troppo, da tenere insieme, ma Miyazaki ci riesce con calcolata leggerezza, con colorata riflessione, bastandogli un tratto lieve per attraversare anche la tragedia, sempre come raccontasse una favola, ma dimostrando ancora una volta che non c’è niente di più serio delle “cose per bambini”.



MISS VIOLENCE

di Alexandros Avranas, Grecia 2013, drammatico
Fotografia di Olympia Mytilinaiou
con Themis Panou, Reni Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Kalliopi Zontanou, Constatinos Athanasiades, Chloe Bolota, Maria Skoula
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Un film horror, spaventoso, angosciante, stillicidio di violenze. Ovviamente in famiglia.

Nel giorno del suo undicesimo compleanno Angeliki scavalca la ringhiera del balcone e si uccide. La famiglia, composta da nonno e nonna, la giovane Eleni, l’adolescente Myrto e i bambini Alkmini e Filippos, parla di incidente, mentre polizia e servizi sociali cercano di capire le ragioni di quello che sembra chiaramente un suicidio. Tutti intanto riprendono frettolosamente la loro vita facendo quasi finta di nulla, sotto le direttive di un nonno che sembra dedicarsi anima a corpo a tenerli uniti. L’orrore, vero e terrificante, emergerà poco alla volta.

“Miss Violence” è una pugnalata, più che un pugno, nello stomaco. Parliamo di violenze in famiglia e preferiamo non dire altro non per pudore, ma perché il film è costruito come un giallo, nel quale fino alla fine non si capisce bene chi sia il “colpevole”, forse perché lo sono tutti. Altri potranno svelare, e sicuramente lo faranno, quello che vogliono, ma faranno un cattivo servizio allo spettatore. Alcune scene sono emotivamente durissime, ma Alexandros Avranas (“Without”) non utilizza mai in modo compiaciuto o con furbizia né la violenza né il sesso: è tutto spaventosamente asettico, “normale”, “perché – dice il regista – è la brutta storia che accade accanto a noi e nessuno vuole vedere”. Sarà difficile che il film trovi una distribuzione in Italia.

PARKLAND

di Peter Landesman, Usa 2013, drammatico (Rai Cinema)
Fotografia di Barry Ackroyd, BSC
con James Badge Dale, Zac Efron, Jackie Earle Haley, Colin Hanks, Marcia Gay Harden, Tom Welling, Billy Bob Thornton, Paul Giamatti
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“Parkland” appartiene a quella categoria di film che presentano un motivo d’interesse soprattutto nell’argomento che trattano, in questo caso l’omicidio di JFK.

Anche se di quello parla, questo non è un altro film che ricostruisce in modo più o meno preciso la storia dell’omicidio di John Fitzgerald Kennedy il 22 novembre del 1963. Parkland, dal nome dell’ospedale in cui fu ricoverato il presidente nei suoi ultimi istanti di vita, vuole piuttosto mostrare la prospettiva di personaggi poco indagati dalle ricostruzioni ufficiali. Come spiega il regista, qui al suo primo lungometraggio ed in precedenza premiato giornalista d’inchiesta e corrispondente di guerra, “abbiamo visto il filmato dell’assassinio, quello che il 'Life Magazine' pagò 50mila dollari nel 1963, milioni di volte, ma perché non abbiamo mai saputo nulla di quello che accadde a Zapruder subito dopo averlo realizzato? O a Robert Oswald quando venne a sapere dell'arresto del fratello? Il concetto alla base del film è proprio questo: prendere il pubblico e metterlo nei panni di quelle persone che hanno dovuto affrontare la tragedia negli attimi successivi. Il film racconta i piccoli gesti compiuti da perfetti sconosciuti all'indomani di un drammatico evento di portata mondiale”.

Nessuna nuova ipotesi investigativa, dunque, o teoria da raccontare, solo questa inedita prospettiva “dal basso”. Il risultato, però, non convince del tutto, per uno script non sempre impeccabile ed un impianto generale che dà al racconto un respiro corto. Per cui se in qualche momento ci si “commuove” è quasi solo perché sappiamo che su quella barella c’è Kennedy, per poco altro.