Una piccola Arcidiocesi fa tremare il Vaticano


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Maribor, un 'buco' da 900 milioni

In Slovenia uno dei più gravi crac finanziari della storia della chiesa. Papa Francesco azzera i vertici p

Una piccola Arcidiocesi cattolica, quella slovena di Maribor, è al centro di uno dei più gravi crac finanziari della storia della chiesa, che continua a far tremare anche il Vaticano. La vicenda che, su decisione di Papa Francesco, ha portato alle dimissioni degli arcivescovi di Maribor, Marjan Turnsek, e di Lubiana, Anton Stres, prende origine dagli investimenti quantomeno spericolati e dalle avventure finanziarie in cui si era lanciata la diocesi negli ultimi decenni, che l'hanno portata, complice l'asserita "incompetenza" dell'ex vescovo Franc Kramberger, ad accumulare la bellezza di quasi 900 milioni di euro di debiti.

Un "buco mostruoso", aveva scritto nel gennaio 2011 il settimanale L'espresso portando alla luce la vicenda, che nessuno era "in grado di coprire": "Il rosso è pari al 2% dell'intero prodotto interno lordo sloveno" e "tre volte superiore alle entrate registrate nell'ultimo bilancio del Vaticano".

La scoperta del "bubbone" avvenne casualmente a fine 2007, quando una tv controllata dalla chiesa slovena si mise a trasmettere niente meno che programmi porno. Dopo le prime indagini e i sospetti su esposizioni milionarie e investimenti folli, la Santa Sede inviò a Maribor un ispettore, Gianluca Piredda, esperto di bilanci. Da qui la scoperta di un "dissesto di proporzioni bibliche", nato dalla creazione, fin dai primi anni '90, di banche, societa' commerciali, holding per investimenti e business assortiti, capitali impiegati non solo in finanziarie e aziende sicure, ma anche in settori tecnologici come le fibre ottiche e la telecomunicazione.

L'avventura era partita quando all'inizio degli anni '90 la diocesi di Maribor costituì la banca Krek (in dieci anni diventata il decimo istituto del paese, venduto nel 2002) e una societa' commerciale (la Gospodarstvo Rast). Passato qualche anno, sono nate due holding per investimenti e business assortiti, la Zvon 1 e la Zvon 2, controllate a loro volta dalla Rast. Sono queste le società che poi si sono avventurate nell'acquisto di immobili, di altre Spa, hanno fatto ipoteche con le banche da cui si sono fatte prestare decine di milioni, investendo anche in settori a rischio.

Nel buco accumulato per 800 milioni di euro, venti milioni riguarderebbero direttamente la diocesi, il resto le ditte collegate. Migliaia di piccoli investitori hanno in qualche modo perso i loro risparmi, mentre le banche hanno chiesto la confisca degli immobili ipotecati. Sullo sfondo è sempre rimasta anche la possibilità per i creditori di rivalersi sul Vaticano. Poco dopo le rivelazioni giornalistiche, Papa Ratzinger rimosse, nel febbraio 2011, l'arcivescovo Kramberger e fu annunciato un piano di rientro dal maxi-debito accumulato dalla diocesi. Al posto di Kramberger, andò l'ex coadiutore, mons. Turnsek, proprio colui che in queste ore è stato a sua volta rimosso. L'altro arcivescovo dimessosi, quello di Lubiana Anton Stres, dall'anno 2000 era stato ausiliare a Maribor, quindi il numero due dopo mons. Kramberger. Dal 2003 è stato poi coadiutore nella stessa Arcidiocesi.

Sempre nel febbraio di due anni fa, lo stesso Stres, diventato arcivescovo di Lubiana e primate di Polonia, aveva annunciato un'inchiesta adeguata sul caso Maribor e la "punizione" dei responsabili. La conferenza episcopale slovena dichiarò che "gli enormi debiti accumulati dalle holding Zvon 1 e Zvon 2 dimostrano che le persone responsabili di gestire l'arcidiocesi di Maribor si sono assunte rischi troppo grandi con i soldi della chiesa cattolica slovena, oltrepassando i propri diritti di gestione, senza sottoporsi ad alcun controllo". Tutto ciò, continuava, "dovrà essere chiarito e tutti i responsabili dovranno essere puniti".

La diocesi di Lubiana, tra l'altro, usciva già da un'altra bufera dopo che il predecessore di Stres, mons. Alojz Uran, arcivescovo della capitale slovena dal 2004 al 2009, su ordine del Vaticano aveva dovuto lasciare il paese per le molte voci secondo le quali avrebbe infranto l'obbligo del celibato e avrebbe due figli adulti, entrambi non riconosciuti.