I film del week end


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Salvo

di Sandro Calice

di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza. Francia, Italia 2013, drammatico (Good Films)
Sceneggiatura di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza
Fotografia di Daniele Ciprì
con Saleh Bakri, Sara Serraiocco, Luigi Lo Cascio, Mario Pupella, Giuditta Perriera, Redouane Behache, Jacopo Menicagli
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Dobbiamo quasi sempre farcelo dire dagli altri che siamo capaci di cose belle, sospesi come siamo tra il complesso e la “cultura” della provincia. Capita così che un gran bel film come questo, opera prima di Grassadonia e Piazza che però avevano già vinto innumerevoli premi con il cortometraggio “Rita”, ha faticato non poco a trovare una produzione, e ora arriva nelle sale fresco di due riconoscimenti importanti, il Prix Rèvèlation e il Gran premio della sezione Semaine de la critique al festival di Cannes 2013. Meno male.

Salvo Mancuso è un killer della mafia spietato, efficiente, solo. Non ha praticamente sentimenti, solo il suo lavoro. Fino a quella mattina in cui entra in casa di un mafioso per un regolamento di conti e incontra Rita, la sorella cieca dell’uomo che deve uccidere. Lo sguardo vuoto e disperato della ragazza scava una crepa nella corazza di Salvo, che non riesce a ucciderla, soprattutto quando si rende conto che per lo choc Rita ora, per la prima volta nella sua vita, vede. La missione si trasforma in ribellione, prima confusa, poi rabbiosa: Salvo e Rita, ognuno ha cambiato la vita dell’altro, ma il mondo a cui appartengono non contempla il dono della libertà.

“Salvo” è un film che parla dell’incontro tra due diverse cecità, quella morale di lui e quella fisica di lei, della forza virale e dirompente che dà la sola possibilità della libertà e di come i miracoli siano ancora possibili. Così dicono i due registi. Che non fanno mistero delle loro ispirazioni, da Melville a Kitano, e che affrontano il racconto come consumati mestieranti di genere, di tanti generi: il noir, la commedia nera, la storia d’amore, addirittura il western italiano. Il risultato è un film magnetico, che parte con una semi-soggettiva di venti minuti prima di farci vedere il volto di Salvo, viene impreziosito dalla fotografia di Ciprì e arriva alla fine senza quasi commento musicale, reggendosi splendidamente sui gesti, sui rumori, sugli sguardi di due protagonisti molto bravi (Bakri e Serraiocco) e su un soggetto essenziale e fuori dagli stereotipi. Fortunatamente, il cinema italiano è anche questo.

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