La crisi dell’Eurozona


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'Italia sfiancata dall'Europa'

Intervista all'economista Maurizio Guandalini g

di Francesco Chyurlia

Il dibattito, dai toni accesi, sulla coesione europea e sulla capacità dei singoli stati di ritrovare la strada della crescita mantenendo saldi i principi della costruzione comunitaria, non accenna a placarsi. E la crisi economica non ha fatto che acuire le lacune strutturali dell’Eurozona. Da destra e da sinistra, in Italia, piovono critiche sui limiti di un processo che, dopo la costruzione della moneta unica, necessita per la sua legittimazione di un sistema fiscale europeo, di un’unione politica europea, per poi concludersi con la nascita degli Stati Uniti d’Europa.

La più recente boutade in merito è stata quella del leader del PdL, Silvio Berlusconi, il quale ha sostenuto che per risanare il Paese, bisognerebbe sforare il più gravoso degli impegni europei, vale a dire il tetto del 3% tra deficit e Pil. Per l’economista Maurizio Guandalini, editorialista, analista finanziario indipendente, “l’uscita di Berlusconi contro l’Europa è legittima. Il problema è che proprio lui, nel 2011 ha firmato dalla notte al giorno il fiscal compact, uno dei provvedimenti più duri imposti da Bruxelles, praticamente l’austerità a tutto tondo”.

Esiste una via d’uscita che salvi l’euro e permetta agli Stati membri di non venir triturati dalla crisi economica?
“Sì, il problema è di leadership: andare in Europa e alzare la voce è un nostro diritto. Siamo stati troppo genuflessi, zitti, esecutori pedissequi di dettami che hanno ridotto allo stremo il nostro paese, mentre altri stati hanno avuto dilazioni a sforare, la Francia ad esempio, senza drammi o leziosi ditini alzati. Dobbiamo rivendicare la nostra autorità che purtroppo fino ad ora è un fantasma: abbiamo preferito legittimarci agli occhi di funzionari e mandanti teutonici, ricevendo anche delle sberle spesso sopra le righe, ai limiti del buongusto. Attenti che le elezioni europee sono alle porte, nel 2014 e le forze politiche si stanno posizionando per una campagna elettorale che avrà toni fortemente antieuropea, antiburocrati, antibanche”.

Ma c’è un’alternativa costruttiva?
“Una cosa è palese: questa Europa, ci ha stufato. Come ci hanno stancato gli appelli liturgici che va cambiata, della serie ‘c’è l’Europa dell’economia e non quella politica’. E fino a quando ce lo diranno? Fino all’ultimo respiro? Attenti che a tirare troppo la corda si rompe. L’Europa dei vertici equivale all’annuncio gracchiante, a basso volume, delle stazioni ferroviarie. Non incide, non si sente. Routine pura e dura. Non si possono seppellire e imbalsamare delle generazioni, in vita, con vincoli di qua, vincoli di là, con continue prove di sana e robusta costituzione, salvo poi accorgersi, ad esempio, che le ricette bolse e fatiscenti del Fondo Monetario (qualcuno ricorda i disastri fatti negli ex paesi comunisti dell’Est?) in Grecia hanno fatto più danni che bene. Morale: ci becchiamo anni di austerità, pontificata, per poi, alla fine della corsa, portarci a casa un ‘scusate, ci siamo sbagliati’”.

Così però non si rischia di uscire dall’Europa e di non poter più tornare alla vecchia sovranità nazionale...
“Il timore è che cresca il sentimento anti-europeo: ma quel sentimento c’è già. Bisogna muoversi, ora. Per evitare, poi, strappi dai risvolti drammatici. Perché è inutile negarlo, siamo oltre la disputa euro sì, euro no: ma Europa sì, o Europa no. C’era più Europa-Europa con Mitterand e Kohl. Un lustro fa. E, in Italia, i partiti si stanno posizionando su questo terreno. Grillo, collegato ai movimenti degli altri paesi europei (in Spagna c’è stata una manifestazione partecipata contro l’austerità), punterà sui puri e duri contro i banchieri; Berlusconi, sofferente dei suoi destini giudiziari, comunque non rinuncerà ad un campagna anti, dimenticando che il vice presidente della Commissione europea è roba sua e che si trova, a Strasburgo, accucciato tra i popolari della Merkel. Il Pd? Nella mossa Bersani-Epifani di ritornare ai primordi post elettorali, Pd-Sel con l’aggancio dei grillini dissidenti, si cela la strategia, propria dei socialisti europei, mirata a cambiare le carte di un Europa che, così come è messa, sta finendo”.

Che ruolo avranno in questo confronto interno i G8, i G20?
“La discussione sull’Europa, su quello che fa, su come viene governata non è una discussione a sé. Il medesimo discorso vale per i vari vertici come il G8 o il G20: cosa contano? Cosa decidono? E poi via via la riflessione cade sugli organismi internazionali. Lo dico con franchezza e decisione: non credo alle ricette fantasmagoriche per rimetterci in sesto ‘pontificate’ dai vari G8. La stessa diffidenza ce l’ho verso le agenzie di rating, le banche d’affari, che predicano ricette dal futuro roseo, degli organismi internazionali, che dopo il tonfo americano del 2008 Obama ci aveva promesso di cambiare in una notte”.

Questo discorso vale anche per il Fondo monetario o la Banca mondiale?
“Il Fondo Monetario Internazionale dispensatore di ricette, sempre quelle, in tutto il mondo è un carrozzone delle previsioni del giorno dopo con soluzioni fotocopia per tutti paesi in crisi. Hanno ridotto la Grecia in macerie, avevano previsto un aumento del Pil nel 2012, invece è sceso del 6%, con recessione e disoccupazione ai massimi. Ricordo il Fondo dispensatore delle sue pozioni magiche nei paesi dell’Est che lasciavano il comunismo: privatizzazioni di massa delle aziende e la gente alla fame. Dei capolavori di cesello mai sanzionati. Con delle leadership a capo di questi organismi internazionali con discusse capacità, diciamo che il merito è troppo legato al padrinato politico del capo bastone di turno (vedi le genuflesse suppliche della Lagarde verso Sakozy). So che c’è il rischio di cadere nel vortice della retorica ma non di ricette salvifiche dobbiamo parlare e nemmeno di riforme ma di cambio dei modelli economici. Il boom non è mai per sempre: lo sa il Brasile che dopo uno sviluppo straordinario ora traballa. Ecco, mi preoccupano più le manifestazioni di piazza di un paese indicato tra le teste di ponte dello sviluppo mondiale che il refettorio irlandese del G8”.

Maurizio Guandalini, editorialista, analista finanziario indipendente, ha insegnato all’Alta Scuola di Economia dell’Università Cattolica, è nella Fondazione Istud, la più antica business school privata italiana dove è chairman di eventi internazionali. E’ stretto collaboratore del prof. Victor Uckmar, il più importante esperto di diritto tributario italiano e internazionale, con il quale ha scritto decine di libri, in particolare le diverse edizioni del Global Business. Guandalini ha curato diverse edizioni di libri stranieri, in particolare del guru dell’economia Kenichi Ohmae.