la rivolta laica in Turchia


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I limiti dell'opposizione a Erdogan

Posizioni distanti e obiettivi diversi tra i dimostranti

di Valerio Ruggiero

Le fiamme della protesta divampano ormai alte in Turchia, e non è detto che gli idranti e le cariche della polizia siano in grado di spegnerle. Per la prima volta in dieci anni il governo islamico moderato di Erdogan viene messo seriamente in discussione nelle piazze. Ma qual è il peso reale dell’opposizione laica nella società turca? Ci risponde il professor Domenico Fracchiolla, docente di Dinamiche della Globalizzazione presso la Luiss di Roma e autore del libro “La democrazia in Turchia”, edito da Rubettino.

“Gli oppositori laici al governo Erdogan hanno un peso considerevole nel sistema politico del paese. La cultura politica laica e partecipante di cui sono portatori è diffusa e radicata in segmenti maggioritari della società turca. Il forte senso identitario laico e nazionalista, forgiato nelle politiche di turchizzazione e di secolarizzazione imposte a partire dagli anni ’20 da Mustafa Kemal Ataturk, non è mai stato messo realmente in discussione (fino agli anni più recenti), protetto dai custodi della patria, i militari. D’altra parte, gli scontri di questi giorni evidenziano che l’opposizione civile presenta due rilevanti limiti. I gruppi mobilitatisi non rappresentano un fronte omogeneo, strutturato e solidale, ma piuttosto si limitano a condividere una comune matrice laica, partendo da posizioni distanti ed essendo portatori di obiettivi diversi. In secondo luogo, il partito di governo, l’Akp, si è dimostrato particolarmente abile a conciliare l’azione politica propria di una minoranza intensa con la tattica dei grandi partiti catch all. Pertanto, i leader dell’Akp hanno portato avanti una piattaforma programmatica puntuale e precisa nel perseguimento dei propri obiettivi, conciliandola con un messaggio politico trasversale nelle linee di fondo e capace di attrarre ampi consensi nella società turca”.

Al di là dell’islamizzazione strisciante della società turca e dell’autoritarismo del premier, altre questioni economiche e politiche hanno giocato un ruolo importante nell’esplosione della protesta?
“Le motivazioni della protesta sono varie, espressione delle diverse anime del movimento, nella maggioranza composto da cittadini comuni che non scendono in piazza in nome di un’appartenenza politica o per interessi precostituiti, ma rispondono ad un diffuso senso di civismo, in difesa della democrazia, considerata a rischio di derive autoritarie o meglio egemoniche. Allo stato attuale, un rischio autoritario non sembra reale, piuttosto si assiste ad un’interpretazione eccessivamente ampia dei propri poteri da parte di Erdogan. In particolare, l’assenza di una forte opposizione politica in Parlamento, dopo anni di crisi politiche che avevano determinato anche una crescente frammentazione partitica, potrebbe aver determinato lo scollamento tra i partiti tradizionali e settori significativi della società civile. D’altra parte, gli effetti distorsivi di un sistema elettorale disegnato per evitare la formazione di un forte partito regionale dei curdi, hanno approfondito e favorito queste dinamiche. La legge elettorale prevede una soglia di sbarramento molto alta, del 10%, sconosciuta ad altri sistemi democratici, che produce l’effetto di una marcata disrappresentatività di larghi segmenti dell’elettorato".

In passato l'esercito ha condizionato pesantemente la politica turca. Ritiene possibile un intervento dei militari nella situazione attuale? E al fianco di chi?
“L’Esercito, protagonista fondamentale della vita della Repubblica in tutti i passaggi significativi, è intervenuto nelle situazioni d’instabilità politica e sociale, con scadenza quasi periodica (ogni dieci anni) fin dagli anni ’60. Oggi si trova ad affrontare la crisi da una posizione di partenza di debolezza, in seguito al fallimento del colpo di stato del 2007 e alla politica di Erdogan di limitazione delle sue prerogative di controllo politico e di interessi economici. D’altra parte, esclusi i rischi alla sicurezza e all’ordine pubblico, i militari dovrebbero idealmente schierarsi con i manifestanti, in difesa della laicità dello stato e nel tentativo di riaprire la partita con il governo in difesa delle proprie prerogative, sacrificate in nome del processo di democratizzazione del paese, sotto l’egida delle conditionality politiche europee”.

Restano numerosi gli ostacoli disseminati sul cammino verso l'adesione turca all'Unione europea. La crisi attuale avrà un impatto su questo processo, e in quale direzione?
“L’impatto degli ultimi sviluppi politici sul processo di adesione della Turchia all’Ue potrebbe comportare un approfondimento dello stallo dei negoziati di adesione. La reazione eccessiva delle forze dell’ordine turche, unita alle accuse e di gravi violazioni dei diritti umani e l’iniziale mancata copertura delle manifestazioni da parte dei media nazionali gettano un forte discredito sulle credenziali del partito di governo dell’Akp e di Erdogan. La stessa credibilità di leader moderato, riformatore ed europeista di cui ha goduto a lungo il primo ministro potrebbe essere messa in discussione. Una conseguenza immediata potrebbero essere le ripercussioni sul ruolo assegnato al paese nella crisi siriana. Anche sul piano economico, una dei principali asset del governo Erdogan, le ripercussioni negative potrebbero essere considerevoli, come l’andamento della borsa ha prontamente registrato negli ultimi giorni. Secondo autorevoli osservatori l’Ue potrebbe svolgere un’azione significativa nell’indirizzare la crisi sui binari della moderazione e del confronto, accelerando i passaggi più critici del negoziato, che negli ultimi anni ha conosciuto fasi di irrigidimento e stallo. In aggiunta a queste osservazioni, ci si chiede piuttosto se un esercizio più fecondo possa consistere nell’utilizzo del soft power dell’Ue per costruire un rapporto più aperto con la società civile turca. La mobilitazione spontanea della popolazione è infatti espressione di una coscienza civica e della presenza diffusa di valori laici e liberali nella cultura politica della società turca. La possibilità di sviluppare una narrativa di maggiore vicinanza nel rapporto tra l’Ue e la società turca rappresenta una straordinaria risorsa anche per le forze politiche democratiche ed europeiste interessate a continuare su basi paritarie e non strategiche il negoziato per l’adesione all’Ue”.