Allarme di Medici senza Frontiere


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'Siria, si fa poco per i civili'

Servono corridoi per il soccorso s

di Bianca Biancastri
(bianca.biancastri@rai.it)

Dopo la spaccatura in seno all’Unione Europea, la consegna a Damasco dei missili di difesa anti-area da parte di Mosca, la ulteriore frammentazione del fronte interno contrario al regime di Assad e le grosse ombre sull’organizzazione della Conferenza internazionale di Ginevra, c’è davvero una sensazione di impotenza nella ricerca di una soluzione per la Siria. Un altro allarme arriva da Medici senza Frontiere. Unica organizzazione umanitaria occidentale presente nel Nord del Paese, denuncia una situazione sempre più drammatica e invita altri attori umanitari a fornire assistenza alle vittime della guerra. Gli aiuti non sono sufficienti per dare una risposta adeguata agli immensi bisogni. A Loris de Filippi, presidente di Msf Italia, appena tornato da una missione nella zona di Idlib, chiediamo cosa si può fare per i civili.

“Credo che si possa fare moltissimo, credo che quello che stiamo facendo al momento è fondamentale, e cioè dare una risposta sanitaria, tentare di vaccinare i bambini per esempio, che da due anni non si vaccinano più. Ci sono tantissime altre cose che potremo fare. Io mi chiedo perché c’è la reticenza da parte di molte organizzazioni a entrare nel Paese e tentare di portare soccorso alle persone”.

Certo è molto difficile entrare
“E’ molto difficile entrare, ma c’è un imperativo umanitario che è quello di tentare di portare soccorso alle persone .Se noi ci riusciamo, credo che anche altri possano farcela e sebbene ammetto che è rischioso e difficile, credo tuttavia che se in questo momento non si prenderanno decisioni importanti, quali portare soccorsi in termini di potabilizzazione dell’acqua, di cibo oltre che garantire assistenza sanitaria, ci ritroveremmo tra tre mesi in una situazione ancora più drammatica di quella di oggi. Inoltre è necessario chiedere alle due parti belligeranti di lasciare dei corridoi in modo che le organizzazioni possano portare il materiale da una parte all’altra delle aree contese”.

C’è resistenza quindi nel prendere queste decisioni e nel fare pressioni sulle parti per superare la crisi?
“A me sembra che in questi sei mesi, ero nel Paese sei mesi fa e sono tornato adesso, non sia successo niente se non un aumento esponenziale della violenza e dei morti. Io credo veramente che si discuta moltissimo a livello di negoziati internazionali, in uno scacchiere geo-politico molto complesso e questo va ammesso, e si faccia molto poco per quello che sta succedendo in Siria per i civili”.

Voi operatori di Medici senza Frontiere sapete qualcosa di Qusayr e dell’intrappolamento dei civili in questa città?
“E’ una zona in cui sarebbe veramente imperativo esserci e portare soccorso, abbiamo ovviamente come tutti delle notizie drammatiche che provengono da lì. Siamo presenti al confine con il Libano ed è facilissimo ricevere le notizie ma quella è veramente una zona in cui in questo momento è impossibile entrare, è troppo difficile e metteremmo a rischio sicuro i nostri operatori. Già nella zona in cui lavoriamo, nel Nord della Siria, è molto complicato e ci confrontiamo con il conflitto che ci tocca veramente da molto vicino. Qusayr in questo momento è off-limits.

Riguardo alle denunce sul presunto uso di armi chimiche in Siria il presidente di Msf Italia afferma che “in tutti e cinque i centri” dell’organizzazione umanitaria nel Nord del Paese “non ci sono stati pazienti con sintomi da attacco di armi chimiche”. Il fallimento della risposta umanitaria all’emergenza in Siria è, secondo Msf, il risultato di diversi fattori: l’intensità dei combattimenti e dei bombardamenti ma anche il rifiuto da parte del governo di Damasco di consentire l’assistenza umanitaria nelle aree controllate dall’opposizione, la diffidenza nei confronti degli aiuti attraverso le linee del fronte e la paralisi della comunità internazionale a fornire aiuti umanitari ovunque ve ne sia bisogno.

Medici senza Frontiere è presente in cinque zone della Siria (nelle aree di Idlib, Aleppo, Al Raqqa e Al Hasaka) e al momento può intervenire solo nelle zone controllare dall’opposizione ma sta negoziando per ottenere l’accesso alle aree sotto il controllo del governo. Per poter entrare nel Paese spesso si è costretti a passaggi clandestini dal confine turco e diventano sempre più scarse le possibilità di trasporto di feriti gravi in Turchia,colpita l’11 maggio da un sanguinoso attacco a ridosso del confine. “In diverse zone la mancanza di cibo, elettricità e acqua potabile aumentano il rischio di malattie”, denuncia Loris de Filippi. “La resilienza della popolazione si sta spegnendo dopo due anni di conflitto”.Uno degli ospedali nella zona di Idlib, spiega il presidente di Msf Italia, è stato organizzato prima in una grande grotta poi all’interno di una fattoria per l’allevamento dei polli, che ora ospita anche una sala operatoria e una sala parto.

Sono 4,25 milioni gli sfollati all’interno dei confini siriani, oltre un milione e mezzo i rifugiati nei Paesi vicini, più del 50% in fuga dagli scontri ha meno di 18 anni. Msf in Siria ha realizzato 2.095 interventi chirurgici, oltre 8.500 vaccinazioni e ha distribuito 166 tonnellate di materiali medici.