Lunedì 'show down' al Senato


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Diffamazione, quel che accade in Europa

In Italia, tra voto segreto e fragili intese, si vota il ddl che elimina il carcere ma inasprisce le pene pecuniarie (punto sul quale si sono incagliati i lavori). Nell'attesa, vediamo la situazione in alcuni stati Ue g

Il dibattito sul ddl diffamazione a mezzo stampa, che lunedì torna all'esame di palazzo Madama, con l'eliminazione del carcere ma l'inasprimento delle pene pecuniarie, e' stato accompagnato spesso da riferimenti alla disciplina prevista nei Paesi europei piu' vicini all'Italia. Ed ecco qual e' la situazione in alcuni Stati, sulla base di quanto documenta un dossier del servizio studi del Senato. Pene severe in Germania e Francia, carcere in casi limite in Spagna (ma finora, dal ritorno alla democrazia, non e' mai accaduto), depenalizzazione in Gran Bretagna.

FRANCIA. La diffamazione a mezzo stampa e' regolata dalla legge del 29 luglio 1881, piu' volte modificata, relativa alla liberta' di stampa, alle cui disposizioni particolari il codice penale rimanda espressamente. L'articolo 29 della legge citata definisce la diffamazione come l'affermazione o l'attribuzione di un fatto che lede l'onore o la considerazione della persona cui il fatto e' attribuito. La diffamazione puo' essere a seconda dei casi un delitto (se la diffamazione e' pubblica) o una contravvenzione (se riguarda una persona fisica e non ha carattere pubblico).

Se la diffamazione ha carattere pubblico, le pene variano in base alla qualita' della vittima del reato. Le pene sono piu' gravi e possono essere anche di natura detentiva se la persona offesa appartiene ad una delle categorie citate espressamente negli articoli 30 e 31 della legge sulla liberta' di stampa, che si riferiscono generalmente a persone fisiche, morali o gruppi di persone che svolgono funzioni pubbliche, ivi compresi i membri del governo, i parlamentari, i corpi militari, le corti e i tribunali: per questi, l'ammenda prevista e' di 45.000 euro.

Se la persona offesa e' una persona fisica o morale non appartenente ad una delle categorie citate la pena consiste in un'ammenda di 12.000 euro. Sono poi previste delle aggravanti se la diffamazione e' rivolta verso una persona o un gruppo di persone in ragione della loro origine, etnia, razza, religione, sesso, orientamento o identita' sessuale e handicap: in questi casi la pena e' determinata in un anno di reclusione e di 45.000 euro di ammenda (pene anche alternative).

In merito al diritto di rettifica, il direttore della pubblicazione e' tenuto a pubblicare gratuitamente, in evidenza sul numero successivo del giornale o del periodico, ogni rettifica proveniente da un'autorita' pubblica, purche' tale rettifica non sia piu' grande del doppio dell'articolo a cui risponde: in caso di mancato rispetto della previsione, il direttore puo' essere punito con un'ammenda di 3.750 euro. Il diritto di rettifica e' a carico del direttore, obbligato, a pubblicare entro tre giorni dal ricevimento, ogni rettifica proveniente da persona citata, pena 3.750 euro di ammenda.

Tale rettifica deve essere pubblicata nello stesso posto e con lo stesso rilievo dell'articolo che la ha provocata: sara' della stessa lunghezza, ma non inferiore a cinquanta righe e non superiore a duecento. In caso di rifiuto della pubblicazione, si innesca una procedura giudiziaria esecutiva e se la vicenda si situa in un periodo elettorale i termini di pubblicazione della rettifica sono piu' stringenti: 24 ore. Inoltre, se il direttore viene meno a quanto giudicato, e' passibile della pena di tre mesi di detenzione e di 3.750 euro di ammenda.

GERMANIA. Ancor piu' severo e' il sistema tedesco, che sanziona la diffamazione sia a norma dello 'Strafgesetzbuch' (codice penale), sia sulla base delle leggi sulla stampa dei Laender. Il Codice penale distingue tre fattispecie di diffamazione: 1) quella per cui "chiunque, riferendosi ad un'altra persona, afferma o divulga un fatto idoneo a denigrarla o svalutarla di fronte all'opinione pubblica"; in questo caso, se il fatto non e' provato essere vero, il responsabile "e' punito con la pena detentiva fino ad un anno o con la pena pecuniaria, e, se l'offesa e' commessa pubblicamente, in una riunione o tramite la diffusione di scritti, l'agente e' punto con la pena detentiva non superiore a due anni o con pena pecuniaria".

2) La diffamazione intenzionale, per cui chiunque, riferendosi ad altra persona, afferma o divulga "in mala fede un fatto non vero idoneo a denigrarla od a svalutarla di fronte all'opinione pubblica o a mettere in pericolo la sua reputazione", e' punito con la pena detentiva non superiore a due anni o alla pena pecuniaria e, se l'azione e' commessa pubblicamente, in una riunione o tramite la diffusione di scritti, l'agente e' punito con la pena detentiva non superiore a cinque anni o con pena pecuniaria".

3) C'e' il caso, poi, della diffamazione contro persone partecipanti alla vita pubblica: "Se pubblicamente, in una riunione o tramite la diffusione di scritti, viene diffamata una persona impegnata nella vita politica del popolo, per scopi connessi alla posizione dell'offeso nella vita pubblica, e l'azione e' idonea a pregiudicare in maniera rilevante l'agire pubblico, e' prevista la pena detentiva da tre mesi a cinque anni. E' punita con la pena detentiva da sei mesi a cinque anni la menzogna diffamatoria quando sussistono gli stessi presupposti".

SPAGNA. La diffamazione a mezzo stampa e' inserita tra i "reati contro l'onore" e la cornice normativa di riferimento e' costituita, inoltre, dall'art. 20 della Costituzione sulla liberta' di espressione, che prevede altresi' dei limiti del rispetto dei diritti all'onore, l'intimita', l'immagine, e i diritti dei minori. Nel Paese iberico, che pure e' estende senza troppa difficolta' al web le norme relative alla stampa, c'e' un regime ancora caratterizzato da una certa tolleranza, come reazione al ferreo controllo statale dei tempi del franchismo.

A rispondere della diffamazione, comunque, sono chiamati, in un sistema detto "a cascata": gli autori, i direttori della pubblicazione, i direttori della casa editrice, i direttori dell'impresa di riproduzione o tipografia. Finora nessun giornalista e' stato condannato a scontare una pena detentiva.

I reati che si imputano con maggior frequenza alla stampa sono la calunnia e l'ingiuria, fattispecie entrambe riconducibili in via generica alla diffamazione. La calunnia, consiste nell'attribuire falsamente a qualcuno la commissione di un reato. Quando cio' avviene pubblicamente, cioe' attraverso la stampa, la radiodiffusione o mediante un altro mezzo di efficacia similare, il codice prevede una pena detentiva compresa tra i 6 mesi e i 2 anni oppure, in alternativa, una sanzione pecuniaria tra i 6 e i 24 mesi (nel sistema spagnolo esistono i cosiddetti "giorni di multa" e ogni giorno varia da 1.20 a 300.50 euro).

L'aggravante e' legata alla diffusione del mezzo, ma anche contano eta' e precedenti. L'ingiuria a mezzo stampa e' punita con la multa da 6 a 14 mesi). Il codice prevede la diffamazione a seguito di ottenimento di denaro o altro vantaggio e c'e' la pena accessoria dell'inabilitazione professionale da sei mesi a due anni.

A differenza del diritto di replica legato alla protezione del diritto all'onore, all'intimita' personale e familiare e alla propria immagine, il diritto di rettifica non e' utilizzabile di fronte a opinioni, giudizi o considerazioni soggettive, ma solo per l'esercizio inadeguato delle liberta' di cui all'art. 20 della Costituzione. L'articolo 1 della Legge Organica 2/1984, stabilisce, infatti, che ogni persona, fisica o giuridica, ha diritto a rettificare l'informazione diffusa, utilizzando qualunque mezzo di comunicazione sociale, con riferimento ai fatti che la riguardino, che ritenga inesatti e la cui divulgazione possa arrecarle pregiudizio.

Al direttore del mezzo di comunicazione verra' inviato uno scritto di rettifica entro sette giorni dalla pubblicazione o diffusione dell'informazione pregiudizievole. La rettifica dovra' limitarsi ai fatti dell'informazione da correggere e non dovra' eccedere la sua estensione. Inoltre, sara' pubblicata senza commenti ne' postille.

GRAN BRETAGNA. Nel sistema giuridico inglese, la disciplina applicabile alla diffamazione (la cosiddetta law of defamation) e' definita in parte dal diritto di matrice giurisprudenziale (common law) ed in parte dal diritto legislativo. E' una fattispecie che costituisce essenzialmente un illecito civile (tort), e produce un'azione di risarcimento. Soltanto in modo residuale si configura come un reato (offence). Le sanzioni sono ormai essenzialmente legate alla riparazione economica dell'offesa.

La diffamazione a mezzo stampa, infatti, e' stata definitivamente depenalizzata nel 2009 e la normativa inglese non contempla una esplicita definizione della diffamazione, ma fa capo alla circostanza che una dichiarazione pubblicata o esplicitata possa incidere negativamente sulla reputazione e l'onore di una persona identificabile fra i membri di una determinata societa' di individui. La diffamazione nell'ordinamento inglese si articola nelle due figure del libel e dello slander, a seconda che la lesione alla reputazione ed all'onore venga perpetrata mediante lo scritto, la stampa o - in base alla interpretazione evolutiva del concetto di publication - la radiodiffusione televisiva, oppure oralmente, mediante epiteti ingiuriosi od offensivi.

La diffamazione intesa come "libel", ossia tramite pubblicazione, legittima la parte lesa ad agire in giudizio per ottenere provvedimenti inibitori (injunction) idonei ad interrompere il comportamento lesivo e per richiedere il risarcimento del danno, liquidabile in misura ingente qualora oltre alla compensazione per la lesione patita siano considerate, per i casi piu' gravi, anche funzioni di deterrenza (exemplary damages). L'uso di uno pseudonimo qualora non utilizzato per motivi di sicurezza, puo' essere considerato un'aggravante. Lo "slander", invece, e' un'offesa orale e puo' dar luogo ad un'azione di risarcimento soltanto se la diffamazione od ingiuria consistano nell'attribuzione di un fatto delittuoso, o se la vittima provi di aver subito un danno materiale.