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Vaciago: Standard & Poor's, tempistica sospetta

Intervista a Giacomo Vaciago, professore ordinario di politica economica e direttore dell'Istituto di Economia e Finanza nell'Università Cattolica di Milano v

di Fabrizio de Jorio

Giacomo Vaciago commenta a Televideo il declassamento dell’Italia e di altri 8 paesi europei da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s. Vaciago affronta il tema del ruolo delle agenzie,  le anomalie del sistema di giudizi espressi dalle agenzie stesse che non hanno alcun organismo che le controlla e delinea come gli out look negativi possono giovare alla Germania e alla sua economia

Come commenta il downgrading dell’Italia e della Francia da parte di S&Poor’s?
Prima di tutto bisogna decidere che valore hanno le agenzie di rating e chi dà loro le pagelle. E’ noto che negli anni hanno fatto errori clamorosi: non si sono accorte che la Grecia imbrogliava da anni, né che Lehman Brothers stava per fallire. Sarebbe necessario che ci fosse un organismo che valuti la loro attendibilità. Le abbiamo fatte diventare importanti nel momento in cui i loro giudizi andavano tenuti presenti nel valutare la patrimonializzazione delle banche la possibilità delle banche di comprare certi titoli. Si sono ufficializzare le pagelle che le agenzie di rating danno ai titoli che possono essere oggetto di acquisto.

Le agenzie di rating sono agenzie private, però sembra agiscano come se fossero pubbliche, forti di un mandato ufficiale.
Oggi non sono più solo istituzioni private ma hanno assunto negli anni un ruolo quasi ufficiale, perché ci sono, ad esempio Fondi pensione, che per statuto possono investire solo in titoli tripla A e questo fa si che quando esce un downgrading come quello nei confronti dell’Italia o della Francia le conseguenze sono che questi paesi dovranno pagare tassi sempre più alti per poter vendere i propri titoli.

Queste società non hanno conflitti d’interesse dovrebbero essere super partes?
Da più parti sono state mosse critiche, anche la Ue che se n’è occupata non è arrivata ad un giudizio uniforme. Sono di matrice americana a controllo anglosassone e si era auspicato che l’Europa promovesse le sue di società di rating in modo che fossero più controllabili. Poi però non se ne fece nulla perché le abitudini sui mercati finanziari sono molto condizionanti e quindi si tende a seguire la tradizione.

Come si misura la credibilità di queste agenzie di rating?
Si dovrebbe misurare con una valutazione periodica dell’utilità e della correttezza dei loro giudizi. Gli errori clamorosi nei quali sono inciampate ultimamente, avrebbero dovuto indurre a modificare i loro criteri di valutazione, ed essere più super partes. La notizia di un downgrading nei confronti di un paese ha inevitabilmente conseguenze negative sul quel paese. I rapporti spesso sono molto superficiali e contengono informazioni e dati già noti al’opinione pubblica. Basta pensare al giudizio sull’Italia: si dice che la situazione politica è fragile. Ma questa è una tale ovvietà che non aggiunge nulla alle informazioni che già sapevamo! L’opinione pubblica italiana non ha modificato in nulla il proprio giudizio sull’azione del governo Monti, però il giudizio negativo ha avuto conseguenze sugli spread che l’Italia deve pagare sul Bund tedesco. Quindi anche quando dicono banalità lo dicono con un sussiego e con un impatto sui mercati che sinceramente è preoccupante.

Professor Vaciago, ritiene che le agenzie di rating non abbiano quella terzietà che dovrebbe caratterizzare organismi importanti come questi?
A fasi alterne. Hanno fatto errori e spesso il timing delle loro uscite è sospetto. Gennaio è un mese delicatissimo per la chiusura del Trattato in corso di elaborazione a Bruxelles. Il giudizio negativo delle agenzie di rating di ieri ha un focus proprio sull’Eurozona. Il timing di quest’intervento su paesi come Italia, Francia, Austria, Portogallo e altri paesi Ue ha disturbato moltissimo perché ha interferito pesantemente su un processo politico-econonomico in corso.

Sarebbe auspicabile una maggiore terzietà, una maggiore trasparenza?
Certamente, infatti le critiche principali riguardano proprio il conflitto d’interessi e i vistosi errori commessi. Il vero problema è decidere che valore debbano avere i giudizi di queste agenzie. Rating, significa che possibilità ha un dato paese di rimborsare un titolo di debito.

Il nostro paese da questo punto di vista è penalizzato.
In Europa certamente l’Italia ha più debito della Spagna, sia in assoluto, sia in rapporto al reddito nazionale: quindi è più penalizzata rispetto alla Spagna. L’altra variabile che grava sul nostro paese è la crescita: se l’economia va male non ci si può permettere di contrarre più debito. Insomma, senza crescita non ci si può indebitare. Tutto ciò ha portato al peggioramento del giudizio sull’Italia. Il nostro debito non è cresciuto molto, ma la sostenibilità di quel debito è peggiorata.

C’è il rischio che il giudizio di S&Poor’s, sia confermato anche dalle altre agenzie?
Non posso valutare, ma certo bisogna attendere Fitch e Moody’s per vedere se si uniformano o meno al giudizio negativo espresso da S&Poor’s. Poi c’è da valutare quando e come prenderanno in esame altri paesi dell’Eurozona o anche di altre aree. Pensi comunque che l’out look negativo ha colpito anche paesi come gli Usa e la Gran Bretagna, che hanno più libertà di azione, perché contano su una politica monetaria autonoma e una maggiore sovranità in politica economica e pur avendo molto debito, questo li ha favoriti. Il vero dilemma è che succederà agli Stati Uniti? L’economia migliora e Obama ce la fa, o anche da loro arriverà un altro giudizio negativo proprio mentre il presidente si trova ad affrontare la campagna per il suo secondo mandato?

Da tutto ciò come ne esce la Germania?
Paradossalmente la Germania è favorita dagli altri downgrading. Se guardiamo agli ultimi sei mesi, l’out look negativo di Grecia, Spagna, Portogallo, compreso quello dell’Italia, il 19 settembre, ha giovato alla Germania che si indebita senza tassi d’interesse. Il costo del debito tedesco si è ridotto in questi mesi e questo fa bene alla sua economia. Il downgrading ci preoccupa in questa fase perché alza il costo del debito e questo penalizza l’economia di quei paesi in recessione. Si tratta del cosiddetto “effetto valanga”: nel momento in cui un paese subisce il giudizio negativo è più probabile che succeda ciò che le agenzie hanno previsto e cioè che la situazione peggiori, visto che l’out look negativo danneggia il paese che lo riceve. Infatti, sulle semplici indiscrezioni di un declassamento dell’Italia da parte di S&Poor’s, il nostro spread Btp-Bund è aumentato. Se salgono i tassi di interesse, non solo il Tesoro paga di più, ma anche le aziende italiane pagheranno il debito più caro. In Germania accade esattamente il contrario: le imprese tedesche durante il rallentamento dell’economia, che in parte c’è stata anche da loro, pagano meno i tassi d’interesse. La Volkswagen paga meno tassi d’interesse rispetto ad un’azienda italiana dello stesso settore e questo migliora l’economia tedesca.

I giudizi delle agenzie quindi possono influenzare moltissimo l’andamento dell’economia di un paese?
Certamente, è un fenomeno che si chiama Self fullfilling profecy: in questo caso il momento in cui S&Poors’ ha emesso un giudizio negativo dell’Italia, è più facile che abbia ragione. La reazione del nostro presidente del consiglio, Monti, è stata quella di esortare “ad impegnarsi di più a far sì che non succeda ciò che S&Poors’ ha previsto!