Festival delle scienze di Roma


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La fine del tempo inesistente

Le interviste a Julian Barbour e a Carlo Rovelli clessidra_296

di Emanuela Gialli

E’ stato pubblicato ormai sei anni fa il libro di Julian Barbour “La fine del tempo”, tradotto per l’Italia da Einaudi. E’ stato ed è ancora considerato un libro rivoluzionario, perché dimostra la “non-esistenza” del tempo, mettendo in dubbio la continuità spazio-tempo di Einstein. Lo ha fatto da ricercatore indipendente, lui che, dopo un Phd in fisica teorica, è voluto uscire dalla sindrome del “pubblica o muori”, la regola della comunità universitaria che impone a ogni membro di pubblicare più studi possibili, e si è messo a ragionare per conto proprio. Con i suoi tempi. In un’intervista rilasciata a Televideo prima della sua presentazione, l’ultima in programma per la giornata conclusiva della settimana edizione del Festival delle Scienze di Roma, Barbour si è proposto con un linguaggio filosofico-scientifico, aprendo scenari che la mente umana, abituata alla “trappola” degli schemi concettuali, riesce a malapena a intuire.

“Fine del tempo” non vuol dire “time is over”, tempo scaduto, immagino.
Assolutamente no. Vuol dire che il tempo è un’illusione. Platone diceva che l’essere è reale, (being is real), il divenire è illusorio (becoming is illusory). Quello platonico è un pensiero matematico e geometrico, simile alla visione di Galilei. Galileo si occupa di moti, velocità e spazi, espressi sempre con la stessa veste algebrica, senza fare riferimento al tempo.

Mi sembra che lei parli di questioni più filosofiche che scientifiche. Sbaglio?
Il mio era solo un approccio calibrato su chi legge questa intervista e non è uno scienziato. Io ho collaborato con molti scienziati e loro hanno fatto un solido lavoro in campo matematico al riguardo. Ma il punto di partenza è sempre una domanda filosofica. Un meraviglioso esempio di domanda filosofica è: “Qual è la natura della Spazio?”. Si possono dare migliaia di risposte, ma soltanto una è possibile. E’ possibile coniugare idee filosofiche e scientifiche che poi si trasformano in scienza. Non è sbagliato credere che questa mia idea della “fine del tempo” venga confermata magari non dalla cosmologia ma da una nuova scienza della mente (brain).

Ma quale potrebbe essere la migliore definizione del tempo?
Molto dipende da quanto potranno integrarsi tra loro, e arrivare a una sintesi, fisica classica e fisica quantistica. In ogni caso, il tempo è il giusto movimento alternativo. Non si può registrare il tempo quando il moto è uniforme. L’esperienza della vita è correlata al tempo statico, non al tempo dinamico della mente.

Riflessioni appena accennate, quelle di Barbour, che si affacciano su tematiche contingenti di forte valenza scientifica. Il fisico britannico da 45 anni lavora sulla natura del tempo, sul movimento e sulla teoria quantistica dell’Universo. E i suoi riferimenti sono Copernico, Galilei ed Einstein, che segnano passaggi epocali nella storia dell’umanità. E forse un altro sta per essere segnato, determinato dagli studi sulla Meccanica quantistica. Insomma, si crede di aver compreso in questi quattro giorni di dissertazione che spazio, movimento, velocità e tempo sono relativi. Per effetto della gravità? Carlo Rovelli è un fisico, noto per i suoi contributi sulla “gravità quantistica“. Ha lavorato negli Stati Uniti e dirige un gruppo di ricercatori all’Università di Marsiglia. Rovelli afferma che il tempo non esiste.

Può non esistere il tempo, professor Rovelli?
Sì.

Ma è questa una valutazione filosofica o scientifica?
Scientifica. Allora, due cose. La prima è che noi sappiamo con certezza, umana, che il tempo è diverso da quello della nostra intuizione usuale. Questo lo sappiamo da un secolo. Ad esempio il tempo va più lento o veloce in alcuni posti anziché in altri. Lo sappiamo in base alla Relatività generale di Einstein. Quindi, non c’è un unico tempo, ma ci sono tanti tempi, a secondo di come uno si muove, di dove uno è. Ad esempio, in montagna il tempo va più veloce che in pianura. Si misura, si mette un orologio in alto, piccolo, e si può vedere. E questo già ci dice che la nostra intuizione del tempo è sbagliata. E poi sappiamo che le nostre teorie di riferimento, come quella di Einstein, hanno dei limiti. Questi limiti ci spingono a cercare di capire meglio come funziona il mondo, dove ancora non lo capiamo. Quello che non conosciamo è ciò che succede su scala molto piccola. Qui ci sono teorie che siamo studiando, di cui non siamo ancora sicuri, e che vanno al di là della Relatività generale di Einstein. All’interno di queste teorie un’idea comune è che per scrivere una teoria del mondo è necessario fare a meno della nozione di tempo. Descrivere il mondo senza usare il tempo.

Il tempo però è anche una convenzione.
Esatto.

Che aiuta l’uomo ad avere dei ritmi. Mi scusi, forse non sono domande giuste le mie.
No, lei sta facendo domande correttissime. Quello che noi percepiamo sono dei fenomeni, vediamo delle cose che si muovono, il Sole che sta su, il Sole che sta giù…. Le lancette dell’orologio che stanno in un punto…. Ecco, mettiamo ordine in tutti questi fenomeni inventandoci una variabile tempo e tutto si muove nel tempo. Questo meccanismo non funziona quando si osservano fenomeni molto piccoli, su piccola scala.

Il tempo in montagna passa più velocemente perché incidono la gravità e forse anche la pressione atmosferica?
No, la pressione no. La gravità sì. Andando più vicini a un pianeta, come la Terra, il tempo rallenta. Una degli effetti della gravità è quello di rallentare il tempo.

Ho chiesto a Vittorio Bo, direttore scientifico del Festival, se un giorno si arriverà a non festeggiare più il Capodanno. Si potrà non avere più lo scandire dei minuti nelle orecchie, nella mente, in modo da trovare, magari, un’altra convenzione per vivere?
Io temo di no. Noi viviamo nel tempo. Io penso che il tempo sia più che qualcosa della natura, sia qualcosa di noi. Noi siamo il tempo. Il tempo fa parte in maniera intrinseca del nostro essere. Ho un’immagine di noi come delle formichine che salgono su per una montagna, che sta là, e siamo noi che costruiamo il nostro salire nel tempo. Quindi questa linearità del tempo che cresce, che passa, fa parte della nostra percezione.

Quindi voi scienziati volete arrivare a dimostrare che il tempo non esiste, per poi dire che il tempo è importante.
Certo. Nella fisica di Newton non c’è sopra e sotto, tutte le direzioni sono uguali. Per gli astronauti che viaggiavano verso la Luna non c’era un sopra e un sotto. Di conseguenza, non c’è un sotto o un sopra l’Universo. E’ tutto uguale. Una volta chiarito questo, resta il fatto che nella mia stanza c’è il soffitto, c’è il pavimento, poi devo capire da dove nasce il sopra e il sotto, che capiamo, c’è la Terra che ci attira. Per il tempo? Una volta accettata l’idea che il mondo non è fatto nel tempo, che cos’è per noi, per la nostra esperienza quotidiana che ci fa nascere questa idea approssimativa, locale, soggettiva dello scorrere del tempo? E’ questo il problema, bello ancora aperto. E io penso che la risposta non stia nella struttura della natura, ma nella nostra percezione.

Se il tempo non esiste, la velocità con cui si muovono le particelle elementari, come il neutrino, non è più calcolabile?
Non si può più dire, superiore-inferiore alla velocità della luce? No, si può ancora dire. Tutte le osservazioni fisiche si possono riformulare senza parlare di tempo, compreso il fatto che gli oggetti vanno più lenti della velocità della luce. I famosi neutrini superveloci? Per quelli dobbiamo aspettare conferme.

Gravità quantistica cosa vuol dire?
Nel XX secolo ci sono state due grandi scoperte nella Fisica: una è quella di Einstein, la Relatività, e l’altra è la Meccanica quantistica, con la scoperta che tutti gli oggetti hanno struttura granulare atomica e che si muovono in maniera “random”, casuale. Il problema aperto è mettere insieme queste due scoperte. Negli sforzi per metterle insieme, sono state elaborate le teoria sulla Gravità quantistica.

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