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Formaggi rari. Guida al vino da abbinare

Pietanza non aristocratica, spesso confinata in coda al menu con l’ingrato compito di portare a termine il totale consumo di una bottiglia di vino aperta in precedenza, magari abbinato a un altro tipo di cibo. Quante volte abbiamo mortificato il formaggio con un accostamento al limite del decente e soprattutto quante volte lo abbiamo assaporato satolli, incapaci quindi di godere appieno del suo gusto e della sua complessità? Potremmo invece vederlo protagonista di simposi a lui dedicati, come eccellente secondo, come momento conviviale di grande godimento, soprattutto se correttamente abbinato al vino. Proviamo a fissare qualche indicazioni di massima, precisando che non esiste una regola ferrea e che ogni accostamento diventa un momento irripetibile.

Basandoci sulla terminologia per l’analisi sensoriale del cibo adottata dall’Associazione Italiana Sommelier, cominciamo col dire che da un punto di vista organolettico l’unione tra i formaggi e il vino deve basarsi principalmente sulla:
• compattezza e grassezza della pasta;
• equilibrio tra intensità della “tendenza dolce” e intensità della sapidità;
• succulenza indotta dalla masticazione e dalla sapidità;
• particolari sentori aromatici, “tendenza amarognola” e “tendenza acida”;
• lunghezza della persistenza gusto-olfattiva

La cosa ideale è sperimentare lasciandoci guidare dal nostro gusto personale, facendo comunque attenzione a considerare sempre quello che tra gli elementi gusto-olfattivi sia il più importante e su questo basare la scelta del vino.

In linea di massima, con tipologie di formaggi freschi e molli, poco stagionati, a spiccata “tendenza dolce” e dotati di grassezza, contrapporremo vini bianchi, rosati e rossi, leggeri, ricchi di freschezza, poco profumati. Con l’aumentare della stagionatura e della complessità accosteremo vini sempre più strutturati e morbidi, fino ad arrivare anche a quelli passati in barrique.

Con formaggi a pasta dura, anche cotta, saporita, con lunga scia aromatica, dal sapore equilibrato, punteremo su vini rossi morbidi, maturi e profumati. Vorremmo porre l’accento sulla tannicità di alcuni vini rossi: questo carattere non lega con la decisa stagionatura di alcuni formaggi.

Con formaggi molto stagionati, dove la complessità arriva alla piccantezza, alla sapidità molto marcata, e a un’ampiezza finale notevole, ricercheremo vini rossi caldi, molto morbidi e maturi, fino ad arrivare a vini bianchi dolci, passiti, muffati, liquorosi. Lo stesso tipo di abbinamento sarà previsto per gli erborinati.

Ecco alcuni prodotti con cui potrete iniziare il vostro viaggio nel mondo dei formaggi e del loro corretto abbinamento con il Vino:
Robiola di Roccaverano – Siamo in provincia di Asti, è uno dei più antichi formaggi che si conoscano, se ne hanno già notizie da prima dell’Anno Mille. Alcuni documenti parlano di un formaggio chiamato Rubeola, dal latino ruber, rosso. Rosso è il colore che assume dopo una lunga stagionatura. La sua area di produzione comprende 10 comuni della provincia di Asti e 9 della provincia di Alessandria. Formaggio a pasta fresca proveniente da latte crudo di capra, con mungitura serale unita a quella mattutina. A spiccata tendenza dolce e grassezza, delicatamente aromatico ma che varia secondo la stagionatura tanto a notevoli complessità e persistenza. La scelta del vino è orientata su un bianco elevato in barrique, di ottimo equilibro. Bene gli Chardonnay, anche del centro Italia.

Pallone di Gravina (Caciocavallo Podolico Stagionato) – Unico stagionatore: Antonio Gilio, da Ferrandina, in provincia di Matera. Proviene dal latte delle rare vacche di razza Podolica e si concentra nei mesi primaverili. Tali vacche, allevate allo stato semi-brado, pascolano nella macchia mediterranea, la cui flora ricca di finocchio selvatico, liquirizia, mirto, conferisce particolari aromi al latte. Prodotto esclusivamente nel Materano da latte vaccino crudo e caglio di capretto, lavorato a pasta filata con stagionatura molto lunga, anche più di un anno. Si presenta con pasta friabile, profumata e saporita, quasi piccante nel finale, straordinariamente avvolgente e persistente. La scelta del vino cade su un grande rosso profumato, di ottima morbidezza e setosità (provare i Lagrein dell’Alto Adige in versione Riserva).

Gransardo – Proviene dalla Sardegna, e precisamente dal territorio dell’Anglona, in provincia di Sassari. È fatto con latte di pecora a pasta cotta, coagulato con caglio di vitello. Esce dagli schemi convenzionali del Pecorino Sardo, dopo tre anni di sperimentazione a opera di Bastianino Piredda, esperto casaro. Esprime un equilibrio di gusto incredibile, ricorda per certi versi il Parmigiano, di grande sapidità senza mai arrivare al salato, con tendenza dolce, discreta grassezza e lunga persistenza. Per questi caratteri puntiamo decisamente su un vino rosso caldo, morbido, fruttato ed avvolgente. Non si sbaglia scegliendo un Syrah siciliano.

Murianengo – Il nome gli deriva dalla Val Moriana, in Piemonte, proviene da latte intero vaccino, unito a ovino e caprino. Fermenta per 24 ore in secchi di legno, si mescola la vecchia cagliata con metà o un terzo di quella nuova e la si pone nelle “fascere” (la fascera è un attrezzo di legno sottile ed elastico, cilindrico, che può essere allargato o ristretto con una fune per comprimere la cagliata, liberare il siero e dare la forma tipica al formaggio). Dopo 20 giorni le forme vanno in cantina e vengono forate; dopo 3 mesi si sviluppa il fungo Penicillium. Ottima la struttura gustativa, saporito, di notevole grassezza, imponente nell’aromaticità, secondo la stagionatura presenta una “tendenza amarognola” legata principalmente allo sviluppo delle muffe. Con una media stagionatura scegliamo un vino dolce, profumato e dalla lunga persistenza come un Grechetto muffato umbro.

Blu di Pecora della Sardegna (Ovinfort) – Nella zona che da sempre è rinomata per i pecorini, con lo stesso latte, Pepi e Salvatore Fadda, hanno inventato questo formaggio che prende il nome da Ovin = ovino e Fort = da Roquefort. Proviene da latte intero di pecora. Aggiunto di Penicillium roquefort (muffe selezionate), dopo il coagulo la cagliata viene messa in fascere da 4/5 chili, spurga per oltre 24 ore e dopo un mese viene forato con aghi di acciaio per permettere la formazione delle muffe. Stagionatura in grotta per 12 mesi. Grande formaggio dalla straordinaria complessità gustativa, ricco e persistente, coniuga perfettamente la grassezza all’aromaticità dell’erborinatura molto evidente. Saporito e quasi piccante il finale, richiede un vino di grande dolcezza, aromaticità, personalità e persistenza. Da preferire i Gewürztraminer Passiti dell’Alto Adige.

Tipo Conciato Romano – Prodotto esclusivamente nel comprensorio di Pontelatone e Castel di Sasso in provincia di Caserta da “La Baronia”. È fatto con latte di bufala intero, da una mungitura unica giornaliera con stagionatura unica giornaliera di circa 24 mesi. Il primo anno viene posto in luogo asciutto all’aperto. Il secondo anno matura in anfore chiuse, in luogo fresco e umido, previa lavatura con acqua ricca di amidi, soprattutto acqua di cottura della pasta fresca senza uova, sistema antichissimo. La sua struttura è basata principalmente sulla sapidità, su un carattere preciso di aromaticità, ricorda note muffate al sapore, lungo nella persistenza gusto-olfattiva. Optiamo per un passito denso che possa reggere il confronto gustativo senza quindi aggiunta di alcuna confettura o marmellata. Indimenticabile abbinamento con il Passito di Pantelleria.

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