C'è del bianco in Nuova Zelanda

Terra di vela e di rugby, di venti e di vulcani, ma anche di vino. Di qualità n

Il Nuovissimo che avanza. Anzi, è già arrivato. La Nuova Zelanda è indubbiamente la migliore realtà vitivinicola degli ultimi anni che, a seguito di un percorso di ricerca e crescita rapidissimo, ha superato la fase di “paese emergente” per inserirsi stabilmente nell’Olimpo internazionale. Un paese dalle dimensioni simili all’Italia, con bassissima densità abitativa: circa 3 milioni di residenti che hanno la particolarità di affermarsi come leader mondiali in molte attività che intraprendono: sono imprendibili velisti e fuoriclasse nel rugby. La superficie vitata, in continua crescita, è quasi raddoppiata nell’ultimo decennio, superando i diecimila ettari, mentre il consumo pro-capite annuo si attesta su valori piuttosto bassi. L’esportazione del vino neozelandese è oggi di quasi totale appannaggio di Inghilterra (che ne assorbe da sola oltre il 60%), Svizzera, Germania e Stati Uniti. Grazie a politiche di prezzo concorrenziali, i prodotti di punta neozelandesi stanno conquistando il mercato, pur a fronte di annate non sempre felici. Fatta eccezione per la zona di Marlborough, l’andamento delle stagioni presenta aspetti contraddittori e facilmente influenzabili da agenti esterni. Negli ultimi anni, l’eruzione del vulcano Pinatubo e l’arrivo di El Niño hanno avuto pesanti ripercussioni sul clima che è divenuto imprevedibile anche in brevi archi temporali. Ma in stagioni che si attendevano disastrose come il 1997, o mediocri come il 1998, si è assistito a immissioni sul mercato di autentici fuoriclasse che hanno rappresentato il biglietto da visita enologico di un paese la cui immagine era rimasta, nell’opinione degli appassionati esteri, un po’ offuscata dal vicino colosso australiano. Sotto il profilo normativo si stanno oggi affermando riconoscimenti molto simili alle nostre Denominazioni di Origine, che vengono indicate in etichetta insieme al vitigno utilizzato.

Profumo di pioggia e montagne
La vite è qui presente sin dalla fine del ’700, quando Samuel Marsden portò dall’Europa ceppi di vari vitigni che trovarono immediatamente un buon habitat. I primi impianti significativi sono riconducibili alla zona di Waimauku, a Nord di Auckland, che ancor oggi vede ottime realizzazioni con Pinot Nero, Cabernet Sauvignon e Chardonnay. Comunque le prime vere sperimentazioni sui vitigni hanno avuto inizio attorno agli anni Sessanta. L’introduzione del Sauvignon Blanc, in particolare, rappresentò la vera svolta. I ricercatori neozelandesi, in massima parte laureati in California, trovarono profonda ispirazione nell’attività posta in essere da Robert Mondavi, quando con una felice intuizione produsse il suo Fumé Blanc da uve Sauvignon vinificate secondo tecniche francesi. L’impressione destata dalla ricchezza varietale del Sauvignon della Valle della Loira, grazie a una combinazione di terreno alluvionale e l’effetto protettivo e mitigatore delle catene montuose Neozelandesi, si traduce in giornate tiepide e notti fresche. Una ricetta perfetta per la conservazione dei profumi dell’uva, con un’estrema concentrazione di un particolare composto organico metossilico, principale responsabile delle complesse nuance vegetali del Sauvignon Blanc. Brent Marris, uno dei più autorevoli wine-maker neozelandesi, afferma che si tratta di una vallata dalle caratteristiche (e anche dalla latitudine Sud) simili a quelle della Borgogna.

Bollicine in Oceania
Nell’ultimo decennio si è assistito a un’impressionante proliferazione di aziende vinicole: oggi Marlborough conta oltre tremila ettari di vigneti, in continua crescita, e accanto al Sauvignon ora anche Pinot Nero e Chardonnay, sui quali si stanno ottenendo ottimi risultati. L’isola Nord è caratterizzata da aziende di grandi dimensioni. Nei dintorni di Auckland ha sede Te Mata, l’azienda più antica – oltre cento anni di vita – che ha allargato i suoi possedimenti in tutto il paese, al pari dell’altro colosso produttivo, Montana wines. Oltre a Marlborough, da tenere d’occhio nell’isola Sud, sono le zone di Nelson, Queenstown e Christchurch. Proprio verso quest’ultima i produttori ormai consolidati di Marlborough stanno allargando i confini, soprattutto per quanto riguarda interessanti sperimentazioni di Pinot Nero. Alcune produzioni di spumante e di vendemmie tardive sono assolutamente impressionanti per qualità offerta e in grado di rivaleggiare con i migliori esponenti a livello mondiale. Lo spumante, prodotto in massima parte da tecnici francesi, presenta caratteri organolettici degni di alcune grandi espressioni millesimate della Côtes de Blanc o di Ay in Champagne. Oggi la Nuova Zelanda fa parte a tutti gli effetti dell’élite del vino mondiale, grazie soprattutto ai suoi magnifici Sauvignon Blanc giunti ad un livello tale da poter competere con le migliori interpretazioni mondiali del vitigno, compresi i grandi Sauvignon della Loira, terra in cui il vitigno è presente nella sua versione più pura, con il Sancerre e il Pouilly Fumé. E non è detto che la sfida veda per sicuri sconfitti i vini del nuovissimo mondo, anzi… Del resto, dovunque si produca vino di qualità, quest’uva ha ormai trovato una casa stabile, dalla California al Cile, dal Sud Africa all’Australia: “la metossipirazina è alla conquista del mondo” ma certo con esiti non troppo entusiasmanti (le metossipirazine sono, in parole povere, responsabili dei sentori olfattivi erbacei di peperone verde, asparago, patata cotta, fagiolini cotti, toni terrosi, e sono presenti in quantità rilevanti in alcune varietà francesi quali Sauvignon blanc, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Carmenère, etc.).

Habitat unico, grande Sauvignon
A rendere “diversi i Sauvignon neozelandesi – e in particolar modo quelli di Marlborough – contribuisce in maniera determinante l’habitat, ideale e unico al mondo. Insomma, il vitigno giusto al posto giusto. I Sauvignon neozelandesi hanno profumi immensi: offrono un’intensità che non ha pari e che mette in assoluto rilievo lo splendido patrimonio organolettico del vitigno. I classici aromi vegetali sono ingentiliti ed esaltati da sensazioni dolci e polpose di frutta esotica, passion fruit e papaia, e dalla fine aromaticità del pompelmo rosa. La godibilità dei vini poggia poi sulla generosa sapidità e sulla splendida corrispondenza gusto-olfattiva degli esemplari migliori. I grandi vini, si sa, nascono in vigna e i migliori Sauvignon neozelandesi lo dimostrano senza ombra di dubbio: le eventuali elaborazioni di cantina, fermentazione e maturazione in legno in primis, quando ci sono, non fanno altro che ampliare il tono e il vigore di vini che non “subiscono” la barrique ma ne assorbono il meglio senza mai lasciarsi surclassare. E, come dovrebbe esser d’obbligo per ogni vino bianco di qualità, a questi Sauvignon non va certo stretta la bottiglia: chi ha dimestichezza sa bene che questi vini continuano a crescere nell’affinamento in vetro, anche quando non abbiano mai visto legno, e mostrano la personalità e la progressione dei bianchi di razza, che non perdono il loro fascino nell’effimero volgere di una stagione, ma traggono dalla giusta maturità il carisma dei grandi. Sul mercato italiano sono ben distribuite le migliori etichette di Sauvignon neozelandese: Villa Maria, Cloudy Bay, Palliser Estate.

E a Roma un "viaggio" intorno a 25 vini