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di Carla Toffoletti
Come si ripercuote la crisi economica attuale sul lavoro femminile? Quali sono i settori più colpiti? Partirei da 2 punti di vista: uno è quello che sta succedendo sul lavoro e l’altro è l’effetto che ha sulle donne, la diminuzione delle tutele sociali. Le due cose si incrociano. Sul piano del lavoro le donne sono le più colpite in ragione dei settori in cui sta mordendo maggiormente la crisi. Se prendiamo i metalmeccanici, i 2 settori a rischio sono l’auto e l’elettrodomestico, e quest’ultimo è un comparto prevalentemente femminile. C’è molta cassa integrazione, ma anche la chiusura degli impianti, come alla Indesit di Torino. Contemporaneamente il dato generale sulla cassa integrazione ci dice che si sono già allontanati dal lavoro quelli che noi chiamiamo genericamente ”le figure precarie”, che sono prevalentemente donne, sia nei contratti a tempo determinato, sia nelle partite iva, sia nelle collaborazioni. Di fatto nella diminuzione dell’occupazione, che per i settori industriali è già avvenuta, c’e’ già stata una penalizzazione del lavoro femminile.
Anche la riforma, annunciata dal governo, della Pubblica Amministrazione, riguarda in primis le donne. Nella scuola, i tagli e la non stabilizzazione colpiscono prevalentemente loro. Nei settori industriali tutto il tessile occupa prevalentemente donne.
Ci sono poi i fenomeni meno visibili, quella parte che non avendo ricorso agli strumenti, ma essendo di impresa, incide molto sul lavoro femminile. E’ già in atto la riduzione della grande distribuzione, i negozi in franchasing che chiudono. Contraendosi l’attività, si contrae anche l’orario.
Poi c’è un mondo di cui non parla mai nessuno, che è quel mondo figlio delle esternalizzazioni della Pubblica amministrazione, della riduzione dei pubblici servizi, che è una realtà prevalentemente cooperativa, quella delle cooperative sociali. E' un mondo fatto prevalentemente di donne, e molto spesso di donne migranti, che si accompagna anche a quello fatto di appalti più tradizionali, le mense, le pulizie, che è di nuovo un mondo fatto di donne e di emigranti. Questi sono due settori pesantemente investiti dalla crisi, che non hanno ricorso agli ammortizzatori sociali. Però questo è anche quel mondo che garantisce il supporto, che i servizi pubblici non danno, al lavoro femminile negli altri settori. Si verifica il famoso corto circuito: un’amministrazione pubblica che tende sempre più a ridurre i servizi e darli attraverso forme di monetizzazione scarsa, ciò che si era costruito di privato sociale, che in qualche modo suppliva, che va in crisi. Al fenomeno diretto della disoccupazione e dell’incidenza della crisi, si somma il fenomeno dell’alternativa tra stare nel mercato del lavoro, guadagnare poco e non essere in grado di rispondere ai carichi familiari (che come è noto toccano alle donne), oppure scegliere la rinuncia al lavoro per tornare nel focolare domestico.
Il rischio reale è il ritorno della donna in casa
Questo di fatto sta già succedendo..
Quali le strategie per non rinchiudere le donne in casa?
Serve una strategia generale. Bisogna intervenire da un lato garantendo gli ammortizzatori sociali. Bisogna attuare tutte le forme possibili affinché la crisi non si trasformi in abbandono del lavoro: dalla rotazione della cassa integrazione, ai contratti di solidarietà, all’utilizzo della formazione. Dall’altro c’è il tema della tutela pubblica. In una stagione di crisi, il servizio pubblico, inteso nel senso più lato (dai servizi offerti alle persone, ai servizi scolastici), deve crescere, perché l’effetto di riduzione costringe a tornare a delle logiche di supplenza. Se bisogna reagire immaginando cosa c’è dopo la crisi, non bisogna rinunciare a quegli elementi di qualità e di sostenibilità della crescita. L’occupazione femminile è un elemento di crescita generale. Bisogna capire che il lavoro delle donne è un investimento e non un costo minore. Il fatto che in Italia il lavoro sia poco di fatto limita la crescita del Paese e non è un fattore di difesa.
Nell’immediato cosa fare?
La tutela del lavoro e il contrasto all’immersione (si licenzia e poi si ricomincia a lavorare in nero, senza garanzie). Bisogna partire dalla garanzia pubblica, lo Stato deve agire su se stesso: percorsi di stabilizzazione, allargamento del servizio scolastico, mantenimento di quella attività di investimento degli Enti locali che è stata bloccata con il Patto di Stabilità: sono 23 miliardi che potrebbero essere utilizzati per la crescita di tutele sociali che si traduce nella possibilità di stare nel lavoro.
La risposta alla crisi che dà il governo, è il prolungamento dell’età pensionabile delle donne
Non è una risposta alla crisi. Se c’è un grave problema di occupazione l’idea di prolungare è già di per sé una risposta negativa a tutti i precari e a tutti i giovani. Si risponde con il prolungamento dell’età pensionabile quando non ci sono le condizioni per il lavoro delle donne. Si agisce dal versante sbagliato, pensando che poi le famiglie diventino un grande ammortizzatore sociale. Un'ipotesi di questo tipo avrà come unico effetto di far abbandonare il lavoro alle donne. Noi siamo contrari. Diverso sarebbe se si offrissero dei lineamenti di flessibilità. Uno può decidere, da una certa età in poi, quando andare in pensione. Allora rispondi a quelle aree limitate che potrebbero continuare l’attività. Ma non si possono costringere tutte.
8 Marzo, festa della donna. Che significato ha oggi questa data? Giornata di lotta o di festa?
Io ho sempre pensato che fosse tutte e due. Ci meritiamo anche la festa . E’ indubbio che questo è un 8 marzo particolarmente difficile, non solo per la crisi, ma per un clima culturale terribile che c’è intorno. L’uso strumentale della violenza contro le donne, trasformata in una grande operazione contro i migranti e contro la convivenza, ne è un esempio. La violenza sulle donne non è solo un tema di ordine pubblico, dato che il fenomeno all’interno del nucleo familiare non è in diminuzione, ma sociale e culturale. Si continuano a far battute e non si affronta il fatto che culturalmente questo è un Paese che non considera inviolabile il corpo delle donne.