Una storia raccontata da dentro


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‘Io, vessato e minacciato’

Una vita rovinata dagli strozzini usura_296

Quella che vi raccontiamo è la storia di Carlo V., 55 anni, imprenditore edile, costretto a fuggire da un piccolo centro del Casertano, dove è sempre vissuto, perché caduto nella rete degli strozzini, che hanno rovinato la sua vita e quella della sua famiglia. Con lo Stato ed il sistema bancario che hanno fatto la loro parte, in negativo!

Carlo, ci racconti la sua storia
“Venti anni fa ho ereditato da mio padre una piccola impresa edile, cinque dipendenti in tutto, specializzata nella ristrutturazione di appartamenti. Le cose andavano bene, guadagni alti e una vita agiata. Le commesse non mancavano, sembrava che la fortuna mi avesse baciato. Nel giro di dieci anni l'azienda è cresciuta tanto, forse troppo, passando da cinque a trenta lavoratori e con un fatturato di tutto rispetto. Poi...”. Carlo si ferma, si passa le mani sulla faccia e si stropiccia gli occhi, la sua voce diventa tremolante.

Poi...
“Nel 2005 ho eseguito dei lavori in alcune scuole pubbliche, vincendo delle regolari gare di appalto. E da lì sono iniziati i miei guai”.

In che senso?
“Due lavori per un totale di circa 500mila euro portati a termine regolarmente, ma dei soldi nemmeno l'ombra”.

Vuole dire che lo Stato non l'ha pagata?
“Solo dopo due anni e passa, un ritardo che mi ha portato al fallimento, ma prima ho cercato di salvare la mia impresa con ogni mezzo e in ogni modo”.

Ci spieghi meglio
“La pubblica amministrazione non pagava e io mi sono trovato fortemente esposto verso fornitori e dipendenti. I miei debiti aumentavano di mese in mese, tanti gli assegni andati in protesto, e non sapevo come fare per uscire fuori da una situazione a dir poco paradossale: io, creditore , costretto a diventare debitore, cattivo pagatore, quasi un truffatore, per colpa dello Stato”.

Come ne è uscito fuori?
“No, non ne sono uscito fuori, non ce l'ho fatta. Dapprima ho cercato di salvare la mia azienda rivolgendomi alla banche. Ho spiegato loro la mia situazione. Mi servivano 300mila euro per coprire i 'buchi' e cercare di andare avanti, non volevo mollare”.

Qual è stata la risposta degli istituti di credito?
“Mille scuse per non concedermi il finanziamento. Eppure, potevo dare in garanzia la mia casa. Niente da fare. L'ultima volta mi è stato detto con modi bruschi, quasi arroganti: 'Signor V., ma lei è anche un cattivo pagatore...'. Mi è crollato il mondo addosso”.

E allora...
“Allora ho cercato di percorrere l'unica strada ancora possibile, rivolgermi ad amici di amici”.

Usurai...
“Sì, ed è stata la mia rovina e quella della mia famiglia”.

Ne vuole parlare?
“Un amico mi ha fatto conoscere delle persone, gente risoluta, decisa apparentemente con la faccia pulita”.

Che le hanno proposto?
“50mila euro subito e senza alcuna garanzia”.

Ha accettato?
“Sì, quei soldi mi facevano comodo, potevo risolvere le questioni più urgenti in attesa del denaro dello Stato. Tre giorni dopo i 50mila euro erano nella mia disponibilità. Mi dissero di non preoccuparmi, il tasso d'interesse era minimo, quasi come quello bancario”.

E invece...
“Invece. non era per niente vero. Quelli che sembravano amici in realtà erano strozzini della peggiore specie, delinquenti organizzati”.

Come è andata?
“Nel giro di otto mesi i 50mila euro sono lievitati a 200mila, 400mila dopo un anno. Interessi da capogiro che aumentavano di mese in mese”.

E lei?
“Che potevo fare, ormai ero caduto nella rete dei 'cravattari', mi perseguitavano, mi minacciavano, mi hanno incendiato l'auto, picchiato, mi dicevano che mia moglie e le mie due bambine erano in pericolo. Alla fine ho venduto la mia casa, una villetta su due piani. Non è bastato. Dopo due anni sono arrivati i soldi dello Stato. Se li sono presi. Nemmeno è bastato. Ho tentato il suicidio, ma me la sono cavata, purtroppo”.

Ora che fa?
“Sono scappato dalla mia città, vivo in un piccolo paese del Molise, l'impresa è fallita, mi sono separato da mia moglie, vivo lontano dalle mie figlie, faccio l'imbianchino, il muratore, qualunque cosa mi aiuti a racimolare qualche spicciolo e sto in cura dallo psicologo”.

Perché non ha denunciato?
“Troppa paura, Altri lo hanno fatto. I miei stessi usurai sono finiti in carcere, ci sono rimasti qualche mese, ora sono di nuovo liberi”.

Signor V, crede ancora nello Stato?
“Sì, anche se è forte coi deboli e debole con i forti”.

Un suo rammarico...
“Se solo lo Stato avesse fatto il suo dovere in tempi rapidi e il sistema bancario mi avesse aiutato, ora non staremmo qui a parlare di questa brutta storia”. Una storia comune chissà a quanti altri imprenditori. Peccato che pochi abbiano il coraggio di parlare e denunciare.

(n.d.c.)

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