di Bianca Biancastri
A quarant’anni dalla fondazione di Medici senza Frontiere, nonostante i contesti siano cambiati, le sfide restano le stesse: riuscire ad avere accesso alle popolazioni bisognose di cure, reso spesso difficile da chi governa i territori, e garantire la qualità dell’intervento. Per superarle, secondo l’organizzazione, occorrono fondi, innovazione negli interventi e evoluzione della logistica dell’azione umanitaria.
“Dobbiamo smettere di essere reattivi e diventare proattivi, investendo nelle strategie per rispondere ai bisogni e partecipando anche alla ricerca”, afferma Abiy Tamrat, presidente del centro operativo di Ginevra di Msf, durante il convegno internazionale “Teoria e pratica dell’azione umanitaria” , una “due giorni” di riflessione che mette a confronto rappresentanti delle organizzazioni non governative e delle agenzie umanitarie, esponenti del mondo accademico e militare, esperti del settore medico e giornalisti.“Dopo l’11 settembre 2001 lo spazio dell’intervento umanitario è stato minacciato ma ora anche se non è più facile essere un terzo neutrale credo che questo periodo sia finito. Tuttavia ci sono nuove sfide”, dice Alexandre Liebeskind, consigliere del presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa. “Dobbiamo cercare di progredire nonostante i ‘buchi neri’ come la Siria, dove continuiamo a negoziare ma la nostra presenza è solo simbolica. Ma non c’è solo la Siria. Difficilmente siamo riusciti a visitare i detenuti in Egitto o in Bahrein e la visita ai detenuti rappresenta l’indicatore più credibile dello spazio garantito agli operatori umanitari”.
L’azione umanitaria, in generale, sottolinea Liebeskind, “deve accrescere la capacità di arrivare rapidamente nelle crisi; deve aprire il dialogo con le organizzazioni umanitarie non occidentali, con le agenzie di sviluppo e con gli Stati,in ambito giuridico, contro il crimine organizzato che uccide più delle guerre (è il caso del Messico o del Brasile). Inoltre l’azione umanitaria ha bisogno di professionalizzazione e di essere pronta a lavorare con meno denaro a causa della crisi economica”.
“E’ importante riconoscere anche altre sfide come l’urbanizzazione, i cambiamenti climatici, i cambiamenti delle malattie che non siamo pronti ad affrontare. E inoltre il volume, la qualità dei servizi che forniamo devono essere adeguati. Medici senza Frontiere è un’organizzazione famosa per la sua flessibilità e perciò dobbiamo affrontare i cambiamenti elaborando una strategia.Dobbiamo saper rispondere ai bisogni che cambiano”, aggiunge Tamrat di Msf.
Se è difficile quantificare quante persone siano state assistite nel mondo in quarant’anni di attività dei volontari di Medici senza Frontiere, possiamo ricordare che solo l’anno scorso “abbiamo curato quasi 9 milioni di persone, di cui 170mila sieropositivi e abbiamo assistito la nascita di 150 mila bambini”, dice Kostas Moschochoritis, direttore di Medici senza Frontiere Italia. Attualmente sono 3 mila i sanitari inviati nelle zone di emergenza, 25 mila quelli locali. “Intervenire a ogni costo? Negoziati umanitari: l’esperienza di Medici senza Frontiere” è il titolo del volume presentato durante il convegno. “E’ molto difficile e rischioso ‘svelare’ talune scelte che abbiamo compiuto negli scenari più delicati in cui lavoriamo –afferma Moschochoritis- ma crediamo che aprire una discussione sui limiti e le sfide dell’azione umanitaria sia quanto mai necessario. Solo se siamo onesti con noi stessi rispetto ai nostri successi e agli errori commessi possiamo migliorare e rendere più efficace la nostra azione”.
Nata il 20 dicembre 1971, Premio Nobel per la Pace 1999, Medici senza Frontiere è presente in 60 Paesi, intervenendo in tutti gli scenari di crisi, senza discriminazione di etnia, religione, ideologia politica.
LEGGI ANCHE:
Kostas Moschochoritis: 'La sfida dell’accesso alla popolazione'