Nel Lazio si interviene. E nelle altre regioni?


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Alzheimer, 2.5 milioni per malati e famiglie

I soldi arrivano con l’assestamento di bilancio a

di Maurizio Righetti

Per cercare di fotografare la malattia di Alzheimer e le sue conseguenze personali e sociali, sono state coniate e spesso usate espressioni apparentemente iperboliche. Ma che, invece, restano ancora ben al di sotto della realtà concreta: “epidemia silente del terzo millennio”, “unico caso di certezza della pena non solo per gli interessati”, “priorità di salute pubblica”...
Ci si è spesso domandati da più parti perché, a fronte della gravità della situazione, peraltro destinata nel tempo ad un drammatico incremento quantitativo, e a fronte degli impegni assunti dagli altri Paesi europei e dalla stessa Ue, in Italia si sia così pesantemente in ritardo negli interventi pubblici. Le giustificazioni non reggono. Perché una sanità che non funziona può essere comunque razionalizzata e perché effettuare interventi mirati significa, in realtà, vedere la spesa contrarsi piuttosto che aumentare. Tutti elementi ben conosciuti dai cosiddetti “soggetti decisori”...

Dal Lazio un segnale piccolo, ma confortante
Ma qualcosa pare, finalmente, muoversi al di là degli impegni di facciata. E' la Regione Lazio la prima a muoversi nella direzione auspicata da malati, familiari, caregiver, operatori sanitari e società in genere. Un piccolo passo. Ma il segnale è chiaro e ora anche le altre Regioni potrebbero sentirsi direttamente chiamate in causa per allinearsi a una scelta sociale di valore e di indiscutibile impatto. E poi i cittadini -i malati in questo caso- devono essere tutti di serie A.

Mandarelli: era necessario intervenire
L'impegno previsto, approvato in seduta di assestamento di bilancio regionale annuale e pluriennale 2011-2013, è di 2 milioni e 500 mila euro. Il relativo emendamento era stato presentato da Alessandra Mandarelli, presidente della Commissione Sanità della Regione Lazio e consigliere della Lista Renata Polverini, e pienamente sostenuto, oltre che dalla stessa Polverini e dal capogruppo della sua lista, Brozzi, dagli assessori Cetica e Forte e dal presidente della commissione Bilancio, Fiorito.

“Nel Lazio sono circa 33 mila i malati di Alzheimer, secondo studi recenti, e nei prossimi 20 anni, addirittura, i casi raddoppieranno. Una malattia neurodegenerativa dalla quale non si guarisce e che, oltre al malato, coinvolge l’intera famiglia, sia in termini di assistenza costante, a cui spesso non si è preparati, che di costi. Un malato, in un anno, ha bisogno di cure che variano, secondo la gravità, tra i 20 ed i 50 mila euro, che pesano quasi interamente sulla famiglia. Era necessario, dunque, intervenire – dichiara Alessandra Mandarelli - in termini di predisposizione ed applicazione di servizi socio-sanitari dedicati e diffusi sul territorio. Oggi abbiamo raggiunto un risultato importante, un passo avanti fondamentale, atteso e voluto da anni dai malati e dalle loro famiglie”.

Al via la sperimentazione. Ma quale?
Il provvedimento ha permesso di inserire una disposizione, collegata alla legge di assestamento di bilancio, per l’avvio della sperimentazione, in attesa dell’approvazione di una legge organica sulla materia. La legge di riferimento (la PL n. 35/2010) è il "Piano Regionale in favore di soggetti affetti da malattia di Alzheimer e altre forme di Demenza", che prevede l’istituzione di una rete completa di servizi, capillarmente diffusi, istituiti all’interno delle Asl o delle Università, o presso le Irccs o gli Ospedali, per seguire i malati e le loro famiglie nei vari stadi della patologia. Dai centri esperti per le demenze, che assicurano la presa in carico globale, a quelli diagnostici specialistici, per le prestazioni di secondo livello; dai centri diurni per l’assistenza socio-sanitaria semiresidenziale, a quelli di sollievo; dai reparti di degenza extra-ospedalieri, per stimolare le risorse funzionali e ritardare il ricovero permanente, ai nuclei Alzheimer, fino all’assistenza domiciliare integrata, che consente al malato di restare nella propria casa, curato con il sostegno dei familiari e dei volontari”.

Attesa una legge bipartisan
“Mi auguro – dice Alessandra Mandarelli - che la legge, già portata all’attenzione dell’Ufficio di presidenza della Commissione Sanità, venga condivisa ampiamente e trasversalmente, poiché, di fronte a tali problematiche, il colore della politica deve lasciare spazio alle istanze legittime dei cittadini”.

Resta da capire come avverrà la distribuzione dei fondi perché sia razionale ed efficace e ponga sullo stesso piano le aspettative di ciascuno. In casi come questi, sperimentare è un termine 'pericoloso'. Se sul territorio ci sono già esempi di pratica attuazione delle intenzioni della legge, si dovrebbe partire da lì per evitare doppioni e sprechi.

Sarebbe auspicabile concentrare gli sforzi, realizzare centri di alta specializzazione capaci di gestire la malattia in tutte le sue fasi. Col connesso risultato di liberare le altre strutture e competenze sanitarie da questa incombenza e con una evidente razionalizzazione degli interventi. E un minore impiego complessivo di risorse finanziarie.

Carbone: offrire una rete integrata di servizi
“L’Alzheimer – sottolinea Gabriele Carbone, responsabile del Centro Demenze – Unità Alzheimer dell’Italian Hospital Group di Guidonia (RM), struttura italiana di eccellenza in tutte le sue articolazioni (Centro diurno, reparti di degenza, assistenza domiciliare, UVA) – è una malattia non guaribile che bisogna affrontare con un approccio globale alla cura delle persone colpite e dei suoi familiari, offrendo una rete integrata di servizi che possa rispondere alle esigenze socio-sanitarie che si manifestano nel lungo decorso della malattia (10-15 anni), garantendo una continuità assistenziale con la giusta intensità di assistenza, prevedendo luoghi di cura ad hoc e soprattutto privilegiando l’assistenza domiciliare che, per la natura stessa della malattia, è il luogo più idoneo per ‘prendersi cura’ di questi pazienti”.

Gli interventi previsti negli altri Paesi
La Francia ha lanciato il Piano quinquennale Alzheimer, deciso dal presidente Nicolas Sarkozy, stanziando 1,6 miliardi di euro "per migliorare la qualità di vita dei malati e di chi li assiste"; la Gran Bretagna ha varato il Piano quinquennale nazionale sulle demenze, con un finanziamento straordinario di 150 mln di sterline; la Norvegia, con il Piano Demenza, potenzierà i servizi socio-sanitari, le residenze, le case di cura, i centri di ricerca. E le risorse investite sono significative pur se i bilanci non sono poi così diversi o migliori di quello italiano nostro e se anche quelle nazioni si trovano pure esse, ovviamente, nel tourbillon della crisi finanziaria mondiale. Dal canto suo il Parlamento Europeo ha adottato una Dichiarazione Scritta con cui riconosce l'Alzheimer priorità di salute pubblica e si impegna a un piano d'azione: la stragrande maggioranza dei parlamentari italiani di tutti i gruppi l'ha firmata. Sul piano generale, la riforma sanitaria del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si muove nella stessa direzione: dare oggi assistenza diffusa significa domani non solo risparmiare sulle prestazioni sanitarie, ma anche investire sulle maggiori capacità produttive di un popolo con più salute.

L’incidenza “numerica” della malattia
In Italia si contano almeno 600.000 persone malate (oltre un milione se si considerano le altre demenze) ed ogni anno si aggiungono almeno 80.000 nuovi casi; nel mondo sono colpiti almeno 35 milioni di individui, oltre 7 milioni e mezzo in Europa; numeri destinati a raddoppiarsi nei prossimi 10-15 anni. I malati hanno problemi complessi per la cui soluzione, seppure parziale, è necessaria l'attività coordinata di specialisti medici e paramedici e operatori socio-assistenziali. Sotto il profilo sanitario, la questione fondamentale è che non si conoscono appieno le cause.

Ma che cos’è l’Alzheimer?
La Malattia di Alzheimer è una patologia degenerativa del sistema nervoso centrale caratterizzata da un progressivo e irreversibile declino cognitivo e funzionale e da anomalie del comportamento. Le possibilità di esserne colpiti aumentano con l'età: da meno del 2% tra i 65 e i 69 anni, fino al 5% a 75-79 anni, al 20% tra 85 e 89 anni, a oltre il 30% dopo i 90 anni. Rarissimamente (un centinaio di casi al mondo) è ereditaria. Sono in corso ricerche per terapie efficaci. Da una decina d'anni sono in commercio farmaci capaci di rallentare l'evoluzione dei sintomi della malattia nelle sue varie fasi, che però non agiscono sulle cause. Il costo medio annuo di un malato va dai 20 ai 50 mila euro a seconda della gravità, per gran parte a carico delle famiglie. Sul piano socio-economico, il problema è che la malattia colpisce soggetti anche in età presenile rendendoli progressivamente non autosufficienti e peggiorando così la qualità delle vite loro e dei familiari. Una accettabile soluzione, oltre alla indubbia valenza umana, permetterebbe di gestire meglio le invalidità e di limitare i costi connessi. E' necessario quindi prevenire, per quanto possibile, o contenere, il danno delle complicanze quando esse si sono già manifestate. Il che vuol dire ricerca clinica su: cause scatenanti, diagnosi precoce, terapia qualificata, riabilitazione, risanamento ambientale, informazione sanitaria.