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Il romanzo di Carlotto tra realtà e rete

Intervista all'autore di romanzi noir, ospite della fiera dei piccoli e medi editori carlotto_296

Abbiamo sentito lo scrittore padovano Massimo Carlotto, che interverrà alla Fiera della piccola e media editoria, a Roma, il 7 dicembre al Caffè letterario sul tema “Dopo Gomorra, fare inchiesta tra narrativa e giornalismo”.

Tranne qualche eccezione lei non ha pubblicato molto con la grande editoria. Da che cosa ha origine questa sua scelta?
Ho prevalentemente pubblicato con “e/o editrice”, una casa editrice non piccola, media e ora medio-grande, che ha aperto anche negli Stati Uniti e che pubblica anche in arabo. Poi ho pubblicato anche con case editrici grandi. La scelta si è soffermata su “e/o” che è stata la mia prima casa editrice, con cui mi son sempre trovato bene, anche perché è una editrice che ama particolarmente la letteratura. Con loro si lavora bene.

Dove trae la sua ispirazione per i suoi romanzi noir, dalla cronaca nera o dalla realtà del disagio, della marginalità?
I miei romanzi traggono sempre spunto da fatti veramente accaduti, ma sono tutti casi che poi tendo a sviluppare in fatti di più ampio respiro. A me non interessa sviluppare la microstoria, ma la macrostoria che poi dà il senso delle trasformazioni criminali in questo Paese.

Le è utile internet per scrivere i suoi romanzi, per le sue inchieste e in che modo?
Internet ormai è uno strumento insostituibile e non solo per le inchieste, ma per tutte il lavoro dello scrittore , per avere anche rapporti con i propri lettori, per rapporti e ricerche a livello internazionale. Si è assolutamente insostituibile.

Per la figura dell’Alligatore, il detective dei suoi romanzi, si è ispirato a qualche icona del genere, come Pepe Carvalho o  Montalbano?
A nessuno. L’alligatore è un personaggio completamente diverso da tutti gli altri investigatori, l’ho scelto proprio per questo, nel senso che è un ex detenuto, un ex cantante di blues, un investigatore senza licenza.

Le tecniche scientifiche come quelle dei Ris, o di CSI, sono veramente utili alle indagini o servono di più agli scrittori per scrivere libri?
Questa tendenza nella letteratura,nata negli anni Novanta negli Stati uniti, ora si è radicata anche nella nostra realtà editoriale. Io non sono un grande appassionato di questo filone narrativo, perché è molto lontano dalla realtà. L’applicazione della scienza alle indagini criminali è molto più arretrata di quanto ci viene presentato e secondo me svia rispetto a quella che è la realtà. Io lavoro molto sulla realtà, preferisco indagare la realtà sociale intorno al crimine che piccole storie di investigazione. Il dettaglio rischia di deviare l’attenzione del lettore dalla macrostoria. Ma è anche vero che molti di questi romanzi sono ben scritti e sono molto godibili.

In tv, il noir è pressoché assente. Dipende dal genere che non si presta al mezzo televisivo o è la tv che preferisce altri generi?
L’assenza dipende dal fatto che il noir non è consolatorio. Non lo è perché non c’è l’happy end e il bene non trionfa sul male. Invece la linea scelta da molti anni, soprattutto dalla tv generalista è l’happy end. E questo però sta stancando i telespettatori che preferiscono guardare altre fiction proposte da altri canali.

I suoi libri in alcuni casi sono divenuti film, altri li ha trasposti per il teatro. Lei è un autore che si presta a diverse modalità espressive. Che ne pensa degli audiolibri?
Gli audiolibri sono una cosa da meditare. Capita che all’estero alcuni mie romanzi vendano di più come audiolibri che come cartacei. E’ una questione di gusti diversi. In Italia, l’audiolibro fa fatica ad affermarsi. E’ uno strumento interessante, da coltivare, come il fumetto però ha scarso mercato in Italia. In Inghilterra e in Germania sono molto diffusi. Lì c’è anche una diversa abitudine all’ascolto della lettura: durante le presentazioni si legge anche 45 minuti. Da noi non è possibile, la gente se ne andrebbe.

Per il suo ultimo lavoro, Perdas de fogu, lei ha collaborato con Mama Sabot. Come è nata questa collaborazione e chi sono?
Sono un gruppo di scrittori esordienti che si è formato intorno al mio lavoro a Cagliari. Nasce dall’importanza di affiancare l’inchiesta al romanzo, ma era un’inchiesta troppo vasta per essere seguita da uno scrittore. Così li ho chiamati a raccolta e infatti in dieci ce l’abbiamo fatta a reperire il materiale necessario per scrivere il libro.