Le cinque facce di Israele


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'Moderno, occidentale, mediorientale, ebraico e democratico'

Parla il Colonnello Miri Eisin. Donna americana ed ex militare israeliano

Contro ogni stereotipo e pregiudizio, Israele è un Paese “moderno, occidentale, mediorientale, ebraico e democratico”. Miri Eisin è nata negli Stati Uniti, i suoi genitori sono emigrati in Israele una quarantina di anni fa, ha lavorato per l’intelligence ed è stata portavoce del governo Olmert. È un colonnello dell’Esercito israeliano in pensione. Dopo 23 anni in divisa, ora è analista politico. Spiega che “venire in Israele è un’avventura. Non si può essere certi di quello che si vedrà. Molti vengono qui con dei pregiudizi, con una falsa conoscenza del Paese e creano degli stereotipi”.

Israele è moderno perché “ha un’economia capitalista, tra le prime 30 al mondo. Abbiamo inventato l’Usb, la fabbrica dei chip dell’Intell è a pochi metri da dove si lanciano i missili”. Forte nella biotecnologia e nell’agrotecnologia, “piantiamo più alberi di quanti ne abbattiamo”. Nell’industria dell’acqua, un problema in Medioriente, Israele “inventa, mette in pratica e utilizza”, ed esporta anche in Cina. Occidentale perché è un Paese fondato nel 1948. “Legalmente ci affacciamo verso Ovest, la nostra mentalità e il modo di vedere le cose è certamente occidentale, la nostra tv è occidentale”. Mediorientale perché “fisicamente quando atterrate con l’aereo vi trovate in Medio Oriente. Molti cittadini israeliani sono arabi. Il cibo è profondamente mediorientale”. Anche nel modo di essere siamo “molto ostinati nelle nostre opinioni e le esprimiamo anche in pubblico, per la strada si formano dei talk show dal vivo. Il ritmo rallenta tra le 13 e le 15”, l’ora della siesta.

Israele “è uno Stato ebraico. E non riguarda la religione, bensì la Cultura, la Storia, la formazione e il contesto. È l’unico Paese che segue ufficialmente il calendario lunare. La nostra settimana lavorativa e scolastica comincia la domenica e finisce giovedì. Un’idea sionista ha fondato questo Paese. È uno Stato ebraico ma secolare. 7.7 milioni di persone vivono qui e parlano ebraico. La bibbia rappresenta una tradizione storica e non un documento religioso. Di questi 7.7 milioni di cittadini il 75% sono ebrei, il 20% musulmani e il 5% tutti gli altri, tra cui 200 denominazioni cristiane. Il 75% degli ebrei si definisce così: 10% ultraortodosso, 10% ortodosso moderno, 70% tradizionale, ovvero l’ebreo che va in sinagoga solo nelle festività e non segue una dieta kosher, e 10% secolare, tra questi gli atei e gli ebrei non praticanti, anche se il 95% di loro celebra Passover”, ovvero Pesach, la Pasqua ebraica.

“Israele non è un Paese religioso, ma non c’è separazione tra Stato e religione” dice Miri Eisin. “Non esiste il rito civile per il matrimonio e divorziare per una donna è molto difficile, ma riconosciamo qualsiasi unione civile legalizzata in un altro Paese, comprese le unioni omosessuali. Vi sono tra le 60 e le 70mila coppie gay in Israele. Il funerale è di un solo tipo, religioso. Ma si può pagare per essere sepolti diversamente”. Dal 1948, quando il 14 maggio Ben Gurion dichiarò lo Stato “ebraico e democratico”, abbiamo ogni singolo “elemento della democrazia”, continua Miri Eisin, “libertà di espressione, diritti civili, assistenza sanitaria gratuita per tutti, sistema giudiziario, eppure non siamo perfetti. Esiste la discriminazione”. Non è ufficiale ma c’è. È un “problema e ce ne rendiamo conto”.

Dei 120 membri della Knesset, il Parlamento, il 20% è rappresentato dalla popolazione araba. Solo “15 sono arabi e di questi due sono donne, che in totale sono solo 23, un dato record” per la Storia di Israele. 70% della popolazione vive sulla costa, da Ashkelon ad Haifa. Mentre a Gerusalemme dei circa 700mila abitanti il 10% sono israeliani.

Cosa cambierebbe del suo Paese?
“Abbiamo una situazione politica difficile, anche se le questioni politiche sono dure in tutto il mondo. Ma noi stiamo diventando divisi, e c’è mancanza di dialogo. Altro problema è il gap tra poveri e ricchi anche se non è come quello in Africa o in Asia. Da noi il 70% degli uomini ultraortodossi non lavora, non hanno titoli di studio e sono solo preparati sulla religione e quindi senza alcuna educazione scientifica o matematica e nessuna conoscenza della lingua inglese, non hanno possibilità di trovare un lavoro, e hanno numerosi figli, la media per ogni donna è di 3.1. In Israele venivamo pagati per avere figli, era un vero e proprio stipendio, ma il welfare è cambiato e dieci anni fa questo incentivo è stato tagliato”.

Cosa prevede per il futuro?
Bisogna raggiungere “un compromesso in politica. Vi sono 15 partiti. Quelli religiosi non mettono la religione in agenda. Non abbiamo una Costituzione scritta, come il Regno Unito. L’abbiamo copiato da loro, dopo il mandato dei britannici e invece della regina abbiamo un presidente. Il servizio militare (tre anni per gli uomini, due per le donne), non si basa sul conflitto, ma sul sociale, è considerato un servizio nazionale. Il punto principale non è la violenza, non è il conflitto”.

“Ma siamo in Israele e le sorprese possono spuntare da un momento all’altro”, ci dice un maggiore dell’Esercito al confine con il Libano. Nei quattro anni dalla seconda guerra libanese, Hezbollah ha trasformato oltre 100 villaggi nel sud del Paese in basi militari. Qui di seguito mappe e video che mostrano come Hezbollah conserva le proprie scorte di armi vicino a scuole, ospedali, edifici nel villaggio di Al-Khiam (guarda il video). Stessa tattica in altri villaggi sparsi in tutto il sud del Libano, usando gli abitanti come scudi umani, in violazione della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite. Al-Khiam fu usata come base di lancio per sparare razzi durante la seconda guerra del Libano. E durante quel conflitto, Hezbollah immagazzinò le proprie armi per lo più in aree aperte, dando la possibilità alle Forze della Difesa israeliana di localizzare e distruggere i loro depositi. Da allora, Hezbollah ha spostato le proprie armi nei villaggi abitati (guarda il video). (McdM)