Come succedeva ai tempi della disgregazione della Federazione Jugoslava, è frequente la domanda, tra coloro che conoscono poco la storia dell'area, perché mai il Sudan, povero e dilaniato da guerre intestine per anni, abbia avuto necessità di dividersi, invece di riunire le proprie forze per costruire un futuro prospero.
La risposta è nelle tensioni che continuano a contrapporre, non solo tra Nord e Sud, ma all'interno dello stesso Sud, gruppi e popolazioni divisi da differenze tribali, culturali, politiche e religiose. Così, se avere un nuovo stato per i soli sudisti può richiamare nella capitale meridionale, Juba, molti di loro che hanno vissuto a Khartoum per decenni, non è detto che sarà facile al governo del presidente Salva Kiir Mayardit - capo del partito del sud, il Movimento per la liberazione del popolo sudanese (Splm) - garantire loro case, occupazione, salari, educazione.
Nel Sud, per esempio, secondo dati Onu, il tasso di analfabetismo tra le donne è dell'80%, e più di metà della popolazione ha un reddito inferiore a un dollaro al giorno. Inoltre nel Sud, sempre secondo l'Onu, le infrastrutture sono assenti: la rete stradale esistente non e' piu' lunga di 100 chilometri.
D'altra parte è invece la proprietà delle riserve petrolifere, insieme alla grande quantità di suolo coltivabile e la presenza delle acque del Nilo nei centri maggiori a costituire una garanzia per il futuro del Sud Sudan, sempre che lo sviluppo sia favorito dai Paesi confinanti, con i quali dovrebbero intensificarsi gli scambi.
Un segnale positivo in questa direzione viene per esempio dall'impegno del capo di stato etiopico, Meles Zenawi - anch'egli ex capo ribelle, come Salva Kiir e come il presidente ugandese, Yoweri Museveni, ricorda la stampa egiziana - per l'accordo raggiunto qualche giorno fa ad Addis Abeba da governo di Khartoum ed esponenti dell'Splm per mettere fine alle violenze nel Sud Kordofan e nell'Abyei. Anche se poi e' stato sconfessato in parte dal presidente Bashir.
Altre tensioni poi riguardano lo stato del Nilo Blu, per non parlare della guerra civile in corso dal febbraio 2003 nel Darfur. Ma anche lo stesso Sud, dove il partito di governo non ha ancora raggiunto accordi con le milizie pro-Khartoum, che continuano a seminare disordini e vittime nello stato di Jongley.
Scrive un commentatore del settimanale egiziano in lingua inglese, Ahram Weekly, che sono possibili ora tre scenari: pace, non facile, tra Khartoum e Giuba; guerra, lo scenario peggiore, ma poco probabile perché la proprietà del petrolio nel Sud e le strutture per ricavarne utili al Nord rendono l'uno dipendente dall'altro; né pace né guerra, il più probabile, anche se catastrofico, perché produrrebbe emorragie di risorse e fallimento di entrambi gli stati.