di Emanuela Gialli
Dopo Paolo Nespoli, è tornato anche lui, Roberto Vittori, partito il 16 maggio con l’ultimo volo dello Shuttle Endeavour da Cape Canaveral per la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). La navicella statunitense, che non si inoltrerà più negli spazi siderali ma finirà nel museo della NASA, è atterrata, senza la pesante zavorra, 8 tonnellate circa, dello Spettrometro Alfa. Il mostro tecnologico, da due miliardi di dollari, è stato agganciato, proprio da Vittori, alla ISS e lì resterà per i prossimi dieci anni per catturare l’antimateria. Roberto Vittori è Colonnello pilota sperimentatore dell’Aeronautica militare. Anche i prossimi astronauti italiani destinati ad andare nello Spazio, Maggiore Luca Parmitano e Tenente Samantha Cristoforetti, sono piloti dell’Aeronautica militare. Oltre a fornire la “materia prima” per quali altri aspetti è coinvolta e interessata l’Aeronautica militare nei voli aerospaziali? Lo abbiamo chiesto al Colonnello pilota Enrico Pederzolli, che segue da vicino le missioni italiane nello Spazio in quanto Vice Capo Ufficio ‘Politica Spaziale Aeronautica’ dello Stato Maggiore Aeronautica. “Innanzitutto esiste un Piano Spaziale, gestito dallo Stato Maggiore della Difesa. All’interno di questo Piano, che delinea obiettivi e ruolo nel settore Spazio, alcune materie sono delegate alle singole Forze armate. Il volo umano nello Spazio è di competenza dell’Aeronautica militare”. E fin qui ci siamo, ma il Col. Pederzolli ci ha spiegato che “l’ambito aerospaziale ricade nella competenza aeronautica” e comunque “l’interesse dell’Aeronautica militare deriva da una richiesta del nostro Governo di un sempre crescente impegno in questo settore”.
Con la possibilità di raggiungere in prospettiva dei traguardi ulteriori o di migliorare le attuali performances dei velivoli militari? Si parla di voli supersonici e ipersonici. A proposito, ci può spiegare la differenza?
Il volo supersonico va oltre la velocità del suono. L’ipersonico va a una velocità almeno cinque volte superiore a quella del suono. Mach 1 il primo, Mach 5 il secondo.
Tradotto in chilometri orari?
Consideri che la velocità del suono corrisponde a circa 1200 km/h a livello del mare. Quindi parliamo di 6000 km all’ora. Velocità ragguardevoli, possibili ai limiti dell’atmosfera. Sono velocità alle quali vola di solito lo Space Shuttle. In alcuni fasi del suo volo può superare di 20-25 volte la velocità del suono. La Forza armata è sicuramente interessata a questo tipo di tecnologie. Si tratta di campi di applicazione di interesse duale, sia civile che militare.
Le finalità restano comunque quelle della Difesa o possono andare oltre?
La responsabilità istituzionale che ci è delegata naturalmente è quella della difesa. E comunque noi guardiamo anche agli indirizzi che ci arrivano dalla Nato e dalle Coalizioni europee, dove c’è un crescente interesse verso lo Spazio.
Perché?
Già oggi le operazioni militari dipendono in buona parte da assetti spaziali, quali i satelliti. Per cui c’è la necessità di proteggere questi assetti, permettendo alle operazioni militari di essere condotte in sicurezza grazie al continuo apporto dei satelliti.
Lo Spazio possiamo dire che sia per lo più appannaggio delle forze militari?
No. Possiamo dire che siamo interessati ai servizi che ci possono dare i satelliti e dobbiamo preservarne l’operatività. In collaborazione con la componente civile.
Questo per quanto riguarda l’Italia. Poi dobbiamo moltiplicare per tutti i Paesi che collaborano in questa attività. Non vi sembra un po’ affollato di forze militari lo Spazio?
Nonostante le attuali tecnologie stiano rendendo possibili delle applicazioni di interesse militare nello spazio, sono ancora poche le Nazioni che hanno la capacità autonoma di accesso. Comunque noi siamo inseriti in Coalizioni – Nato ed Unione Europea - con le quali si guarda al nostro futuro, non dimenticando che la sinergia tra mondo civile e militare può raggiungere traguardi di rilievo in un settore dove l’Italia è tra le nazioni all’avanguardia.