I film del week end


Stampa

Corpo Celeste

di Sandro Calice

CORPO CELESTE
di Alice Rohrwacher. Svizzera, Francia, Italia 2011, drammatico (Cinecittà Luce)
Yile Vianello, Salvatore Cantalupo, Pasqualina Scuncia, Anita Caprioli, Renato Carpentieri, Monia Alfieri, Licia Amodeo, Maria Luisa De Crescenzo, Gianni Federico.

Corpo celeste è la Terra sulla quale viviamo, meravigliati di stare sospesi nello spazio, come racconta Anna Maria Ortese nel suo omonimo libro. E corpo celeste è anche Marta, la protagonista del film dell’esordiente Alice Rohrwacher che verso quel libro è debitrice di un’emozione, Marta che si muove fragile e sgraziata in un universo sconosciuto alla ricerca della sua strada.

A 13 anni Marta torna con la famiglia a Reggio Calabria, dov’era nata, dopo 10 anni in Svizzera. Il destino non è stato gentile con loro, non sappiamo come e perché, e la madre ha pensato di tornare con le sue due figlie dove almeno parenti e amici una mano possono darla. C’è un mondo di inquietudine e bellezza dentro Marta, come in quasi tutti i ragazzi, che si scontra, anche visivamente, con la disperata bruttezza che la circonda e che lei vede dal balcone di casa: una distesa di palazzi grigi costruiti a metà, canali inariditi come tagli sulla carne della città, periferie piene di immondizia e per questo di vita. Ovviamente Marta dovrà farsi la cresima, non ne può fare a meno alla sua età, così si toglie il pensiero. E conosce i ragazzi del posto, conosce Santa, l’insegnante, signora buona ma di una tristezza tragica, impara l’inno del corso, “Mi sintonizzo con Dio”, conosce Don Mario, prete affarista più dedicato al suo futuro che alle anime dei fedeli. Per incontrare qualcuno che finalmente le parli di Dio, Marta dovrà fare un piccolo viaggio, inaspettato e fondamentale.

Presentato alla Quinzaine des Realiseateurs a Cannes, “Corpo celeste” è un esordio interessante, di quelli che la critica ama. Lo sguardo di Alice Rohrwacher segue passo passo, proprio letteralmente, le emozioni e le scoperte di Marta, ed è uno sguardo discreto, che soprattutto non giudica, dove tra chiesa e degrado sociale sarebbe facile farlo. Una raffinatezza formale e di pensiero che però non possono non farci scorgere una cifra estetica, propria di molto cinema giovane italiano, che fa fatica a distaccarsi da modelli nobili e ad osare linguaggi diversi.

s.calice@rai.it