di Emanuela Gialli
“E’ come un incidente autostradale tra un Tir e un’utilitaria e tu sei sull’utilitaria”. Così ha descritto il suo ritorno sulla Terra l’astronauta italiano Paolo Nespoli in una video conferenza dal Kennedy Space Center di Houston, nella sede dell’Agenzia spaziale italiana a Roma. E sì perché, e questa è una riflessione fatta mentre ascoltavamo le sue parole, spesso delle missioni spaziali si è portati a cogliere gli aspetti più scenografici, la “levitazione naturale”degli astronauti, data dall’assenza di gravità, la suggestione delle immagini del Pianeta osservato dall’alto. E invece per chi va ad abitare temporaneamente lo Spazio sono qualcosa di molto diverso. Sono lavoro, sacrificio, fatica. E ogni partenza, ma soprattutto ogni rientro si trasforma in un vero e proprio trauma. “E’ una sequenza di eventi, senza alcuna sosta. Si sta legati, racchiusi in questo bozzolo di questo sedile della navicella. Prima sei schiacciato da questa forza di gravità altissima, poi scosso più volte. E una volta atterrati, la forza di gravità comincia a prenderti, a sollecitarti i muscoli che non hanno lavorato per sei mesi. Ti sembra di pesare 200 kg e riesci a malapena ad alzarti”. Ora Nespoli si dovrà dedicare alla riabilitazione. Prima fra tutte proprio quella dei muscoli. “Nei primi giorni faticavo a camminare dritto, sembrava che avessi bevuto un paio di bottiglie di vino. Sono ancora dolente in tutto il corpo. Ma questo è assolutamente normale”. E’ così, per loro tutto questo è normale. E allora la domanda più spontanea che vorresti fargli, “ma chi te lo fa fare”, torna indietro, viene cancellata dalle sue parole rassicuranti. “Uno pensa, ma come, sei arrivato dallo Spazio nel Kazakistan e due ore dopo sei di nuovo su un aereo, ti fai 20 ore di volo per tornare a Houston. Come si fa. E invece – ci dice Nespoli- per me è stato molto confortevole. Sono rimasto sdraiato tutto il tempo. E’ servito a farmi riassaporare gradualmente questa forza di gravità”.
E’ appassionato Nespoli, nel raccontare il suo rientro a terra. “Ci siamo fermati a Londra. Abbiamo preso una boccata d’aria in Labrador. Ed è interessante –prosegue galvanizzato da non si sa quale forza interiore- partire dal Kazakistan, dove ormai è già estate, arrivare a Londra, e qui è primavera inoltrata, poi il Labrador, un freddo 5 gradi. E infine a Houston, con 30 e passa gradi”. Che fisico bisogna avere. “E’ vero che ti chiamano Rambo i tuoi colleghi a Houston”, gli chiede il presidente dell’Asi, Saggese. Lui sorride: “No, quella è un’atra cosa”.
Asl di là dei soprannomi e delle battute, questi uomini e donne del mondo sono animati dalla voglia di conoscere. E rappresentano al meglio l’umanità nello Spazio. E pensare, ci dice Saggese dopo la conferenza, che “non prendono nulla di più per quello che fanno”. “Le spedizioni costano molto –spiega- ma a loro non va nulla in più”.
“A volte facciamo anche da cavia”, ci dice Nespoli in collegamento da Houston. “Ci preleviamo il sangue, per alcune specifiche analisi. Aggiustiamo gli scarichi del lavandino. Puliamo”. La giornata tipo per un’astronauta sulla Stazione spaziale qual è, gli chiediamo. “Ci si sveglia la mattina -notare che non usa il verbo alzarsi- e cominciamo subito a fare gli esperimenti, dopo esserci collegati con il Centro di controllo. Poi una pausa di un’ora per il pranzo, che io poche volte ho utilizzato, al massimo stavo in pausa per 15 minuti. Poi si riprende con le osservazioni e gli esami del laboratorio e due ore di esercizio fisico. Si arriva alle sette e mezza della sera e si fa il punto con il Centro di Controllo. E a quel punto la giornata sarebbe anche finita. Ma spesso io ho proseguito fino alle due di notte”. E si è visto dalla montagna di foto che Nespoli ha inviato su Twitter. “Come faremo ora senza le tue immagini”, gli chiede con affetto Saggese. E Nespoli ammette il suo “rapimento d’amore”. “Una volta ho fotografato un fulmine, attraverso le nuvole. E stato bellissimo vedere tutti i rami luminosi sprigionati dal lampo”.
A questo punto, ci sembra di leggere nel pensiero dei nostri lettori: “Tutto bene, ma che hanno scoperto?”. E infatti durante la conferenza è arrivata per Nespoli anche la domanda sugli esperimenti. “Abbiamo raccolto molti dati, che poi verranno elaborati sulla Terra”. E forse, per conoscerne il risultato, bisognerà aspettare anche due anni, o più, come ci precisa Daniele Laurini, del Directorate of Human Space Flights, Dipartment of Infrastructures and Projects, dell’Esa.
Ma che esperimenti sono? Chi li ha richiesti? E quali sono gli obiettivi. “Mediamente sulla Iss si fanno 150 esperimenti ogni 6 mesi”, sottolinea Saggese, nell’incontro nel suo studio al termine. “Un esperimento al giorno. In tutte le possibili scienze. Ad esempio noi stiamo preparando un esperimento per il prossimo astronauta italiano per conto di un medico che ritiene che la sclerosi sia dovuta in molti casi a una scarsa alimentazione, dal punto di vista del sangue, del cervello. E quindi stiamo sviluppando un collarino che si metterà intorno al collo dell’astronauta, per misurare il flusso del sangue, in presenza di gravità e non”.
Università, Istituti ed Enti dunque commissionano studi e ricerche. Partecipano ai bandi dell’Asi, precisa sempre Saggese, e vengono selezionati da una Commissione di esperti. I progetti scelti sono finanziati da chi li propone.
Dunque i risultati non si vedono ora, ma si vedranno.
Intanto abbiamo rivisto Paolo Nespoli sulla Terra. Un po’ stanco, ma sempre fortemente motivato. Prima del collegamento con Nespoli da Houston, all’Asi c’era stato quello con Vittori, ancora sulla Iss. Tornerà il 1° giugno. Ha risposto anche lui alle domande dei giornalisti, per un quarto d’ora “La prima sensazione che si ha passando dallo Shuttle alla Stazione è quella di uscire dal tunnel”, ha detto. E poi ha raccontato l’abbraccio con Nespoli.
Ma i momenti più forti delle missioni degli astronauti italiani restano e resteranno a lungo gli incontri virtuali con il Papa e con il Presidente della Repubblica. E’ Nespoli a sottolinearlo al termine di un’ora di conversazione con noi nella Sala conferenze dell’Asi. “So che è stato difficile organizzare il collegamento con il Quirinale. Ma Napolitano l’ha voluto. Ci ha dato molto”. E davanti ai nostri occhi è apparsa subito, come in un fermo immagine, il Tricolore da loro sventolato, con qualche difficoltà per l’ambiente in cui stavano, ma con tanto entusiasmo.
Vittori è colonnello dell’Aeronautica militare. Ha agganciato lo spettrometro Alfa alla Stazione. Ma ha anche portato “salsicce, parmigiano. E poi abbiamo mangiato insieme con gli altri colleghi dell’equipaggio. In questo è stato molto serio”, ha detto sorridendo Nespoli.
La Nasa per i prossimi giorni ha scelto di svegliare Vittori con il brano degli Zero Assoluto “Svegliarsi la mattina”. Peccato, per Nespoli, che lo abbiano fatto quando era già tornato sulla Terra.