Signor Presidente dell’ISIAO,
Signor Decano del Corpo Diplomatico Africano,
Signor Rappresentante dell’Unità Africana,
Signori Ambasciatori, Autorità,
Signore e Signori
Ringrazio l’ISIAO e ringrazio lei, Monsieur l’Ambassadeur Kamara Dekamo, per avermi invitato anche quest’anno alle celebrazioni per il 48mo anniversario della fondazione dell’Unione Africana.
In passato questa giornata era un invito – all’Italia, all’Europa, al mondo – a non dimenticare l’Africa. Oggi non è più così. Oggi è un momento per riflettere insieme quanto il nostro futuro, e penso soprattutto al Mediterraneo e all’Europa, sia legato a quello del continente africano. I compartimenti stagni, geografici o culturali, hanno via via ceduto il passo a un tessuto mondiale di sempre più fitti rapporti, scambi e vincoli di interdipendenza. Ormai, in questo nostro XXI secolo diversità, pluralità e multilateralismo si impongono definitivamente come tratti salienti delle relazioni internazionali. L’Africa si colloca pienamente in questo contesto. I primi cinque mesi del corrente anno sono stati caratterizzati da eventi e sviluppi, in Nord Africa, in Costa d’Avorio, in Sudan, in Somalia, che si sono posti e restano al centro dell’attenzione delle Nazioni Unite e della comunità internazionale.
Ma non è soltanto l’attualità, spesso drammatica, a farci guardare all’Africa con rinnovato interesse. In tutto il continente assistiamo a tendenze di fondo nel senso di una crescita nella domanda di democrazia, di rispetto per i diritti umani, di giustizia e di legalità – che accompagnano e sorreggono processi di sviluppo economico e sociale. La stagione delle autocrazie irresponsabili, sorde alla volontà popolare volge al termine ovunque. E in Africa artefici del rinnovamento sono i giovani, le donne, i ceti produttivi emergenti nelle città e nelle campagne. L’Africa ha voglia di cambiare in fretta. Da anni, ormai, il tasso di crescita dell’economia ha superato sensibilmente quello di accrescimento naturale della popolazione, trasformando le prospettive di sviluppo. La crescita può giovarsi – grazie anche alla riduzione dei conflitti e scontri armati – di fattori come le enormi risorse naturali, incluse quelle energetiche, e le prospettive aperte dalle nuove tecnologie, in particolare dall’informatica e dalle telecomunicazioni. Assistiamo ad un’ascesa della classe media, con conseguente crescita del ruolo della società civile, allo sviluppo di un’imprenditoria più diffusa e responsabile. Molto resta da fare – mirando a rafforzare la governance democratica – per lo sviluppo delle infrastrutture, per l’espansione del commercio, per l’integrazione regionale, per la sostenibilità ambientale ; e molto resta da fare per aiutare le popolazioni colpite da violenze, pandemie e carestie. Ma è un fatto che l’Africa ha imboccato, sia pure in modo diseguale, la strada di un’evoluzione virtuosa.
Egitto e Tunisia hanno finora superato un passaggio politico e sociale dirompente senza traumi gravi, grazie al senso di responsabilità della popolazione e delle autorità. Ci auguriamo che il cammino verso la democrazia prosegua nella complessa e delicata fase di transizione che si è aperta ; ci auguriamo che si rafforzi la tutela dei diritti umani e delle minoranze. L’Italia e l’Europa non faranno mancare il loro sostegno a processi di costruzione istituzionale in quei paesi.
In Libia purtroppo è ancora in atto un duro confronto. L’Italia vi è impegnata per dare piena attuazione alle risoluzioni 1970 e 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Auspichiamo che chi resiste agli appelli della comunità internazionale e continua a sfidarla desista al più presto, in modo che il popolo libico possa perseguire le sue legittime aspettative di libertà, giustizia e democrazia.
Dopo 20 anni di guerra civile. la crisi somala non deve essere dimenticata. L’instabilità che si riverbera sull’intera regione favorisce fenomeni quali il terrorismo, la pirateria, il traffico di esseri umani. Fondamentale è ovunque in Africa far progredire la causa della pace e della sicurezza. Un positivo esempio è dato dal fatto che il referendum sull’autodeterminazione del Sud Sudan si sia tenuto nei tempi e modi previsti dagli accordi di pace del 2005 e che il suo responso sia stato riconosciuto da tutte le parti con grande senso di responsabilità. In Africa occidentale, anche alla luce della aspra crisi ivoriana, appare chiaro che vanno sostenute le forze che si impegnino con coraggio e lungimiranza a consolidare forme di evoluzione democratica, garantendo trasparenza istituzionale e promuovendo crescita, contrastando tra l’altro lo spreco di risorse naturali spesso malamente sfruttate. Nello stesso tempo va combattuta ogni intolleranza religiosa e etnica. Così come vanno contrastate minacce gravi quali l’avanzare della desertificazione, le crisi alimentari e le emergenze umanitarie. In questo stesso giorno, 48 anni fa, nasceva l’Organizzazione per l’Unità Africana, trasformatasi poi in Unione Africana. Nelle ambizioni dei suoi fondatori l’integrazione regionale doveva essere il vero motore dello sviluppo del continente. Credo che oggi l’Unione inizi veramente a svolgere una funzione aggregante e positiva nelle dinamiche continentali. A sua volta, sin dalle sue origini la Comunità Europea fu consapevole dei suoi profondi legami con l'Africa. Nel maggio 1950 la Dichiarazione Schuman affermava che la messa in comune di mezzi di produzione e la solidarietà che si sarebbe stabilita fra i Paesi membri avrebbe posto l’Europa in grado di realizzare “uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano”.
Sessanta anni più tardi questa visione è oggi diventata una necessità reciproca. In un mondo sempre più competitivo, dove non esistono più le rendite di posizione di cui hanno a lungo goduto i paesi industrializzati europei e occidentali, il futuro dell’Europa dipende anche dalla capacità di favorire e sostenere una dinamica d’interdipendenza virtuosa e dinamica con l’intero continente africano.
Tale è la prospettiva che fa dell’ormai consolidato dialogo Unione Europea-Africa il perno dei nostri rapporti economici e politici. Questa ‘’indispensabile alleanza’’ ha superato una fase di prolungata incertezza ed è stata rilanciata in occasione del Summit di Lisbona del 2007, che ha segnato il superamento di uno schema tradizionale di rapporti fra donatori e beneficiari di aiuti, per puntare su un partenariato equilibrato, e su un nuovo impegno congiunto per promuovere e difendere valori comuni.
L’Italia intende essere un partner privilegiato e disinteressato per l’Africa, facendo leva anche su una risorsa preziosa come l’ISIAO, questo nostro storico Istituto. Ce lo impongono la storia, la cultura, la vicinanza geografica. Sebbene la crisi finanziaria ci abbia imposto severi vincoli di bilancio, siamo a fianco dell’Africa – con le nostre istituzioni, le nostre imprese, la nostra cooperazione allo sviluppo, per quanto ridotta nei mezzi disponibili, la nostra società civile – non solo per combattere le malattie, per diffondere l’istruzione, ridurre la povertà, ma anche per affrontare le nuove sfide globali come la lotta al terrorismo, il traffico degli esseri umani, il traffico di droga, i cambiamenti climatici. E’ con questo auspicio che mi rivolgo a voi e ai Paesi che rappresentate affinché tutti assieme rinnoviamo l’impegno a lavorare per la crescita complessiva di un continente che grazie alla sua popolazione giovane, al suo potenziale economico, alle sue ricchezze naturali e alla sua biodiversità incarna un’immensa promessa di speranza. Di un continente che può divenire un nuovo possente fattore di irradiazione dei valori di libertà e di giustizia nel mondo.