Irene Salvatori in mostra a Trastevere


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'La vita segreta delle ombre'

L’Atelier degli artisti a Roma si tinge di oro e nero

di Mariaceleste de Martino

Suggestivo il percorso tra sampietrini e palazzi del ‘600 che porta alla mostra “La vita segreta delle ombre” di Irene Salvatori, allestita nell’elegante e caratteristica galleria d’arte Atelier degli Artisti, in via dell’Arco di San Calisto 40, nel cuore di Trastevere, a Roma.

Una parte della mostra rappresenta chiaramente “la mia ricerca precedente” – spiega la pittrice – “Le donne con il chiaro scuro che un tempo erano molto caravaggiesche, dai chiaro-scuri molto più duri, ora invece più sfumati e morbidi, che incontrano un altro mondo già ampiamente esplorato che è quello della pop art”.

Un’immersione nel giallo oro, lucente e pieno di vita, e in un nero che fa da sfondo. Dipinti che parlano d’amore e di poesia in mostra fino al 25 maggio. Corpi nudi, senza volto, senza identità, tante le emozioni e i sentimenti espressi con sensualità filosofica. Dal Contorsionista a La Valigia, dall’Abbraccio agli Amori liquidi. “Sono attaccata in maniera morbosa al Tempo e oltre - racconta la pittrice - perché concentra sia la ricerca che faccio sulla metafisica, sia il mio passato archeologico e l’elemento filosofico, e all’interno di un quadro serve sempre un concetto forte. Penso che sia un buon equilibrio tra l’unione di due figure che coesistono, ma che non si armonizzano completamente con il tocco, ognuna ha la sua vita propria, ma condividono il medesimo messaggio”.

Ha un quadro, il suo preferito, che non è in vendita: “E’ difficile vendere qualcosa che è dentro di sé. C’è un quadro che molte persone avrebbero voluto comprare, offrendomi anche delle cifre interessanti, ma non abbastanza per distaccarmene. Quello resta mio. Si chiama Follia, autoritratto. Tutto è in vendita, ma non il cuore che piange per mia madre. Il giorno che mi hanno detto che mia madre sarebbe morta ero devastata, sono andata a casa in una sorta di trance. Ho dipinto tutta la notte ed è uscito fuori quel quadro. Era il 18 giugno 2008. L’unico mio quadro che non è in vendita”.

Laureata in filosofia, Irene Salvatori approda alla pittura dopo essersi formata all’Accademia libera di nudo a Roma e all’École nationale supèrieure des beaux-arts di Parigi. Viaggia in Europa, Medio ed Estremo oriente e Africa per soddisfare il bisogno di toccare con mano le civiltà amate e conosciute attraverso i suoi studi. Dopo aver lavorato come archeologa, docente di filosofia e dopo aver fondato l’associazione culturale Storicum, l’artista capisce che la pittura è la strada che più l’appassiona. Passa da uno “stile iperrealista, sviluppando un linguaggio sempre più sintetico, dove la forma si tramuta in concetto, un linguaggio che si propone come fusione di antico e moderno”.

L’evento diventa installazione con petali di rosa gialla sparsi sul pavimento di legno bianco lungo la parete sulla quale sono attaccati otto quadri che sembrano piangere gocce di pittura o rilasciare lacrime di gioia. I petali freschi sono la luce che man mano si scuriscono diventando marroni per rappresentare le ombre.

Particolare anche la tecnica usata: “Non uso il pennello” – spiega Irene Salvatori – “Uso la tecnica dello “spolvero”, una tecnica seicentesca che io ho “rispolverato” e resa moderna. Passando il colore strato su strato si costruiscono i volumi.

Dipinti che trasmettono calore e la voglia di proiettare sé stessi tra le sfumature delle ombre e delle luci. Immagini umane che parlano di umanità. Volti che non hanno né occhi, né bocche, né nasi, che si fanno osservare, ma che sono anche pieni di parole, suoni, odori e profumi della vita. Né donne né uomini, ma “esseri” che si intrecciano e si mischiano con degli oggetti che hanno una loro anima: i suoni del violino, il tempo che passa attraverso una clessidra, la valigia che trasporta il passeggero in un viaggio fisico e mentale. “Quando l’ho fatto mi identificavo nel personaggio che sta nella valigia. C’è l’immagine di Parigi, dove ho studiato, il Tibet, che rappresenta il mio passato, e New York, il mio progetto futuro dove vorrei proporre le mie opere”.

Alle mostre di Irene Salvatori troviamo sempre numerose chine. “Mi piace presentare non soltanto il quadro a olio, ma preferisco che si veda anche la parte più fresca e immediata dell’artista, ovvero il disegno” – dice l’artista -. “Credo che se un artista perde la parte bambinesca di sé in qualche modo ha perduto la creatività primaria, la primigenia, e l’artista non deve dipingere perché sogna delle cose, ma perché ha delle visioni . in qualche modo da sveglio tu sei proiettato in una dimensione che sia “altra”, e non “un’altra dimensione”.

Punta di diamante della mostra di Irene Salvatori, la sessualità morbida di una schiena femminile che risplende di sé stessa, come per voler sussurrare la forza dirompente del corpo e della potenza di essere donna brillante e indipendente che si fa accarezzare con arte e amare ad arte, sola, di spalle, con le sue curve percorse, non da un uomo, ma dall’amore.

“Un quadro non deve solo piacere” - spiega Irene Salvatori – “Deve essere un dialogo muto tra il quadro e la persona, che poi è lo stesso dialogo che ho avuto io quando ho dipinto il quadro. Chi lo compra lo compra per amore e non solo per metterlo sul divano. Tutti i miei quadri sono io”.


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