Atlante delle crisi


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Unhcr: luci ed ombre nell’esperienza italiana

Parla Laurens Jolles, delegato dell’Agenzia Onu per i rifugiati laurens_jolles_unhcr_296

“In Italia, la procedura per l’assegnazione dell’asilo funziona bene, e le commissioni territoriali lavorano in modo efficace. Anche il tasso dei riconoscimenti è piuttosto alto rispetto alla media europea”. Per Laurens Jolles, delegato dell’Unhcr (l’Agenzia Onu per i rifugiati), non ci sono però solo rose e fiori.

“I respingimenti in mare non avvengono più con le stesse dinamiche di due anni fa, ma la politica di fondo resta ed è negativa, perché lascia la porta aperta a un loro ripristino”, sintetizza. “L’Italia è orientata ad insistere con l’Ue per un pattugliamento armato del mare, non solo contro i traffici ma anche contro i migranti”. Sul tema degli arrivi dall’Africa settentrionale, “regna una grande confusione nell’opinione pubblica e nei media, e si è fatto un grande calderone senza alcuna distinzione tra clandestini, profughi, migranti economici e richiedenti asilo”. “Da Lampedusa abbiamo visto immagini drammatiche, che riflettevano soltanto l’imbuto costituito dall’isola: ciò ha creato una diffusa contrarietà nell’opinione pubblica, come se davvero l’Italia dovesse essere invasa da 60 milioni di persone”.

“Da anni l’Europa evoca un sistema comune per il conferimento dell’asilo politico che oggi non c’è”, ricorda Laurens Jolles. “La libera circolazione dev’essere un diritto per tutti, ma poiché manca una normativa unica europea sul tema, oggi i richiedenti asilo in un Paese sono costretti a rimanere in quel Paese”. “A proposito di Schengen, l’Italia deve avere il diritto di conferire il permesso di soggiorno a chi vuole. L’errore è stato presentare i permessi come una garanzia di libera circolazione nell’area Schengen, poiché anche la Francia ha il diritto di stabilire condizioni agli ingressi”.

“Quanto accade oggi in Europa è molto preoccupante: ci sono partiti che dicono cose impensabili 20 anni fa. L’intolleranza è palpabile, c’è paura e una xenofobia fomentata dalla politica”. “Quando in Siria arrivarono un milione e mezzo di iracheni, al ritmo di 7-8mila al giorno, il confine rimase sempre aperto, e il governo cercò di stemperare le tensioni. Lo stesso vale oggi per la Tunisia e gli esuli dalla Libia. In Europa invece si usano toni sbagliati e irresponsabili”.

“La sfida è difficile, non dobbiamo aspettarci molto dalla politica, ma propiziare un cambiamento dal basso”.

“Le persone prendono rischi enormi per partire via mare. In questo nuovo esodo dalla Libia, uno su 5 tra coloro che partono muore in un mare che è piccolo, chiuso e solcato e controllato da migliaia di navi. Si tratta di un dato allucinante. Noi stiamo cercando di dialogare con la Nato perché soccorra i migranti in difficoltà e si eviti che ciò continui ad accadere”. “Non credo tuttavia che i flussi migratori, anche più consistenti, rappresentino un problema ma piuttosto un’opportunità: le nostre economie, anche in tempi di crisi come questi, ne hanno bisogno”, conclude Laurens Jolles.

R. F.