Il Giappone dopo il sisma


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Fukushima, il mea culpa di Kan

Il primo ministro nipponico: 'Ripensare al nucleare' fukushima_centrale_fumo_296

Il primo ministro nipponico, Naoto Kan, fa 'mea culpa' e si espone in prima persona per risolvere la crisi nucleare di Fukushima annunciando di rinunciare allo stipendio da premier fino a quando la situazione all'impianto disastrato non sarà riportata sotto controllo. Kan ha aggiunto che e' necessario ''fermarsi un momento a rivedere da capo'' l'opzione nucleare, riferendosi in particolare al progetto di portare al 50% entro il 2030 la quota di energia elettrica prodotta dagli impianti atomici nazionali.

Sempre in materia di energia, Kan ha spiegato che, insieme al potenziamento della sicurezza nelle centrali nucleari, il Giappone promuoverà la realizzazione di una società basata sul risparmio energetico e l'utilizzo delle energie rinnovabili, come solare ed eolico. "La responsabilità di non aver evitato l'incidente è del gestore Tepco quanto del governo che ha puntato sull'energia nucleare come strategia nazionale, e per questo voglio porgere le mie scuse alla gente", ha dichiarato oggi Kan, chiamandosi per la prima volta tra i "responsabili" che hanno concorso a creare le condizioni per il disastro di Fukushima.

"Continuerò a ricevere lo stipendio come parlamentare, ma rinuncerò alla paga e ai benefit che spettano al primo ministro", ha spiegato Kan, che da giugno farà a meno del salario mensile da 1,64 milioni di yen (14.000 euro) e del bonus estivo da 2,17 milioni di yen (18.700 euro), rimanendo con la 'semplice' paga da parlamentare di 800.000 yen (circa 7.000 euro). La mossa ad effetto del primo ministro giapponese, che solo venerdì aveva sorpreso l'opinione pubblica chiedendo la chiusura precauzionale della centrale nucleare di Hamaoka, ad alto rischio sismico, era stata anticipata in mattinata da un gesto analogo di 'autopunizione' finanziaria da parte di un'altra figura di spicco della crisi nucleare. Masataka Shimizu, numero uno della Tepco, andando a chiedere aiuti di Stato per fare fronte agli enormi risarcimenti economici del dopo Fukushima, ha annunciato anche lui l'intenzione di rinunciare allo stipendio insieme ad altri dirigenti, come prova dell'impegno concreto a tagliare i costi di gestione del gruppo.

I gesti di Kan e Shimizu si inseriscono a pieno titolo nella consuetudine, fortemente nipponica, che vede il responsabile di turno pagare pubblicamente in prima persona per gli effetti di una crisi, esponendosi anche a situazioni al limite dell'umiliazione: è anche questo il caso di Kan e del presidente Tepco, che nelle scorse settimane hanno entrambi affrontato faccia a faccia gli sfollati di Fukushima, sopportando - in silenzio e a testa bassa - le critiche più dure della gente disperata. La rinuncia volontaria allo stipendio, inoltre, riflette uno dei sentimenti più diffusi nel Giappone post 11 marzo, il cosiddetto 'Jishuku' ('autolimitazioné): in tempi difficili niente eccessi, spese superflue o manifestazioni di sfarzo, soprattutto da parte di chi non è stato toccato direttamente dalla catastrofe (come gli abitanti di Tokyo) e, proprio per questo, si sente chiamato a esprimere la propria solidarietà rinunciando a qualcosa.