Giorno in memoria delle vittime del terrorismo


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Il peso delle bombe

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Sulla data di inizio e fine del periodo storico che va sotto il nome di “anni di piombo”, la discussione è ancora aperta. Comunemente, si considera che fu il Sessantotto a dare la stura alle contestazioni sociali, a sfondo politico. Ma fu la strage di Piazza Fontana il tragico evento di partenza per la stagione del terrore.

12 dicembre 1969: cinque attentati in 53 minuti. Piazza Fontana, Milano. Una bomba esplose nella sede della Banca dell’Agricoltura, a Milano. Morirono 17 persone. Altre 88 rimasero ferite. Un secondo ordigno era stato piazzato nella sede della Banca Commerciale Italia, in piazza della Scala. Fu trovato e fatto esplodere. Una terza bomba deflagrò alle 16.55 dello stesso giorno a Roma, nel passaggio sotterraneo che collegava l’entrata di via Veneto con quella di via San Basilio della Banca Nazionale del Lavoro, ferendo 13 persone. Sempre a Roma tra le 17.20 e le 17.30 altri due boati: una prima bomba esplose davanti davanti all’Altare della Patria, la seconda all’ingresso del Museo del Risorgimento, a piazza Venezia. Quattro feriti. L’inchiesta sulla strage si concentrò sugli anarchici. Valpreda, Pinelli. Pinelli fu arrestato il 12 dicembre, poche ore dopo l’attentato. Era già stato arrestato in primavera, per altri attentati che poi risultarono avere una matrice neo-fascista. Dopo tre giorni di interrogatorio, condotti dal commissario Luigi Calabresi, Pinelli muore, precipitando dal quarto piano della Questura milanese. L’inchiesta coordinata dal sostituto Procuratore Gerardo D’Ambrosio accertò la causa in un “malore attivo”. Il 16 dicembre venne arrestato un altro anarchico, Pietro Valpreda.

Sette processi in 38 anni. Contro anarchici ed esponenti di destra. Depistaggi dei servizi segreti. Il 3 maggio 2005 la Corte di Cassazione ha assolto definitivamente gli ultimi indagati: Delfio Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, di Ordine Nuovo). Franco Freda e Giovanni Ventura, di Ordine Nuovo, sezione Veneto, sarebbero stati condannati con le nuove prove emerse, precisano i giudici. Prove arrivate oltre il terzo grado di giudizio.

22 luglio 1970: Goia Tauro. Il direttissimo Palermo-Torino deragliò a 100 metri dalla stazione di Goia Tauro. Le cause non vennero mai accertate, ma nelle conclusioni del giudice istruttore del Tribunale di Palmi, risulta che l’attentato dinamitardo è l’ipotesi più probabile. Il treno entrò in stazione alle 17.10. I macchinisti, dichiararono, avvertirono “un forte sobbalzo”. Azionarono il freno di emergenza. Il convoglio trasportava 200 persone, tra cui 50 pellegrini provenienti da Lourdes. Sei morti, 70 feriti.

Una settimana prima c’era stata una rivolta di Reggio Calabria contro la nomina di Catanzaro a capoluogo di Regione, capitanata dal Movimento Sociale Italiano. Il 13 luglio la città scioperò.

Tra il 20 luglio e il 21 ottobre del 1972 agli atti del Ministero degli Interni risultano 44 atti dinamitarde, 24 a tralicci, rotaie e stazioni ferroviarie. La prima inchiesta scagionò i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, ma “ventilò” l’ipotesi dell’attentato.

Nel 1993 il caso fu riaperto, per effetto delle dichiarazioni due pentiti della ’Ndrangheta. Uno dei due era Giacomo Ubaldo Lauro. Disse che Silverini, neofascista, suo compagno di cella, gli confessò di avere un conto alla Bnl per la bomba messa sulla tratta Bagnara-Gioia Tauro. La sua testimonianza fu confermata da un altro pentito, Carmine Dominici.

Il processo si chiuse in Corte d’Assise nel gennaio 2006, con l’unica condanna a carico di lauro per “concorso anomalo in omicidio plurimo” (aveva fornito l’esplosivo, nel suo ruolo di uomo della ‘ndrangheta, ndr). Il reato però era già estinto.

17 maggio 1972 , l’omicidio Calabresi. Il Commissario della squadra politica della Questura di Milano venne freddato da due uomini davanti alla sua abitazione. Dopo il suicidio dell’anarchico Pinelli, nell’ufficio del Commissario, per tre giorni, allora il fermo di polizia poteva durare massimo 48 ore, Lotta Continua iniziò una campagna di stampa contro Luigi Calabresi. Per l’assassinio furono condannati dalla Cassazione nel 1997 Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, come esecutori materiali, e Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, come mandanti.

31 maggio 1972: Peteano. Frazione di Gorizia. Una telefonata anonima segnalò la presenza di un’auto con due colpi sul parabrezza, vicino alla ferrovia, sulla strada per Savogna Sopraggiunsero tre “gazzelle” dei Carabinieri. Cercarono di aprire il cofano della vettura, ma esplose. Tre carabinieri uccisi, Antonio Ferraro, 31 anni, Donato Poveromo e Franco Dongiovanni di 33 e 23 anni. Altri due rimasero feriti.

Vincenzo Vinciguerra, di Ordine Nuovo, confessò di aver compiuto la strade insieme all’altro neofascista Carlo Cicuttini, che era fuggito in Spagna. Venne catturato 26 anni dopo la strage, nel 1998. Vinciguerra sta scontando l’ergastolo.

17 maggio 1973: Questura di Milano. Durante la cerimonia di commemorazione per l’omicidio del commissario Calabresi, in cui il ministro dell’Interno Rumor scoperchiò il busto dedicato al funzionario della Polizia, un grosso ordigno esplode in mezzo alla folla. Quattro morti, 52 feriti. Era una bomba a mano. L’attentatore venne subito immobilizzato e arrestato. Era l’anarchico Gianfranco Bertoli.

28 maggio 1974: piazza della Loggia, Brescia. Una bomba collocata in un cestino portarifiuti venne fatta esplodere durante una manifestazione dei sindacati contro il terrorismo neofascista. Otto morti, tutti insegnanti e operai, 102 feriti.

La prima istruttoria portò alla condanna nel 1979 di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana. Un secondo filone di indagine, aperto nel 1984 a seguito delle rivelazioni di pentiti, mise sotto accusa altri rappresentanti della destra eversiva. Gli imputati furono assolti in primo grado nel 1987, per insufficienza di prove, e prosciolti in appello nel 1989, con formula piena. La sentenza fu confermata in Cassazione. Anche la terza istruttoria è arrivata alla Suprema Corte che, nel 2005, ha ratificato la richiesta di arresto per Delfio Zorzi, già accusato per la strade di piazza Fontana a Milano, oggi cittadino giapponese e dunque non estradabile. Il 15 maggio 2008 è stato rinviato a giudizio insieme a Carlo Maria Maggi, anch’egli indagato per piazza Fontana, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi. I primi tre erano all’epoca militanti di Ordine Nuovo, fondato nel 1956 da Pino Rauti e sciolto nel 1973 dal ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani. Delfino era capitano dei Carabinieri. Maifredi collaboratore del ministro Taviani. Il 16 novembre 2010 la Corte d’Assise ha assolto tutti gli imputati con formula dubitativa e disposto il “non luogo a procedere” per Tramonte.

4 agosto 1974: San Benedetto Val di Sambro, Bologna. All’1.23, nella vettura 5, dell’Espresso Roma-Monaco di Baviera, via Brennero, chiamato Italicus, esplode una bomba. Aldo Moro si sarebbe dovuto trovare a bordo del treno, quella sera, ma lo perse perché venne raggiunto da alcuni funzionari del Ministero e fatto scendere all’ultimo momento per firmare delle carte. Dodici morti, 48 feriti. L’attentato venne rivendicato da “Ordine nero”. Gli autori materiali non sono stati mai individuati. Per la commissione Parlamentare sulla Loggia P2 “la strage è ascrivibile a una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista, operante in Toscana”.

16 marzo 1978: rapimento di Aldo Moro. Era il giorno dell’insediamento del nuovo governo Andreotti. L’auto che avrebbe dovuto portare l’onorevole Aldo Moro alla Camera dei Deputati venne bloccata in via Mario Fani, a Roma, da un commando delle Brigate Rosse. I terroristi uccisero i due carabinieri a bordo, Oreste Leonardi e Domenico Ricci, i tre poliziotti che viaggiavano sulla vettura di scorta (Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) e sequestrato il presidente della Dc. Dopo 55 giorni di prigionia, il 9 maggio, fu ritrovato moro nel portabagagli di una Renault 4 rossa, lasciata in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure, a poca distanza dalla sede del Partito Comunista e dalla sede della Democrazia Cristiana di piazza del Gesù. Le indagini furono affidate ai giudici istruttori Ferdinando Imposimato e Achille Gallucci.

Cattura e conclusioni dei processi - Corrado Alunni: arrestato nel 1978. Marina Zoni:arrestata nel 1978. Valerio Morucci: arrestato nel 1979 venne condannato a vari ergastoli. Fu lui a chiamare la famiglia di Moro durante il sequestro. Rilasciato nel 1994 oggi si occupa di informatica. Barbara Balzerani: catturata nel 1985 e condannata all'ergastolo. In libertà vigilata dal 2006. Mario Moretti: catturato nel 1981 e condannato a 6 ergastoli. Dal 1994 è in semilibertà e lavora da oltre 14 anni per la regione Lombardia. Alvaro Lojacono: fuggito in Svizzera non ha mai scontato un solo giorno di prigione. Alessio Casimirri: fuggito in Nicaragua, oggi gestisce un ristorante a Managua specializzato in frutti di mare. Rita Algranati: catturata al Cairo nel 2004, sta scontando l'ergastolo. Adriana Faranda: arrestata nel 1979 è stata rilasciata nel 1994 per la sua collaborazione con le forze dell'ordine. Prospero Gallinari: già latitante per il sequestro del giudice Mario Sossi, durante il caso Moro, e successivamente catturato nel 1979, è stato rilasciato nel 1994 per motivi di salute.

2 agosto 1980, Stazione ferroviaria di Bologna. Alle 10.25 , nella sala d’aspetto di 2° classe, un ordigno a tempo contenuto in una valigia abbandonata esplose, causando il crollo dell’ala ovest dell’edificio. L’onda d’urto investì anche il treno Ancona-Chiasso, in sosta sul primo binario. Si contarono 85 morti. L’esplosione provocò il ferimento o la mutilazione di oltre 200 persone. La bomba era composta da 23 kg di esplosivo, una miscela di 5 kg di tritolo e T4 detta "Compound B", potenziata da 18 kg di nitroglicerina ad uso civile.

Il processo inizia il 19 gennaio 1987. Si conclude il 23 novembre 1995, dopo due passaggi in Cassazione e due dibattimenti in appello. Condannati all’ergastolo, come esecutori, i neofascisti dei Nar Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. L’ex capo della P2, Licio Gelli, l’ex agente del Sismi Francesco Pazienza e gli ufficiali del Servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini. Il 9 giugno 2000 la Corte d’Assise di Bologna emise nuove condanne per depistaggio: 9 anni di reclusione per Massimo Carminati, estremista di destra, e quattro anni e mezzo per Federigo Mannucci Benincasa, ex direttore del Sismi di Firenze, e Ivano Bongiovanni, delinquente comune legato alla destra extraparlamentare.

Nel 2007 venne confermata la condanna a 30 anni per Luigi Ciavardini, altro autore della strage. (Egi)