Appuntamento a Venezia il 4 giugno


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Biennale 54, ILLUMInazioni

L'arte come luce per far luce (anche) sul reale

di Federica Marino

Con la presentazione del Padiglione Italia al Mibac comincia il countdown per la 54esima Biennale d’Arte di Venezia, che apre il 4 giugno per concludersi il 27 novembre.

Articolata nei luoghi ormai storici, che la videro nascere 116 anni fa, anche l’edizione 2011 conferma la vocazione duplice che la Biennale si è data nel 1999: esplorare e valorizzare la produzione nazionale dei Paesi ospiti – come una Expo dell’arte, in una cifra quasi “positivistica” nella scia della storia – e documentare lo stato dell’Arte attraverso la scelta espositiva del curatore, che detta il tema agli artisti invitati.


Ne possono risultare connubi, parallelismi e dissonanze, ugualmente validi criteri per leggere il fenomeno e il momento artistico: lo sottolinea il presidente Baratta quando parla di una “macchina del vento” che scuote antichi rami e scopre nuovi germogli e non lascia mai nulla com’era prima.

E allora vediamo che aria tira a Venezia: sul versante “Padiglioni”, si contano ottantanove Paesi rappresentati, dodici più della scorsa edizione.. Quattro le new entries assolute – Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh, Haiti – e due ritorni di peso, dopo anni di assenza: l’Iraq, per la prima volta in un padiglione nazionale e l’India. Lo sguardo è deciso verso Oriente, le tematiche sono globali: l’Acqua ferita di Baghdad, Morte e fertilità nella Haiti percossa dal terremoto, l’esplosione dell’universo indiano e le antiche radici della modernità bengalese. Andorra va Oltre la visione con due artisti che assecondano ed ampliano il tema della mostra del Curatore. I paesi ospiti hanno del resto la massima autonomia rispetto a questo: possono infatti ispirarvisi o ignorarlo, in piena libertà

ILLUMInazioni: così Bice Curiger ha voluto chiamare la “sua” Biennale. Illuminazioni attraverso le nazioni è il primo significato: spingere oltre la geografia la potenza epifanica del fenomeno artistico. E poi sottolineare la capacità di “fare luce” che è propria dell’esperienza creativa, per il creatore come per lo spettatore; superare, ancora, il confine tra i due, nel momento in cui il processo artistico li coinvolge in uguale misura. E rendere “reale” l’arte, riportandola nel flusso della storia, anche quando è astratta: ad esempio veicolando valori e diritti, in forme diverse. Ottantadue gli artisti invitati.

E poi ci sono le illuminazioni del Tintoretto: le tre grandi tele del pittore rinascimentale veneziano – l’Ultima Cena, il Trafugamento del corpo di San Marco e la Creazione degli Animali prestate da Venezia alla Biennale - non veicolano l’ormai consueta provocazione della “attualità dell’antico”, ma – come segnala Curiger nella sua presentazione – nella continuità del radicamento territoriale esaltano la potenza quasi fotografica del tratto del Tintoretto e la portata rivoluzionaria del suo “illuminare” le tele.

Il Padiglione Italia, curato da Vittorio Sgarbi, dichiara che “L’Arte non è Cosa nostra”: oltre duecento gli artisti, scelti da un Comitato di Intellettuali “non-critici d’arte”, proprio a sottolineare come la produzione artistica debba uscire da una consolidata autoreferenzialità. Iniziative speciali per i 150 anni dell’Unità d’Italia e gli allievi scelti dalle venti accademie italiane di Belle Arti a rappresentare il futuro.

Cinquantasette gli eventi collaterali in diverse sedi espositiv, che si aggiungono ai luoghi tradizionali della Biennale: l’Arsenale, i Giardini con il Padiglione centrale e quelli nazionali, il Padiglione Italia alle tese delle Vergini.