di Bianca Biancastri
Mille donne e duemila bambini continuano a morire ogni giorno per complicazioni al momento del parto facilmente evitabili se anche ci fosse soltanto un’ostetrica. Non è così per 48 milioni di mamme che nel mondo partoriscono da sole. Questi i dati che danno la misura delle enormi distanze che ancora separano i paesi industrializzati da quelli in via di sviluppo,con la Norvegia in cima alla classifica delle nazioni dove mamme e bambini stanno meglio e l’Afghanistan all’ultimo posto nel mondo, secondo l’”indice delle madri” diffuso da Save the Children nel 12esimo Rapporto sullo stato delle madri nel mondo. L’Italia, paese industrializzato, se la cava ma perde posizioni soprattutto a causa della condizione della donna e al suo ruolo nella società, a partire dalla presenza in Parlamento, nel mondo del lavoro (dove siamo i penultimi in Europa), dei servizi per la salute, e del limitato ricorso alla contraccezione.
“Siamo tutti mamme”, donne e uomini perché salvare la vita di un bambino è come farlo rinascere. Con questo slogan Save the Children rilancia in questa occasione la campagna globale Every One per dire basta alla mortalità infantile con una raccolta fondi attiva fino al 25 maggio. Con Every One l’organizzazione si sta impegnando a salvare 2 milioni e 500mila bambini entro il 2015, a raggiungere con programmi di salute e nutrizione circa 50 milioni tra donne in età fertile e bambini.
“Ogni anno si potrebbe salvare la vita di 1,3 milioni di neonati e di decine di migliaia di donne se i parti avvenissero in presenza di un’ostetrica o di personale sanitario con competenze analoghe..Così come altri milioni di morti infantili dovute a malattie ormai debellate nei paesi industrializzati potrebbero essere evitate con semplici ed economiche misure, dall’allattamento al seno, ai vaccini, all’utilizzo di un antibiotico o sali reidratanti”, dice Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, al quale chiediamo di parlarci della situazione delle madri nel mondo.
Rispetto all’ultimo rapporto sullo stato delle madri nel mondo che cosa è cambiato, quali i progressi e quali invece i passi che ancora assolutamente si devono fare?
“Purtroppo nell’insieme il quadro rimane molto severo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, nonostante qualche progresso, come quello per esempio del Botswana, paese in cui anni fa c’erano moltissimi problemi legati all’Aids, e che adesso sta migliorando per quanto riguarda la situazione materno-infantile. E poi ci sono stati anche dei regressi, come quello del nostro Paese. L’Italia fino a un anno fa era al 17esimo posto della graduatoria mondiale dei 164 Paesi presi in esame dal nostro rapporto e ora è invece al 21esimo posto. Non è che in un anno per la situazione materno-infantile sia cambiato molto nel nostro Paese, ma sono gli altri che sono andati meglio, come la Francia e la Spagna che ci hanno superato. Quindi noi, anche stando fermi, siamo arretrati.
Questo accade perché l’indice utilizzato nel rapporto è composto anche da elementi di interesse socio-culturale. D’altronde sappiamo da anni che il benessere di un bambino è legato al benessere della madre, soprattutto nei primi anni di vita. E non si deve mirare soltanto a un benessere momentaneamente fisico perché una donna può stare oggi bene fisicamente ma poi essere incapace di mantenere il proprio figlio, incapace di lavorare, di avere un ruolo nel proprio paese o nel proprio villaggio, e questo comporterà a distanza di qualche tempo anche grosse conseguenze per il figlio. Perciò gli indici sono costruiti sulla scolarizzazione della mamma, sulla partecipazione della madre alla vita diciamo politica (che in Italia ha un senso, in Botswana ne può avere un altro ma non meno importante), sul rapporto di quanto guadagna una donna rispetto a un uomo, sull’uso della contraccezione anche perché sappiamo che una mamma che sceglie di avere un figlio è una mamma più consapevole che oltre ad amare il suo bambino sa di poterlo aiutare realisticamente. Una donna che a 17 anni è costretta ad avere 3, 4, 6 figli, che speranza può dare a questi bambini? Dunque la contraccezione consapevole è un altro di quegli elementi che ti dà il senso della capacità di una donna di avere figli sani e felici”.
Ricordo che nell’ultimo rapporto anche gli Stati Uniti non occupavano i primi posti della classifica….
“Sì infatti, sono trentunesimi. Negli Stati Uniti, per esempio, se una donna lavoratrice va in maternità può stare a casa per 12 mesi ma non prende indennità e poi abbiamo visto il presidente Obama quanti problemi ha avuto a inserire per la prima volta una riforma sanitaria. Dobbiamo ricordare che l’impatto sanitario su una donna in gravidanza, soprattutto nel grande Sud e nel Centro degli Stati Uniti, non a New York o a Los Angeles, significa molto. Quindi gli Stati Uniti hanno un’arretratezza, devo dire sociale, sull’attenzione alla maternità che poi pagano. La Francia e la Norvegia stanno sicuramente meglio”.
E gli Obiettivi del Millennio che il mondo si è impegnato a raggiungere entro il 2015, in particolare il IV e il V, per debellare la mortalità materno-infantile?
“Siamo molto lontani. Save The Children pubblica questi rapporti per ricordare che gli Obiettivi del Millennio IV e V che nel 2015 devono portare a una riduzione di un terzo della mortalità sono molto lontani dall’essere raggiunti. Qualche progresso c’è. Il problema è che se c’è qualche progresso, il mondo dovrebbe allora dire: ci sono progressi, facciamo ancora di più! E invece è proprio questa lentezza dei progressi che uccide 8 milioni di bambini ogni anno”.