di Sandro CaliceSOURCE CODE
di Duncan Jones. Usa 2011, fantascienza (01 Distribution)
Jake Gyllenhaal, Vera Farmiga, Michelle Monaghan, Jeffrey Wright, Russell Peters, James A. Woods, Michael Arden, Cas Anvar, Joe Cobden, Neil Napier, Gordon Masten, Craig Thomas, Susan Bain, Kyle Allatt.
Uno può essere un caso, due comincia a essere una certezza. Dopo lo straordinario esordio con “Moon”, Duncan Jones, incidentalmente figlio di David Bowie, ci regala un altro grande lavoro, probabilmente insieme con “Inception” il miglior film di fantascienza degli ultimi anni.
Il capitano dei marines Colter Stevens (Gyllenhall) si sveglia all’improvviso in un treno che viaggia verso Chicago. Di fronte a lui Christina (Monaghan), una donna che non conosce ma che sembra conoscerlo benissimo, anche se lo chiama con un altro nome. Colter guarda i documenti, si guarda nello specchio, e vede una faccia che non è la sua. Ma non ha nemmeno il tempo di capire, il treno esplode uccidendo tutti. Colter si risveglia in una sorta di capsula, l’unico contatto con l’esterno è un monitor dove appare il volto di Goodwin (Farmiga) che gli spiega per quale missione è stato reclutato. Il treno su cui Colter è appena stato è già esploso, nel recentissimo passato, e l’attentatore ha minacciato di far esplodere una bomba ancora più potente nel cuore della città. Ma i militari dispongono di una tecnologia sperimentale, il Source Code, in grado di rimandare la coscienza di un loro uomo nel corpo di uno dei passeggeri del treno, per scoprire il terrorista e fermarlo. Colter però avrà solo 8 minuti, potrà provarci più volte, sarà costretto a farlo, ogni volta dovrà raccogliere indizi e pezzi di prove, rivivrà quella morte in continuazione, ma sempre solo per 8 maledetti minuti.
Ispirato dai racconti di Dick, Jones costruisce un racconto che funziona come un orologio, in cui tornano alcuni elementi di “Moon” (l’isolamento, l’ambiente claustrofobico, il concetto di umanità, l’uomo che si adatta a una situazione sconosciuta), nel quale, aiutato da un montaggio superbo e da ottimi attori, conferma l’abilità a tenere la tensione alta con il minimo indispensabile, senza effetti e furbizie. Cosi che non è necessario comprendere appieno il meccanismo “scientifico” o interrogarsi sulla tenuta delle teorie di fisica quantistica su universi e realtà parallele, ma ci si può semplicemente godere il thriller, fantascientifico o psicologico che sia. In ogni caso non uscirete “spensierati” dalla sala, e Jones avrà colto di nuovo nel segno.
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