"Ascolta la mia voce
perché è la voce delle vittime
di tutte le guerre
e della violenza tra gli individui e le nazioni.
Ascolta la mia voce,
perché è la voce di tutti i bambini
che soffrono e soffriranno
ogniqualvolta i popoli ripongono la loro fiducia
nelle armi e nella guerra"
di Rita Piccolini
Il testo di questa poesia è di Karol Wojtyla. Cosa c’è di meglio che ricordare la figura di Papa Giovanni Paolo II usando le sue stesse parole. Del resto nel voler rendere omaggio a un uomo che ha parlato al cuore di milioni di persone nel mondo, credenti e non, nel giorni in cui la Chiesa porta a compimento il processo della sua beatificazione, si prova un senso di inadeguatezza molto simile al pudore.
Non è parlare della sua vita, raccontare gli episodi salienti della sua biografia, mostrare le sue storiche foto, a essere difficile, ma descrivere le sue qualità, quelle che gli hanno consentito di toccare il cuore e la sensibilità di tanti, anche lontani e critici rispetto al Cattolicesimo o alla religione tout court, questo sì è veramente complicato, quasi impossibile. Esemplare in tal senso la riflessione che Arrigo Levi ha scritto per l’Osservatore Romano: “Non sta a me, ebreo non praticante, di fede laica, impegnato come tale in quell’intenso dialogo che di anno in anno acquista forza e dà speranza a un mondo che nutre vaste paure per il proprio futuro, giudicare questo Papa per ciò che egli ha rappresentato nella storia della Chiesa cattolica. Ma sento il dovere di rendere omaggio… al moto di rinnovamento iniziato dallo spirito luminoso di Giovanni XXIII e dal Concilio Vaticano II… ricevendo l’impronta… del vigore ideologico e della sicurezza di fede di Giovanni Paolo II che ha portato questo nuovo vangelo in tutti gli angoli della terra”.
Molti ci hanno raccontato nei lunghi anni del suo pontificato, dal 1978 al 2005, della sua vita, delle sue scelte, dei suoi messaggi, della sua politica. Li ricordiamo molti di questi atti, perché appartengono alla storia di tutti noi. Ripensandoli è possibile ripercorrere gli ultimi trenta anni del “secolo breve” e tutte le guerre, le dittature, le persecuzioni e le tragedie che lo hanno caratterizzato. Tante tragedie, e il loro superamento, in parte o del tutto, e soprattutto le terribili contraddizioni che l’uomo moderno si trova a vivere in un mondo spaccato, diviso tra ricchezza, benessere e povertà estrema, tra sfruttamento e solidarietà, tra ecumenismo e guerre di religione. Sì, proprio guerre di religione, come nel medioevo.
Karol Wojtyla, che divenne Papa da giovane nel pieno della maturità e della prestanza fisica, ha fatto parte di questa storia senza mai risparmiarsi, comunicando con energia anche quando le forze scemavano, fino alla fine, al termine della vita, allorché lo abbiamo visto ormai vecchio e malato ma sempre presente, comunicare con caparbietà e coraggio a un mondo i cui valori fondamentali , accanto alla ricchezza e all’affermazione sociale, sono soprattutto la bellezza e la giovinezza. Ha continuato a comunicare il messaggio di Cristo, senza paura di mostrarsi nella sua fragilità estrema. Molti lo hanno criticato anche per questo, addirittura all’interno della comunità dei credenti. Alcuni hanno parlato di dimissioni, come se fosse possibile che Giovanni Paolo II si dimettesse da se stesso. Molti lo hanno invece contestato, soprattutto in relazione ai contenuti etici in contrasto con quelli della cosiddetta società civile. Si è detto di lui che era meno sofisticato e moderno di altri pontefici proprio sui valori etici della modernità. Per alcuni laici è stato reazionario e portatore di valori antiquati. Certamente però ha parlato a tutti, con tutti e di tutto e ha lasciato un segno indelebile.
Allora forse sono proprio le sue preghiere e le sue stesse poesie, quasi tutte scritte in polacco, a poter parlare adeguatamente di lui. In questi giorni in cui in tutte le librerie e in tutte le edicole è possibile acquistare libri, biografie, raccolte fotografiche, è stato pubblicato anche il libro delle sue poesie: “Le mie preghiere, le mie poesie”, a cura di Santino Spartà, Newton Compton Editori. Non è una raccolta organica di testi poetici, ma semplicemente i testi di preghiere e poesie redatte negli anni, nella sua lingua madre, che vengono pubblicate con il testo originale a fronte.
Quello che colpisce di più delle preghiere di Wojtyla, vibranti di fervore umano e di convinzioni profonde, e delle sue poesie, ricche di intensità interiore e di risorse espressive, è la semplicità. La freschezza, l’immediatezza, la spontaneità con cui vengono espressi gli importanti contenuti del suo messaggio sono gli elementi che maggiormente emozionano. Al centro del suo mondo poetico, che racconta di un’esperienza umana che è al tempo stesso strumento pastorale, i temi più cari alla sua riflessione: la pace nel mondo, prima di tutto, e poi la preoccupazione per la vita dei giovani, dei nostri figli, che son il futuro.
Santino Spartà, scrittore e giornalista che ha curato la raccolta scrive nell’introduzione, citando a sua volta il poeta inglese G. M. Hopkins:”Sono proprio i poeti che hanno composto le più belle preghiere”.