di Valerio Ruggiero
“La capacità militare del regime di Gheddafi è stata sopravvalutata. L’esercito libico oggi come oggi non c’è. Sono rimasti alcuni dei suoi fedeli, quelli che erano o sono coinvolti in reati contro il popolo libico e che devono sostenerlo per forza. Per loro è la vita o la morte. Ma quelli che davvero combattono per Gheddafi sono i mercenari. Dall’Algeria, dalla Serbia, dalla Russia, dall’Africa sub-sahariana. In prima fila i libici sono pochi”. Elarbi Yusef, ex Contrammiraglio della Marina libica, non crede nella potenza militare sbandierata dal raìs. Dal 1976 al 1986, in base a contratti tra le Forze armate italiane e libiche, fu capo missione alla Spezia: era responsabile per gli acquisti militari e la costruzione delle navi da guerra della Marina di Tripoli. Alcuni anni fa si dimise dall’incarico. Ora sostiene la battaglia dei ribelli contro il regime.
Gli insorti non sembrano bene armati né bene organizzati, tranne a Misurata. L’Europa è divisa sull’invio di armi ai ribelli e per ora manda solo gli addestratori. Basteranno?
“Faccio io una domanda: che cosa devono addestrare se non forniscono le armi? La gente non era organizzata perché non voleva cominciare una guerra: manifestava pacificamente, e le milizie di Gheddafi hanno cominciato a sparare. Poi, gli insorti sono disarmati, perché le armi che hanno sono state conquistate ai fedeli di Gheddafi che scappavano, abbandonando le caserme e le loro postazioni con tutto quello che c’era dentro”.
Ma le armi stanno già arrivando?
“Ci sono alcune promesse da parte dell’Italia e dei Paesi occidentali che noi chiamiamo sostenitori della rivolta, e anche da alcuni Paesi arabi. All’inizio devono essere promesse, dopo di che cominciano i fatti. Se vogliono far finire la guerra, i passi concreti devono sicuramente seguire le promesse”.
In Occidente si discute anche dell’invio di truppe di terra, andando oltre la risoluzione 1973 dell’Onu. Come sarebbero accolte dalla popolazione libica?
“Sarà difficile per noi libici accogliere truppe di terra. Al momento attuale non servono. Basta concentrare bene le azioni della Nato, coordinarle meglio con gli insorti sul terreno, e fornire le armi ai rivoluzionari: in pochissimo tempo saranno loro a giocare quel ruolo. Da terra bisogna fornire le informazioni precise sui bersagli, per poterli colpire con gli aerei. Purtroppo il regime non rispetta i civili, e infila carri armati e cannoni nei quartieri abitati. Serve più coordinamento”.
Molti militari stanno disertando. Crede che le forze armate ancora fedeli a Gheddafi possano abbandonarlo, costringendolo a gettare la spugna?
“Quelli che potevano scappare lo hanno già fatto. Chi invece è coinvolto in qualche reato contro il popolo non cambia idea facilmente. Deve combattere per sopravvivere, per cercare di tornare alla situazione di prima. Ma è impossibile”.
Quanto è vasto il sostegno che il regime ancora gode nel popolo libico?
“Non credo che arrivi all’uno per cento. Le scene che fanno vedere in televisione sono un montaggio, sono solo propaganda”.
Si è parlato di integralisti e miliziani di Al Qaeda infiltrati tra gli insorti
“E’ ancora la propaganda del regime. In Libia non esistono estremisti né fanatici: siamo gente che pratica la propria religione in modo corretto, tranquillo, rispettoso delle altre religioni. La società libica è conservatrice, il popolo non accetta né permette l’estremismo o infiltrazioni di Al Qaeda.”Molti, anche alla Nato, sostengono che la soluzione non può essere solo militare. Ma gli insorti rifiutano di negoziare finché Gheddafi e i suoi figli non siano usciti di scena. Che margini di trattativa ci sono per trovare un accordo? Il raìs accetterà mai di andarsene?
La storia ci insegna che le guerre non risolvono mai tutte le questioni definitivamente: alla fine bisogna sempre dialogare, trovare una soluzione diplomatica, ma è impossibile finché Gheddafi non avrà lasciato il potere. Gheddafi non accetterà di partire per due motivi, uno interno e uno esterno. All’estero ha una storia poco brillante: cercava di conquistarsi gli amici pagandoli, ma così acquisti amici di cui non ti puoi mai fidare. Ed è ricercato da parte della giustizia internazionale. Sul fronte interno, sono 42 anni che sta al potere: il popolo libico è stanco, desidera un po’ di aria pulita, di libertà. Vogliamo creare un Paese pacifico, convivere con tutti, in prima fila con i nostri vicini, gli italiani, perché storicamente noi siamo molto legati. Siamo stati obbligati a restare assenti nella società e nel mondo a causa del regime. Siamo stanchi”.
L’Italia ha riconosciuto il Consiglio transitorio e partecipa alle operazioni Nato. Che ruolo può giocare ancora nella soluzione della crisi libica?
“Anche se qualche volta rimane all’angolo a guardare, l’Italia può giocare un ruolo molto importante, maggiore di quello delle altre nazioni. Il governo italiano aveva un rapporto stretto con il vecchio regime. Ma ora ha un rapporto buono con gli insorti, che ha riconosciuto facendo un passo importante. Proprio per questo, per i suoi rapporti con entrambe le parti, può fare tanto sia per l’Italia sia per i libici: far finire questo conflitto, farci tornare alla normalità”.
Cosa pensa della decisione italiana di partecipare ai bombardamenti della Nato contro obiettivi militari in Libia?
“Credo che sia giusta: l’Italia è già dentro la coalizione, ha messo a disposizione basi, navi e aerei, e le bombe non hanno le targhe, anche se il regime cercherà di scandalizzare il popolo. Se a bombardare sono aerei americani, inglesi, francesi o italiani non importa. Basta che facciano finire questo conflitto”.
Il problema dei profughi è molto sentito in Italia. Gli insorti saranno in grado di contrastare la fuga verso l’Europa degli immigrati africani in Libia?
“I profughi sono un fenomeno in cui i libici non c’entrano. Ci sono il popolo libico e il governo libico: c’è una bella differenza. Il governo libico giocava questa carta: noi non c’entriamo e non c’entreremo nulla. Il regime di Gheddafi minacciava l’Italia con un ricatto, per strappare accordi falsi. I libici del futuro non lo faranno mai: non disturberemo i nostri vicini, se vogliamo avere con loro un rapporto positivo, utile sia per i libici, sia per gli italiani. Solo il nuovo governo potrà impedire il flusso di immigrati. Il cambiamento arriverà, e l’Italia non dovrà preoccuparsi dei migranti dalla Libia: il fenomeno farà parte solo del passato, non vi arriverà più nessuno.
Al popolo italiano, ai nostri vicini, con cui abbiamo una storia comune, voglio dire, anzi voglio garantire, che la Libia sarà migliore, molto più sincera e onesta, collaborerà di più, e vi sarà molto più vicina rispetto a oggi o a ieri. Chiudiamo le pagine della storia passata e apriamo una pagina nuova, più brillante, più utile” .