di Mariaceleste de Martino
“La differenza tra un carro armato e un Kalashnikov rappresenta la differenza tra vittoria e sconfitta”. I ribelli libici non nascondono la loro sfiducia nel battere i militari di Gheddafi. Hanno a disposizione solo armi leggere, tra cui mitragliatori, e granate. Queste armi non sono pari ai carro armati del raìs, dicono i rivoltosi. Per raggiungere il loro obiettivo, ovvero, battere l’esercito di Tripoli, hanno bisogno di armi più potenti. “Le nostre forze stanno affrontando una potenza militare. Nonostante l’entusiasmo e il coraggio che ci mettono i nostri, una pistola non ha alcuna possibilità di farcela contro le forze di Gheddafi. La potenza è potenza, ma se non si ha il potere militare che appoggia il vigore che rafforza quella potenza, allora è inutile”.
I ribelli hanno bisogno di finanziamenti. Ma a quanto pare non bastano. “Pensiamo che lo scongelamento delle riserve libiche siano sufficienti solo per importare cibo e aiuti umanitari”, dicono dal Consiglio nazionale transitorio degli insorti. “Il contributo maggiore che stiamo ricevendo”, dicono i ribelli, “è il ricavato della vendita del petrolio libico sotto nome del Consiglio nazionale transitorio. Il Qatar si è preso la responsabilità di continuare a vendere petrolio libico a beneficio del popolo libico”. Tra gli aiuti più recenti, quelli stanziati dal Kuwait che darà ai ribelli 50 milioni di dinari kuwaitiani, pari a circa 180 milioni di dollari. Lo ha riferito Mustafa Abdel Jalil, uno dei leader degli insorti, in visita nel ricco emirato petrolifero del Golfo. “Questa somma ci aiuterà a saldare parte dei salari degli impiegati”, ha spiegato. Il ministro degli Esteri kuwaitiano ha detto che il suo paese “darà un importante e urgente aiuto umanitario tramite il Cnt”. Lo sceicco ha aggiunto che la collaborazione fra le due parti avverrà in maniera stretta anche se l'emirato non riconosce ufficialmente il Consiglio.
In un incontro con il capo dei ribelli libici Jalil, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha detto che occorre assicurare fonti di finanziamento ai ribelli da petrolio e attività congelate. Gheddafi sarà aiutato se dovesse essere in pericolo di vita, ha detto Frattini. Intanto, i morti tra civili e militari sono diecimila e circa 55.000 feriti. Roma ospiterà nella prima settimana di maggio la riunione del Gruppo di contatto internazionale sulla Libia. Frattini ha detto che si cercherà uno “strumento legale” per rendere possibile “la vendita di prodotti petroliferi della Cirenaica”, la zona in mano ai ribelli. Jalil ha detto che il Consiglio nazionale transitorio dei ribelli Cnt avrà ottimi rapporti con Italia, Francia e Qatar. “Ci sarà cooperazione e amicizia” con questi tre Paesi. “Seguiranno Stati Uniti e Gran Bretagna che ci hanno sostenuto, ciascuno a secondo di quanto sostegno ci ha dato”. Ricordiamo che tre anni fa, nel 2008, l’Italia firmò un trattato di amicizia con la Libia, In primo luogo: contrastare l'immigrazione clandestina. In aggiunta, un indennizzo di 5 miliardi di dollari per il passato regime coloniale. Ma la guerra ha messo in stand-by l’accordo, che tra l’altro include la promessa di finanziare una serie di opere pubbliche in Libia. Ma ora il regime libico minaccia e invita la comunità internazionale “a stare attenta alle conseguenze” che potrebbe avere la “decisione di Italia, Francia e Gran Bretagna di inviare degli addestratori militari in Libia” a sostegno dei ribelli. Il messaggio è arrivato dal ministero degli Esteri di Tripoli ed è stato diffuso dalla televisione di stato Al Jamahiriya. Il regime fedele a Muammar Gheddafi intima di prestare attenzione anche alle conseguenze “del piano dell'Unione Europea di dispiegamento delle sue truppe in Libia”.
Gli aiuti internazionali ai ribelli non prevedono armi, ma solo “strumenti di autodifesa” come radar, telecomunicazioni, apparecchi per la visione notturna, per esempio, per vedere i cecchini sui tetti delle case, ha detto Frattini. "Ma sulle armi vere e proprie l'Italia ha espresso le sue perplessità. E' una prospettiva da valutare come extrema ratio, ma occorre una più seria riflessione".
Per Frattini spetta all’Onu “far luce sulla vendita di armi, cioè spiegare se sia compatibile con la risoluzione del Consiglio di sicurezza che autorizza un intervento dall’esterno per proteggere i civili in Libia”.
Anche il Gruppo di contatto composto da rappresentanti del mondo arabo, dell’Unione Africana e della Nato, che si è incontrato nel Qatar, a Doha, ha espresso il suo sostegno ai ribelli e promesso maggiori aiuti umanitari e finanziari attraverso l’apertura temporanea di un fondo fiduciario ordinario.
Per il Ministro degli Esteri tedesco, Westerwelle, i fondi potrebbero arrivare dai beni congelati a Gheddafi. Un patrimonio che appartiene al popolo libico.
Abbastanza soddisfatti anche i ribelli che però chiedono all’Alleanza atlantica di intensificare i raid aerei a protezione della popolazione civile. Infatti, l’aumento delle vittime tra il popolo è stato il motivo che ha portato alla decisione di un fondo a favore dei ribelli che combattono il regime. Quasi 4 milioni di persone le persone che soffrono la fame e hanno bisogno di aiuto medico e per altre emergenze. 500mila le persone che sono fuggiti dalla Libia dall’inizio dei combattimenti cominciati a febbraio. Finora, Gheddafi non ha mostrato cedimenti e nessuna intenzione ad arrendersi. Le forze fedeli a Gheddafi hanno distrutto depositi di alimentari, tagliato acqua ed energia elettrica. Alla riunione di Doha c’era anche Moussa Koussa, l’ex ministro degli Esteri e capo dei servizi libici, il quale ha chiesto asilo politico alla Gran Bretagna che lo ha accolto.
La comunità internazionale, dunque, si è schierata dalla parte degli insorti. Il Pentagono ha annunciato che gli Stati Uniti hanno attaccato la Libia per la prima volta sparando missili con un drone. Il velivolo ha distrutto un lanciarazzi multiplo delle forze del raìs. L'uso degli aerei senza pilota era stato autorizzato dal presidente Obama quando gli Usa passarono il controllo delle operazioni militari alla Nato. Ma dagli Stati Uniti, il senatore repubblicano John McCain preme per intensificare le incursioni aeree. Un altro senatore repubblicano, Lindsay Graham, invita la Nato a bombardare il quartier generale militare di Gheddafi e la sua “cerchia più vicina”. Graham, membro della commissione Difesa del Senato Usa, pensa che in Libia vi sia una situazione di stallo e che la via più veloce sia quella di “tagliare la testa alla serpe”. E secondo i due senatori americani , assieme anche a un altro senatore indipendente, Joseph Lieberman, la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza, che ha dato mandato alla comunità internazionale di imporre la no-fly zone sulla Libia per difendere i civili, autorizza anche i raid mirati sulla leadership di Tripoli, compreso Muammar Gheddafi. “Non posso pensare a nulla che possa proteggere di più i civili della Libia più della rimozione di Muammar Gheddafi" ha detto Lieberman. Per John McCain, “un impasse militare aprirebbe la strada ad Al Qaeda”.
E proprio sulla presenza dell’organizzazione terroristica tra i ribelli, il Consiglio risponde così: “Non abbiamo questo tipo di pensiero o atteggiamento fondamentalista. Quindi, non c’è la possibilità di una cellula di Al Qaeda tra i nostri. Se mai ci fossero stati dei libici nel mondo associati ad Al Qaeda e che ora sono tornati in patria per combattere, ora stanno lottando come libici. Il collegamento con Al Qaeda è inesistente qui”. Ma ha aggiunto: “Gheddafi disse che si sarebbe alleato con Al Qaeda per combattere contro i rivoluzionari del 17 febbraio, quindi come può essere possibile che tra di noi vi siano uomini che si unirebbero a Gheddafi? Non ha senso”.