di Sandro CaliceHABEMUS PAPAM
di Nanni Moretti, Italia 2011 (01 Distribution)
Nanni Moretti, Michel Piccoli, Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Margherita Buy, Camillo Milli, Franco Graziosi, Leonardo Della Bianca.
Incidentalmente il protagonista è un papa. Ma qui si parla soprattutto di fedi, di religioni, di solitudini, di inadeguatezze, di fragilità, sorridendoci sopra, perché molto altro non possiamo fare.
Il papa è morto. Il Conclave si riunisce per eleggere il successore. Una cerimonia imponente, quasi spaventosa nella sua sacralità. Vista da fuori. Da dentro è diverso. Ci sono questi uomini importanti, con un compito titanico, rinchiusi in una prigione dorata, senza contatti col mondo esterno, con più di un miliardo di fedeli che fuori aspettano la loro decisione, ma sono pur sempre uomini perbacco! Chi avrà scelto il collega a fianco? Uno dei favoriti tra l’italiano, l’africano e il sudamericano? Prima fumata nera, seconda…”fa che non tocchi a me, fa che non tocchi a me” si sente nei pensieri. Poi una luce illumina i cuori, e il prescelto è Melville. Tutti contenti, cantano sollevati. Il nuovo papa ora deve solo affacciarsi a salutare e benedire i fedeli che sono lì ormai da giorni. Ma no. Non ce la fa. Non respira. Si sente male. Urla. Fugge. E’ malato? No, non ha niente, dice il medico. Serve un altro tipo di medico, serve lo psicoanalista più bravo. E’ l’ultima speranza.
Di più non ha senso raccontare della trama di questo film, che come tutti i lavori di Moretti ha una sceneggiatura (scritta con Federica Pontremoli e Francesco Piccolo) dove le parole sono rifinite col cesello e dove il non-detto, lo spazio lasciato all’interpretazione, è ampio (“quasi tutte le letture sono lecite”, dice il regista), ma ben definito. Certo, è la storia di un uomo che succede a un papa importante, che non regge il peso di quella responsabilità, che si sente inadeguato per quel ruolo, ma per rispetto, con amore e intelligenza, non per vigliaccheria. Ma è pure la storia simbolica di un uomo indipendentemente dal ruolo che ricopre. C’è un po’ di Moretti tanto nel papa, interpretato da Piccoli, quanto nello psicoanalista, interpretato dal regista. E l’incontro tra i due, oltre a essere un pezzo da antologia del cinema, è anche un incontro di due religioni, di due fedi, in un senso più generale quasi una dimostrazione del dialogo possibile tra “diversi”. Il registro è quello della commedia, ma con stoccate profonde, come “l’inferno è deserto” detto da un cardinale o come la consapevolezza ereditata da Darwin che nulla ha senso, detto dall’ateo laico. Il film è stato girato per la maggiorparte a Palazzo Farnese a Roma, gli autori si sono documentati per i rituali e le ambientazioni e hanno fatto leggere la sceneggiatura al “ministro della Cultura” del Vaticano, monsignor Ravasi. Ma la verosimiglianza finisce qui. Moretti ha spiegato di aver volutamente trascurato le cronache che hanno coinvolto il Vaticano lo scorso anno, dicendo che papa Ratzinger vedrà il film “se vuole…”, perché non ha pensato al pubblico dei religiosi quando l’ha fatto (“non è tra i 500 problemi che ho oggi”). Ma il regista si avvicina a un mondo che è gli è culturalmente lontano con rispetto, intelligenza, senza pregiudizio, quasi con simpatia, con l’intento dichiarato di aver voluto fare un film che non fosse già visto. Un cast di attori e caratteristi splendidi, con lo sguardo umido e impaurito di un magnifico Michel Piccoli su tutti, lo segue in questa commedia dell’inadeguatezza, un’ammissione che, senza essere autodistruttivi, ci dice, farebbe bene a tutti.