Atlante delle crisi


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Informare sul dramma dei civili

Kostas Moschochoritis, direttore di Medici senza Frontiere Italia c

Tg italiani e europei a confronto sulle emergenze. Cosa ne scaturisce?
"Le tendenze sono le stesse. Sia i media italiani che quelli stranieri mostrano questo divario tra le crisi mediatizzate e le crisi meno esposte. E' il caso di Haiti e Pakistan". Lo afferma a Televideo Kostas Moschochoritis, direttore di Medici senza Frontiere Italia.

"Il sisma ha avuto subito un effetto mediatico anche se poi l'epidemia di colera non è stata seguita nello stesso modo. Le alluvioni in Pakistan, invece, definite uno tsunami peggiore di quello nel sud-est asiatico del 2004, hanno avuto poca attenzione dai media".

"C'è stata meno informazione sulle alluvioni in Pakistan forse perché pur avendo coinvolto 20 milioni di persone non hanno avuto l'impatto emotivo dei 200mila morti di Haiti. Inoltre i Paesi donatori hanno tentato di 'politicizzare' l'intervento nel Paese, teatro da anni di conflitti, spiegando che gli aiuti potevano evitare il rafforzarsi dei terroristi".

"Questo ha creato problemi per le agenzie umanitarie come la nostra che è indipendente. L'intervento umanitario non si può basare sulle conseguenze politiche ma deve essere basato sui bisogni e questo ha condannato il Pakistan".

"In Pakistan abbiamo visto non solo meno attenzione dei media ma ancora peggio pochissimi attori sul campo in aiuto alla popolazione. Quando si usa come scusa la sicurezza (che è anche vero), ma quando già etichetti l'intervento umanitario come un'azione contro il possibile terrorismo allora l'intervento diventa quasi impossibile. Se invece la tua agenda è imparziale, indipendente e neutrale la possibilità di lavorare in questi contesti aumenta".

Crisi ignorate, il problema è l'audience
Perché non si parla delle crisi dimenticate?
"Non solo non si parla delle crisi dimenticate ma quando se ne parla lo si fa tenendo in considerazione le cose meno importanti. C'è ovviamente la percezione che non hanno audience", dice il direttore di MsF Italia. "Per Medici senza Frontiere non è questo il caso, i donatori sono estremamente interessati a questi contesti e ci supportano . Per i media c'è una percezione sbagliata, forse ci sono ragioni finanziarie, comunque c'è meno presenza giornalistica. Per esempio in Pakistan non c'è un corrispondente italiano".

"E' ovvio che c'è da considerare anche l'importanza della notizia. Ma prendia- mo ad esempio la Libia. La Libia è sui giornali, ma di due cose non si parla molto. La prima è che l'accesso dei feriti e della popolazione alle strutture sanitarie è molto difficile. Noi siamo presenti a Bengasi, a Misurata, e abbiamo rifornito per due volte l'ospedale e abbiamo evacuato i feriti. La situazione è drammatica a Misurata dove il 3 aprile è stato bombardato l'ospedale. La seconda è che nel Paese sono rimaste bloccate decine di persone provenienti dall'Africa sub-sahariana e che adesso sono terrorizzate perchè se escono diventano bersaglio di violenze".

"La cosa importante è parlare delle crisi umanitarie come quella della Costa d'Avorio. Noi non chiediamo corridoi umanitari, che non sono una soluzione pratica, il problema è che la popolazione abbia accesso alle strutture sanitarie. Ad Abidjan neanche le ambulanze potevano avvicinarsi all'ospedale. Adesso vediamo, le notizie sono nuove".

"In Bahrein è inaccettabile la repressione negli ospedali e questo è il problema di quando non si parla delle cose che sono importanti per la popolazione. A Manama, la gente ferita non va in ospedale perchè ha paura, la polizia arresta chiunque abbia una ferita d'arma da fuoco", afferma K. Moschochoritis. "L'appello di Medici senza Frontiere nei Paesi dove sono in atto le rivolte è garantire la neutralità degli spazi sanitari, garantire l'accesso della gente, dei malati e dei feriti alle strutture sanitarie senza mettere in pericolo la loro vita oppure senza la paura di essere arrestati. E di questo è importante parlare di più".

"In questo momento, le emergenze che ci preoccupano di più sono la situazione in Costa d'Avorio, i profughi dalla Libia e l'epidemia di morbillo e colera nella Repubblica Democratica del Congo"