Dall’alto, curiosando tra le stradine che si intersecano in una lingua di terra, Lampedusa sembra deserta. Ovunque sembrano, però, aleggiare i “fantasmi” di migliaia di disperati che ogni giorno toccano riva con la speranza di una vita nuova. Arrivando nell’isola si capisce che l’emergenza è finita anche se da poche ore un’altra barca è arrivata, con altri disperati.
Nelle ultime settimane, ai 5 mila lampedusani, si sono aggiunti forze di polizia, carabinieri, finanzieri, capitaneria di porto. Tutti insieme per contrastare l’emergenza clandestini. La sala controllo delle Fiamme Gialle guarda il porto, a una decina di metri in linea d’aria. Qui confluiscono le informazioni dei 3 guardacoste di altura , di 1 motovedetta veloce e di un elicottero. Dipendenti dal Comando operativo di Pratica di mare e di Trapani, i mezzi della Guardia di Finanza hanno il compito di contrastare l’immigrazione clandestina attraverso il pattugliamento delle acque fino a 24 miglia e l’assistenza di barconi che puntano verso Lampedusa.
“I nostri mezzi svolgono attività quotidiana per monitorare le nostre acque. Grazie a queste operazioni riusciamo ad avere un quadro sempre esatto di quello che sta succedendo. A questo tipo di lavoro si aggiunge poi quello di soccorso in mare. Un obbligo che va al di là delle acque territoriali e caratterizza le regole in mare”. Il maggiore Corrado Spatola è l’ufficiale di collegamento del Frontex, che con la missione “Hermes” ha il compito di monitorare il settore Sud-Sudovest. Spatola mostra con orgoglio i mezzi che il Comando Generale della Finanza ha schierato a Lampedusa, riuscendo ad avere risultati più che apprezzabili. “Oltre che monitorare le acque, operiamo anche in caso di segnalazione. Per esempio una telefonata di soccorso che arriva ad un’altra forza di polizia o a un abitante di Lampedusa. In questo caso inviamo un elicottero e un mezzo navale per ricercare il barcone in difficoltà. Una volta avvistato lo scortiamo verso Lampedusa. Non mancano neanche i casi di repressione dei cosiddetti scafisti. Proprio qualche giorno fa, grazie alla segnalazione di due agenti della Polizia di Stato siamo riusciti ad arrestare un tunisino che di giorno era arrivato col suo barcone in un angolo dell’isola. Dopo lo sbarco aveva cercato di guadagnare le acque verso la Tunisia. Grazie al nostro pronto intervento, siamo riusciti a fermarlo e arrestarlo”.
A fianco alle migliaia di disperati che cercano una nuova vita toccando riva nell’isola, vi sono tanti scafisti, che senza alcun scrupolo, imbarcano centinaia di connazionali arrivando a chiedere anche 2 mila euro per un viaggio il cui esito non sempre è garantito. Questi “uomini che regalano sogni” non sempre provengono da clan criminali. In molti casi gli scafisti tunisini sono dei pescatori che mettono a disposizione la loro imbarcazione in cambio di 800 euro a persona. Conoscono bene il mare e soprattutto Lampedusa. Diverso è il caso degli scafisti che provengono dalla Libia.
“Molto spesso non sono libici. Sono collegati a vere e proprie organizzazioni che al prezzo di 2 mila euro offrono un posto su un barcone. Questi non conoscono il mare, arrivano a mettere su uno scafo anche 500-600 disperati. Prima della partenza li radunano in centri di smistamento e poi via verso le coste italiane”.Il tenente Davide Miserendino è il responsabile della Seconda Sala controllo di Lampedusa della Guardia di Finanza. Da settimane è impegnato nel controllo dell’attività di prevenzione e soccorso. Conosce molto bene la cronaca di questa emergenza. Anche per lui, come per centinaia di altri operatori della sicurezza, la differenza tra giorno e notte non esiste. E’ necessario essere pronti ad ogni minima segnalazione. Molto spesso i barconi vanno assistiti e dentro le condizioni di anziani, donne, bambini non è delle migliori.
“Vi sono casi di ipotermia, disidratazione, ustioni chimiche dovute al viaggio vicino a un motore o a un radiatore dell’imbarcazione. I viaggi dei clandestini durano anche 2 o 3 giorni e dipendono molto dalle condizioni climatiche e da quelle del mare”. Il tenente Carlotta Tirrito è tenente medico delle Fiamme Gialle. Già negli sbarchi del 2009 a Pozzallo aveva lavorato nelle emergenze. “Ricordo il caso di una donna in gravidanza, sul punto di partorire. Le diedi le prime assistenze e poi la trasferii in un ospedale. Fu una grande emozione professionale e umana. Così come quando si incrociano gli occhi dei clandestini. In te vedono il salvatore. Sanno che la loro vita dipende da te. Questo ci da grande responsabilità ma al tempo stesso fierezza della nostra uniforme”. "In questi mesi di attività abbiamo avvistato fino a 7-8 barconi al giorno. Questo grazie anche alle tecnologie sofisticate montate sull'ATR-42 che è il nostro fiore all'occhiello". Il tenente colonnello Stefano Bastoni del Gruppo esplorazione aereo marittima della Guardia di Finanza spiega così l'attività di pattugliamento delle nostre acque. "I nostri compiti prevedono sia il pattugliamento delle acque per sgominare il traffico di clandestini, come nel caso degli scafisti, sia quello di salvataggio, quando si pone questa esigenza. Come il caso per esempio dell'8 marzo scorso quando dopo aver avvistato un barcone con 55 tunisini a bordo in grave pericolo di affondamento, abbiamo chiamato i nostri mezzi navali e abbiamop coordinato le attività di soccorso riuscendo a metterli in salvo.
Intanto, tra un’intervista e un’altra è scattata l’allerta per un altro avvistamento. Forse, un altro barcone carico di “occhi che cercano salvezza”. Ma le coste italiane saranno davvero la meta “del sogno proibito?”. (N.R.)