di Rita Piccolini
Il curatore scientifico della quarta edizione della Triennale, dedicata in occasione della cinquantesima edizione del Salone Internazionale del Mobile di Milano agli uomini, alle aziende e ai progetti che hanno contribuito a creare il sistema del design Italiano dal dopoguerra a oggi, è Alberto Alessi. Subito vengono in mente oggetti che sono vere e proprie icone dei nostri tempi. La mostra è un racconto che si snoda attraverso questi oggetti, che si muovono lungo una linea che oscilla tra il valore funzionale, quello emozionale e poetico e quello del segno. Il percorso è da un lato approfondito e riflessivo, dall’altro artistico e giocoso. L’allestimento di Martì Guixé si ispira ad “Alice nel paese delle Meraviglie” perché gli oggetti dialogano e si confondono con le storie dei progettisti in modo fantasioso e fiabesco, creando un’occasione per scoprire attraverso nuovi e diversi punti di vista alcuni tra i più celebri oggetti del design italiano.
Ecco allora in mostra divani innovativi, il celebre divano bocca disegnato nel 1970 da Studio65, lampade, cavatappi, sgabelli, macchine da scrivere, la mitica Lettera 22 della Olivetti, la radio a cubo e il televisore allungato che troneggiava in tutti gli studi televisivi della Rai fino agli anni Novanta, la lampada Arco disegnata da Castiglioni, tutti quegli oggetti insomma che hanno determinato un’evoluzione del gusto. Prodotti e cultura, o meglio cultura che ha prodotto oggetti di uso comune per la nostra vita, che riescono a entrare in comunicazione con noi perché frutto di studio,di riflessione di cultura appunto. Grande spazio quindi anche a tutte le figure simbolo del design italiano degli ultimi cinquanta anni, siano esse uomini o aziende.
La storia è tratteggiata attraverso dodici capitoli tematici che si succedono lungo la planimetria del museo divisa a sua volta da una linea immaginaria che separa i prodotti possibili e gli impossibili, i best seller dai flop. “È nell’energia del fiasco, dice Alessi, che si riscontra il DNA di quegli oggetti che ci hanno cambiato la vita”, perché innovare è anche andare controcorrente e questo a volte può non essere subito compreso.