di Sandro Calice RASPUTIN
di Louis Nero, Italia 2011 (L’Altrofilm)
Francesco Cabras, Daniele Savoca, Franco Nero, Ottaviano Blitch, Anna Cuculo, Marco Sabatino, Ola Cavagna, Davide Ranieri, Matilde Maggio, Elena Presti, Toni Pandolfo, Riccardo Cicogna.
Hanno cominciato nel 1917, un anno dopo la sua morte, a fare film su Grigorij Efimovic Rasputin, il mistico russo noto come il monaco nero, il contadino diventato consigliere di Nicola II, l’ultimo zar di Russia, e non hanno più smesso. Louis Nero (“Golem”, “La rabbia”), al suo quinto lungometraggio ci mostra la sua particolare visione di questo affascinante personaggio.
A Pietrogrado la notte del 19 dicembre 1916 il preincipe Feliks Jusupov bussa alla porta di Rasputin invitandolo a palazzo per presentargli la moglie. “Ti aspettavo”, risponde il monaco, lasciando intendere che ha capito il vero motivo della chiamata, e va. Lo aspetta la morte, architettata in un complotto tra alcuni dignitari di corte, preoccupati per la crescente e insopportabile influenza di quel contadino siberiano sulla coppia imperiale, e anche spaventati dal suo potere. Rasputin era arrivato a corte tempo prima, riuscendo a salvare la vita dell’unico figlio maschio ed erede al trono dello Zar Nicola, il principino Aleksej, malato di emofilia. Da allora aveva sedotto e affascinato uomini e donne, rendendo la sua storia una leggenda. Questo film racconta le ultime ore della sua vita terrena.
Nero, che ama follemente Greenaway, dichiara da subito di aver voluto fare un film “pittorico”, da guardare come un quadro in movimento, a metà tra il docu-dramma e l’arte visiva. L’ambientazione è teatrale, con un uso accorto e colto del montaggio, della fotografia e di soluzioni narrative come lo schermo diviso in due o tre quadri strettamente legati e interattivi. C’è una sovrapposizione continua, di concetti, di immagini e anche della (adeguata) musica di Teho Teardo, tono su tono, idea su idea, colore su colore, con un effetto ipnotico e a tratti angosciante. Perfettamente calato nella parte di Rasputin Francesco Cabras e magnetica la voce narrante di Franco Nero. Il racconto procede attraverso le testimonianze dei personaggi, ricostruite anche attraverso una rigorosa ricerca storica. Nero vuole mostrare un lato diverso del monaco, non il personaggio oscuro demonizzato dalla Storia, ma un uomo che fingeva di essere un demonio sulla strada della sua ricerca della verità, che passava attraverso la mortificazione del corpo e il superamento delle passioni. Questa l’idea del regista. Ma proprio perché lo spettatore dovrebbe guardare questo film come fosse davanti a un quadro, il film “spiega” poco, quasi non racconta, ma mostra, suggerisce, accenna, pieno zeppo di citazioni e simboli, con gli oggetti, a detta del regista, messi sempre nella posizione in cui si trovano nel quadro di riferimento: una narrazione affascinante ma che alla lunga affatica.