Prevenzione cardiaca a tavola


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Dieta mediterranea, illustre sconosciuta

Molti italiani la ignorano, i dati in un convegno pasta_dieta_mediterranea_296

di Maurizio Righetti

“Alla richiesta di definire in maniera precisa che cosa si intende per dieta mediterranea, il 55 per cento ha dato risposte errate, ad esempio indicando che nella pasta ci sono i grassi, e il 25 per cento non ha saputo rispondere. Ancora più ignorata è la piramide alimentare, che dovrebbe guidare, nella vita pratica di tutti i giorni, le scelte quotidiane dei cibi perché indica quanto si deve introdurre dei diversi nutrienti. Il 57 per cento non sa che cosa sia, il 40 per cento ha dichiarato di conoscerla e il 3 per cento è rimasto incerto. Un italiano su due sa collocare gli alimenti-cardine, sa cioè che alla base della piramide ci sono frutta, verdura e cereali, e riconosce i cibi più sani; ma c'è un preoccupante 5 per cento che “inverte” la figura indicando gli alimenti grassi come base dell'alimentazione quotidiana e un altro 45 per cento che non sa proprio come rispondere”. E’ quanto emerge da una ricerca condotta dal Dipartimento di Medicina Interna, dell’Invecchiamento e Malattie Nefrologiche dell'Università di Bologna su 314 persone rappresentative della popolazione generale, che hanno risposto alle 33 domande di un questionario messo a punto per indagare le conoscenze e le abitudini alimentari degli italiani. Dati illustrati a Genova da Massimo Volpe, presidente del Congresso Nazionale della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (Siprec)

I risultati sono sorprendenti: nella patria della dieta mediterranea, riconosciuta come “patrimonio immateriale dell’umanità” nel 2010 dall’Unesco, l'80 per cento degli italiani dichiara di conoscerla, ma quando si “scava” un po' di più nell'effettiva consapevolezza degli alimenti che la compongono si scopre che pochi sanno davvero di che si tratta. Stando ai dati emersi da questo studio, la poca consapevolezza dei pilastri di un'alimentazione sana è un problema trasversale, che riguarda tutti i ceti sociali, a prescindere dal livello di istruzione e dalla condizione economica. Pochissimi sanno davvero giudicare la salubrità di un alimento, tanti non riescono a giudicare i costituenti principali di un cibo e non saprebbero dire, ad esempio, se nella pasta ci sono più carboidrati che proteine o viceversa.

Formaggi in eccesso, carni pure. E si consuma troppo poco pesce
“Alla domanda ‘dove si trova molto colesterolo?’ molti hanno risposto il pane: questo significa che c'è una scarsa conoscenza di nozioni basilari per una dieta equilibrata”, spiega Volpe, “Peraltro, lo stile di vita attuale di certo non aiuta: anche chi vorrebbe attenersi a un'alimentazione sana è portato a sbagliare. Così, pur sapendo come si dovrebbe mangiare, molti si nutrono in modo disorganizzato: il 95 per cento dei partecipanti allo studio dichiara che il pranzo è il pasto più importante, ma poi l'80 per cento sceglie una pasta molto condita accompagnata dal pane. Un italiano su due mangia carne magra, ma c'è un buon 20 per cento che sceglie carni grasse più volte alla settimana; il 45 per cento consuma formaggi come minimo tre volte alla settimana. Pochissimi scelgono il pesce: solo uno su tre lo mangia appena una volta alla settimana, mentre andrebbe consumato almeno due, tre volte. Il problema di tutti sembra essere l'incapacità di avere una visione globale della propria alimentazione: un cioccolatino una volta ogni tanto non fa male, ma molti li mangiano ogni giorno pensando che sia un peccato di poco conto”. Una cattiva alimentazione, che privilegia i cibi ricchi di grassi è considerata un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari: secondo un gruppo internazionale di esperti sul problema obesità (International Obesity Taskforce) il 61% delle malattie cardiovascolari è legato ad un’alimentazione non equilibrata o del tutto sbilanciata.

Tre fasce alimentari per orientarsi verso una corretta prevenzione cardio-vascolare
Per rendere più semplici le scelte alimentari degli italiani, i ricercatori hanno costruito una piramide alimentare semplificata con tre sole fasce di cibi: la fascia A, con gli alimenti da assumere tutti i giorni (frutta, verdura, cereali, legumi, frutta a guscio, olio d'oliva e una piccola quota di latticini); la fascia B, con i cibi da concedersi settimanalmente (pesce, pollame, uova, dolci); la fascia C, dove stanno i “peccati di gola” da limitare a una, due volte al mese (carne rossa). “Valutando il consumo di queste tipologie di alimenti nei partecipanti allo studio abbiamo osservato che la maggioranza “sgarra” proprio sulle fasce meno salubri, sostiene Matteo Cevenini, responsabile dello studio e ricercatore del Dipartimento di Medicina Interna, dell’Invecchiamento e Malattie Nefrologiche dell'Università di Bologna. “Pochissimi – continua - sforano le quote raccomandate degli alimenti di fascia A, mentre il 60 per cento eccede con gli alimenti di fascia B e addirittura il 90 per cento non controlla l'introito degli alimenti di fascia C. Il consumo di grassi saturi, ad esempio, è in continuo aumento nel nostro Paese. Negli ultimi quarant'anni è cresciuto del 50 per cento perché ci stiamo pian piano allontanando dall'alimentazione mediterranea per sposare abitudini tipiche dei Paesi anglosassoni, dove il consumo di grassi animali è da sempre superiore al nostro. Riteniamo perciò che sia davvero opportuno migliorare le conoscenze alimentari degli italiani e aumentare la consapevolezza di ciò che mettono il tavola ogni giorno: sappiamo infatti che un'alimentazione scorretta aumenta molto il rischio di malattie cardiovascolari e non solo”.

Le proteine vegetali sono fattori di protezione. Ma le usiamo molto poco
Secondo gli esperti, oltre a promuovere campagne informative nazionali, sarebbe anche opportuno spronare gli italiani a trovare alternative simili, ma più sane, ai cibi che tanto piacciono ma sono ‘rischiosi’. “Abbiamo verificato, ad esempio, che c'è un'ampia quota di persone che mangia troppe proteine animali: una strada potrebbe essere sostituirle con analoghi prodotti derivati però da proteine vegetali”, chiarisce Volpe. “Sappiamo infatti, ad esempio, che le proteine di soia hanno un effetto di riduzione del colesterolo: riescono ad abbassarlo del 5 per cento in soggetti con ipercolesterolemia familiare. Se molti si abituassero a sostituire la carne con una cotoletta a base di soia si avrebbe l'effetto di ridurre il colesterolo in eccesso nel nostro organismo e diminuire allo stesso tempo l'introito di colesterolo animale attraverso la dieta”, conclude Volpe.

Sei ore davanti alla scrivania aumentano fortemente i rischi, 8 sono pericolosissime
I massimi esperti riunitisi a Genova per il Congresso Nazionale della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare hanno anche affrontato altri temi sensibili riguardanti la salute del cuore. E’ stato sottolineato, ad esempio, e sono ‘dolorose’ conferme, che impiegati, funzionari, avvocati e professionisti di entrambi i generi pagano cara la sedentarietà forzata a cui li costringe il lavoro. Il 42% degli italiani sta seduto fino a 8 ore al giorno e il rischio per il cuore scatta dopo 6 ore attaccati alla scrivania. A quel punto la probabilità di andare incontro a infarto e ictus aumenta di circa il 20 per cento negli uomini e addirittura del 40 per cento nelle donne. Un ritratto che riguarda oltre 15 milioni di italiani. Il tempo libero, secondo i dati epidemiologici nazionali, non è di fatto più movimentato: un italiano su due non svolge mai un'attività fisica aerobica di grado moderato, come sarebbe raccomandato per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, e uno su cinque non cammina neppure dieci minuti una volta alla settimana. Se alla sedentarietà sul lavoro si aggiunge l'inattività fisica nel tempo libero, la probabilità di andare incontro a un evento cardiovascolare nell'arco di dieci anni aumenta addirittura di oltre il 70 per cento nelle donne e di circa il 50 per cento negli uomini.

Fare molto attenzione al cambio repentino di peso
Decisamente negative per la salute del cuore anche le diete “yo-yo”, che provocano continui cambiamenti di peso e portano a un aumento del 40 per cento del rischio cardiovascolare. Spiega Massimo Volpe: “Le variazioni eccessive di peso, sia in senso positivo che negativo, possono indurre significativi squilibri ormonali, che hanno una forte influenza sulla salute del cuore e delle arterie. Ecco perché diete drastiche e bruschi aumenti di peso possono avere un impatto drammatico sul rischio di avere una malattia cardiaca. Purtroppo la maggioranza degli italiani non ha realmente compreso quanto le cattive abitudini possano essere pericolose per la loro stessa vita. Un italiano su due è in sovrappeso, uno su dieci addirittura obeso, il più delle volte per colpa di una dieta non equilibrata e della sedentarietà. Tutto questo fa sì che il 20-30 per cento degli italiani abbia un rischio cardiovascolare medio-alto, spesso senza saperlo. Ciò spiega ad esempio quanto erroneo sia credere che un evento acuto, come un infarto o un ictus, si possa verificare in una persona che ‘fino a ieri stava bene!’; è ovvio che non stava affatto bene, piuttosto non conosceva il suo azzardo. I medici, tuttavia, non fanno di meglio: spesso sottostimano il rischio dei propri pazienti, perché sono portati a non considerare l’impatto determinato dall’età, dalla sedentarietà, dal fumo e dallo stress, che hanno un effetto moltiplicatore su malattie come ipertensione, diabete, ipercolesterolemia.

Un questionario per i pazienti, uno per i medici
È per questo che la Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (Siprec) ha deciso di mettere a punto due questionari, uno dedicato ai cittadini e uno pensato per i medici, in grado di identificare in pochissimi minuti i soggetti più a rischio. Si tratta di strumenti estremamente semplici, che possono essere perciò utilizzati da chiunque con la massima facilità e che vanno ad affiancare le Carte del Rischio cardiovascolare dell’Istituto Superiore Sanità – Progetto Cuore, che hanno come obiettivo l'analisi dello stato di salute del nostro Paese e la stima del rischio cardiovascolare per la prescrizione di determinati farmaci, come le statine; i due questionari che abbiamo sviluppato hanno soprattutto un intento educazionale, quello di sensibilizzare il cittadino, ma anche il medico, sull’importanza del rischio non percepito di avere una malattia cardiovascolare.”

I questionari saranno presto a disposizione negli ambulatori dei medici di base e consistono entrambi in dieci semplici domande, che vanno dall'età al consumo di cibi grassi e calorici, dalla familiarità per malattie cardiovascolari allo stress in famiglia o sul lavoro. “Il questionario per i pazienti, inoltre, chiede anche se i valori di pressione, colesterolo e glicemia sono stati misurati negli ultimi sei mesi – aggiunge Volpe – Questo fa sì che ognuno sia costretto a riflettere, a chiedersi da quanto non fa un controllo preventivo. Rendersi conto, mettendolo nero su bianco, che da troppo tempo non si sa come vanno pressione, colesterolo e glicemia aiuta a capire che è il momento di fare i test. Il questionario dedicato ai cittadini è perciò uno strumento facile e immediato perché ciascuno possa prendere coscienza del proprio stile di vita e di quanto ha fatto per mantenere sano il cuore. Le dieci domande rivolte ai medici, invece, sono una sorta di scheda di valutazione, di veloce promemoria da tenere presente quando in ambulatorio si ha di fronte un paziente: di nuovo, abbiamo cercato di mettere a punto uno strumento fruibile, agile, che nei pochi minuti di una visita medica possa aiutare a dare un quadro preciso del grado di rischio cardiovascolare di ciascuno, in modo che si possano poi eventualmente prendere provvedimenti per ridurlo”.

Tre italiani su dieci hanno più valori troppo vicini alla soglia di rischio
Sono 3 gli italiani su 10 ad un passo dall’avere valori di glicemia, colesterolo e trigliceridi proprio a cavallo delle soglie di normalità. Lo ha dimostrato lo studio ‘Borderline’, discusso durante il congresso di Genova, che ha analizzato 837 assistiti di 53 medici di base di tutta Italia. Ogni medico ha fornito i dati dei primi 20 pazienti ambulatoriali arrivati in studio nel giugno 2009. “Dalla valutazione dei valori di pressione, colesterolo, trigliceridi e glicemia raccolti emerge un quadro sconfortante: il 25-30 per cento dei partecipanti è ‘borderline’ per la maggioranza di questi parametri”, spiega Giuliano Tocci, Coordinatore dello Studio e Delegato Regionale Siprec per il Lazio. “Si tratta – prosegue - di persone che hanno la pressione minima fra 85 e 90 millimetri di mercurio e la massima fra 130 e 140, il colesterolo totale che oscilla fra i 180 e 200 milligrammi/decilitro e il colesterolo “cattivo” LDL fra 130 e 150; hanno i trigliceridi fra 130 e 150 milligrammi/decilitro e la glicemia a digiuno fra 100 e 110 milligrammi/decilitro. Nessun valore, quindi, è francamente alterato, ma tutti sono sull'orlo di un pericoloso baratro. Passare dalla parte di valori decisamente oltre i limiti è molto facile e soprattutto avviene senza che il soggetto ne abbia consapevolezza, ed è per questo che i soggetti con valori ‘borderline’ dei principali parametri clinici (peso, pressione, colesterolo ‘cattivo’, colesterolo ‘buono’, trigliceridi e glicemia) andrebbero considerati potenzialmente a rischio e su questi andrebbero concentrati quegli interventi di modificazione dello stile di vita semplici e a basso costo. Invece i pazienti spesso provano un senso di falsa sicurezza di fronte a parametri vicini alla norma: anche per questo è fondamentale un piccolo ‘esame di coscienza’ periodico come quello che è offerto dal questionario di autovalutazione del rischio cardiovascolare”.