Poetry

di Sandro Calice

POETRY
di Lee Chang-dong, Corea del Sud 2010 (Tucker Film) Yun Junghee, Ahn Nae-sang, Kim Hira, Lee David.

Poesia è solo una parola fatta di parole, ma sono parole che ci aiutano a capire la realtà, spesso a sopportarla, a volte addirittura a cambiarla. Mija è una donna di 66 anni che vive con suo nipote in una cittadina sul fiume Han, nella Corea del Sud. E’ una donna gentile, elegante, colorata e profumata come i fiori che ama. E’ buona col nipote, un adolescente di cui fatica a comprendere i modi e i pensieri, e si prende amorevolmente cura del Presidente, un anziano emiplegico da cui lavora come badante. Ed è curiosa. Quando vede la pubblicità di un corso di poesia decide che deve farlo. Da piccola un insegnante le aveva pronosticato un futuro da poetessa. Ora ha finalmente l’occasione di scoprire se è vero. C’è però un’ombra sulla vita di Mija che si fa sempre più minacciosa: una ragazzina si è tolta la vita e suo nipote, insieme ad altri compagni di scuola, c’entra qualcosa. Mija si aggrappa alle sue parole, quelle che ancora riesce a trovare mentre la memoria le sfugge per colpa di una malattia, per fuggire, per non pensarci, per raccontare una storia diversa, per scrivere la sua poesia.

“Poetry”, premiato per la sceneggiatura a Cannes ed anche per la regia agli Asian Films Award, per il suo autore Lee Chang-dong (“Oasis”, “Secret Sunshine”) è un film “aperto”, nel quale certo la poesia è il tema centrale, ma non il preponderante. È un thriller, per certi versi, un film sulla violenza, sull’incomunicabilità, sul valore terapeutico della parola, è tutto questo ma in modo solo suggerito dal regista, che non somma i temi ma li semina qua e là durante e dentro il racconto. Ci sono accenni, echi, rime visive e spazi da riempire, trame e finali da immaginare. Se si ha voglia di farlo. Altrimenti si segue la passeggiata sul finire della vita di questa donna (bravissima la protagonista Yun Junghee) alla ricerca delle parole giuste nascoste intorno a noi.