C'e' una vera e propria 'multinazionale' di robot in aiuto dei tecnici che stanno lavorando alla centrale di Fukushima: oltre a quelli sviluppati in Giappone, anche dagli Usa, dalla Francia e dall'Australia sono arrivate macchine in grado di spingersi in luoghi dove le radiazioni impediscono l'accesso alle persone. Le misurazioni nelle zone piu' a rischio sono prese da Monirobo (Monitoring robot), un automa giapponese del peso di 600 kg e alto 1,5 metri dotato di una telecamera 3D e di sensori per rilevare le radiazioni e la presenza di gas tossici o infiammabili. Alcuni 'pompieri robot', riportano i media nipponici, sono invece impiegati nel raffreddamento delle vasche del combustibile esausto nel reattore numero 3.
Per questo scopo e' attivo anche un 'supercannone' dell'australiana Bechtel Corporation manovrabile a distanza, capace di sparare novemila litri d'acqua al minuto a una distanza di centocinquanta metri. In aiuto del Giappone gli Usa hanno inviato quattro robot, due Packbot 510 e due Warrior 710, progettati per le applicazioni militari piu' rischiose, riferisce la rivista Ieee Spectrum. Quelli del primo tipo, alti 20 centimetri e pesanti circa 10 chili, sono attrezzati per rilevare temperatura, radiazioni e vapori esplosivi, inviando i dati in tempo reale. Warrior 710 e' piu' corpulento e puo' spostare ammassi di macerie, puo' sollevare pesi anche di 90 chili e puo' anche prendere a 'cavalcioni' Packbot 510 per aiutarlo in alcune operazioni. Questi due automi sono piu' agili di Monirobo, ma hanno il problema che a differenza del loro 'omologo' giapponese sono molto meno schermati contro le radiazioni.
Anche la Francia, forte dell'esperienza nelle centrali nucleari, ha dato il suo contributo: "Lo scorso fine settimana sono state inviate in Giappone 120 tonnellate di materiale altamente specializzato - spiega un comunicato sul sito della Edf - che permette di intervenire in ambiti radiologicamente ostili". La dotazione dovrebbe comprendere il robot 'Erase' da 6 tonnellate, che ha un braccio idraulico di piu' di tre metri, e il piu' piccolo Eros, lungo un metro e pesante 300 chilogrammi, anch'esso attrezzato con un braccio meccanico oltre che con una serie di sensori. "Non si sa cosa possa accadere ai robot una volta esposti a radiazioni cosi' alte - spiega al New Scientist Robin Murphy del Centre for Robot-Assisted Search and Rescue della Texas University - c'e' un 50% di probabilita' che vengano danneggiati irrimediabilmente. Ma se riusciranno ad essere utili, anche per un robot morire in servizio e' una cosa nobile".