Non è una nube, ma sono particelle


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Radioattività giapponese raggiunge l’Italia?

Nessun effetto per la salute. Intervista all’ingegnere Luciano Bologna Responsabile della radioprotezione Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale b

di Mariaceleste de Martino

Paragonare la radioattività di Tokyo in questo momento con quella di Roma è sbagliato. Roma può essere più radioattiva di Tokyo. Ma è una radioattività naturale che proviene dal fondo del terreno. Ed è radioattiva anche la capitale giapponese per via “del materiale che circonda l’ambiente e che si trova nel sottosuolo”, spiega l’ingegnere Luciano Bologna, responsabile della radioprotezione Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Uranio e anche potassio sono presenti nel terreno di Roma quanto lo sono a Tokyo.

E Fukushima? Nella zona della centrale nucleare, i tecnici dell’Ispra, in missione a Tokyo assieme alla Protezione civile, non sono mai andati per misurare i livelli di radioattività, ma hanno monitorato l’ambiente nell’area che circonda l’ambasciata italiana a Tokyo e in altri punti della città.

E i dati cambiano come cambia il vento. Il primo valore riferito subito dopo la tragedia è stato dello 0,04, “un valore del fondo ambientale naturale locale”, dice l’ingegnere Bologna, un dato che è stato paragonato con il livello di radioattività di Roma: 0,25, fornito dall’Arpa, l’agenzia regionale del Lazio per la protezione ambientale. “Dipende da come sono stati rilevati questi valori, dipende anche da come tirava il vento in quell’istante, dipende da vari fattori, e lo stesso 0,25 può diminuire nello stesso punto in un altro momento. C’è un range entro il quale si può stare tranquilli. I dati preoccupanti sono quelli che sono superiore di 3 o 4 volte a quelli registrati in condizioni normali. Il livello di radioattività del fondo terreno di Tokyo spazia tra lo 0,35 e lo 0,070. Nel viterbese, per esempio, è presente materiale di origine vulcanica e quindi con un contenuto maggiore di radioattività”.

“La situazione in Giappone è complessa, spiega l’ingegnere Bologna, perché i dati che ci arrivano variano e vanno letti con attenzione. Gli ultimi dati registrano un innalzamento rispetto al fondo. E’ dello 0,14 il dato delle ultime ore sulla radioattività a Tokyo. Ma anche questo dato è rientrato nel giro di poco tempo. Quindi, dipende da come tira il vento, dalle condizioni meteorologiche generali. La nube si è anche spostata verso l’oceano Pacifico. Se piove o se nevica da una parte produce anche un effetto benefico, in un certo senso, perché la radioattività si deposita sul suolo e almeno non si respira”.

La nube tossica prodotta in Giappone è presente negli strati bassi dell’atmosfera e ci vogliono anche anni per far dissolvere le particelle, ma resta comunque un effetto locale. La dispersione, in parte, ha raggiunto anche gli Stati Uniti e sempre a seconda del vento potrebbe toccare anche l’Italia. Innanzitutto, “non parlerei assolutamente di ‘nube’. Si tratterebbe di tracce, per altro bassissime, assolutamente non allarmanti”, assicura l’ingegnere Bologna. “Sono parti della radioattività che ha raggiunto l’alta quota e quindi è diluita e non nociva”.

La situazione è tenuta strettamente sotto controllo. L’Ispra ha chiesto di “monitorare l’aria in Italia”, di rilevare i pulviscoli con una frequenza maggiore. “Abbiamo chiesto un incremento delle misure” in seguito al disastro di Fukushima. Il paragone con Chernobyl è sbagliato. “In Giappone non è scoppiata la centrale, le protezioni di contenimento reggono. Inoltre, i reattori sono completamente diversi. A Chernobyl ci fu un effetto ‘camino’ e le contaminazioni hanno interessato anche la parte alta dell’atmosfera”.