di Sandro Calice I RAGAZZI STANNO BENE
di Lisa Chodolenko. Francia, Usa 2010 (Lucky Red)
Annette Bening, Julianne Moore, Mark Ruffalo, Mia Wasikowska, Josh Hutcherson.
Ci si sente sempre un po’ di provincia, noi qui in Italia, di fronte a certi temi, anche se raccontati in una commedia semplice come questa.
Nic e Jules (Bening e Moore) si amano, sono sposate e hanno due figli ottenuti con l’inseminazione artificiale: Joni e Laser. Una famiglia che funziona alla perfezione, con Nic che ha avuto tempo e modo di dedicarsi di più alla sua professione di medico e Jules che ha seguito di più i bambini, lavorando a tratti e ora con l’idea di rimettersi in gioco e fare la progettista di esterni (ma non chiamatela giardiniera). Il classico imprevisto che sconvolge tutto è la richiesta di Laser, che ha 15 anni, alla sorella Joni che ne ha 18 e sta per andarsene al college: il ragazzo vuole conoscere il loro padre biologico, e vuole che Joni lo aiuti a rintracciarlo. Detto fatto, senza coinvolgere le mamme, i due ragazzi incontrano e conoscono Paul (Ruffalo), spensierato e affascinante ristoratore sulla cinquantina che a malapena ricorda di quando a 19 anni aveva fatto il donatore di sperma (“solo perché più divertente del donatore di sangue”). Paul entra, in verità trascinato, nella vita di Laser, Joni, Jules e Nic. Ognuno lo accoglierà a modo suo, per tutti cambierà qualcosa.
Lisa Cholodenko (“High Art”, “Laurel Canyon”) insieme con Stuart Blumberg ha costruito la sceneggiatura di “The kids are all right” (dal titolo di una canzone degli Who) basandosi molto sulla sua storia personale. Il film, presentato nel 2010 fuori concorso a Berlino e a Roma, è una commedia divertente e intelligente sulla famiglia, i sentimenti, la fatica del matrimonio e dei figli. In generale, indipendentemente dal sesso o da altro. “A New York – dice Julianne Moore - coppie simili sono abbastanza normali. Io stessa con i miei figli faccio un gioco molto noto che si chiama ‘il gioco della vita’ in cui loro dicono: ‘Chi sposo, un ragazzo o una ragazza?’, perchè sono abituati a vedere coppie composte da due donne o due uomini. Anzi credo che questo sia il futuro”. E da questo punto di vista il racconto regge alla perfezione, nella caratterizzazione dei personaggi, nei ruoli, nelle vicende in cui ognuno può rivederci il proprio, quotidiano vissuto. Narrato, appunto, con garbo, intelligenza e ironia. Dove il film inciampa, secondo noi, è nel giudizio eccessivamente impietoso a cui viene sottoposto il personaggio maschile (proprio perché “maschile”?), in alcune “cadute” nei luoghi comuni, come quando Jules dice a Laser: “Vorrei fossi gay così saresti più sensibile”, o in soluzioni di sceneggiatura che paiono non necessari messaggi “tranquillizzanti”, quando la regista si premura di farci vedere che entrambi i figli sono saldamente eterosessuali. Dettagli, forse. Come la curiosità che nel film recitano in due brevi cameo Sasha Spielberg e Zosia Mamet, figli rispettivamente di Steven e David, e che l’attrice Yaya Costa la rivedremo presto e volentieri.