di Sandro Calice THE FIGHTER
di David O. Russell, Usa 2010 (Eagle Pictures)
Mark Wahlberg, Christian Bale, Amy Adams, Melissa Leo, Jack McGee, Dendrie Taylor, Mickey O'Keefe, Melissa McMeekin, Caitlin Dwyer, Bianca Hunter, Erica McDermott, Jill Quigg.
La boxe è solo la cornice. Qui si racconta di provincia americana, di famiglia, di riscatto e redenzione, di piccoli, grandi eroi.
“The Fighter” è ispirato alla storia vera del pugile Micky Ward (Wahlberg) e di suo fratello Dicky Eklund (Bale). Dicky è stato l’eroe di Lowell, nel Massachusetts: è stato un pugile di talento, Hard Knocks, ha combattuto con Sugar Ray Leonard, riuscendo anche a metterlo al tappeto. Ora però è solo un tossicodipendente strafatto di crack che allena il fratello. Su di loro, terribile chioccia, la madre Alice (Melissa Leo), che ama Dicky alla follia, ma che senza Micky non può mandare avanti la famiglia. Micky ormai asfalta le strade, il suo famoso, distruttivo gancio sinistro, quello che lo faceva chiamare Irish Thunder, è solo un ricordo. Finquando il destino non ci mette lo zampino: Micky tornerà a combattere. Ma prima un match sbagliato, poi l’incontro con Charlene, metteranno in dubbio tutte le sue convinzioni, e dovrà provare a capire se la sua famiglia è la chiave per il successo o la causa della sua vita sconfitta.
Ward è ricordato negli annali della boxe per la sua lunga carriera (1985-2003) e per i suoi tre incontri col rivale Arturo Gatti (1972-2009) che furono votati come combattimento dell’anno dalla rivista Ring Magazine. “The Fighter”, però, arriva solo fino al combattimento per il titolo WBU del 2000. Wahlberg si è preparato per anni a questo ruolo, portandosi dietro il suo allenatore anche mentre recitava sui set di altri film, e guardando centinaia di volte i video degli incontri del vero Ward per replicarne le mosse. Ma gli Oscar hanno premiato gli “sforzi” dei due attori non protagonisti, un bravissimo Christian Bale, fisicamente consumato come ai tempi de “L’uomo senza sonno”, e una Melissa Leo brava ma con la quale i membri dell’Academy forse sono stati un po’ generosi. Il regista David O.Russel (“Three Kings”) ha utilizzato anche documentari d’epoca e immagini di repertorio per costruire una storia profonda, vera, ma che potesse – come da indicazioni dei produttori – colpire al cuore anche un pubblico più commerciale. Il risultato è un film sulla provincia americana buono ma un po’ freddo, cerebrale, nel quale non soffriamo davvero per e con il protagonista, dove per rispetto non azzardiamo paragoni, a parte l’ovvia citazione di “Rocky” che però pesa come un macigno, dove anche gli incontri di boxe risultano troppo “puliti”, accademici, con poca carne e sangue. Ma in fondo, merito della storia, ci troviamo lì sulla poltrona a fare il tifo per Ward, e non è un brutto risultato.