Guerra tra monete


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L'euro 'minaccia' ruolo del dollaro

Possibile un tandem con lo Yuan dollaro_euro_296

L'ultima 'medaglia' all'euro è stata apposta mercoledì scorso a Roma dal presidente russo Dmitri Medvedev. La moneta unica, ha ammesso, "ha aiutato anche i Paesi che non lo usano come valuta a superare le conseguenze della crisi e ha contribuito alla risoluzione dei problemi finanziari".

Lasciata alle spalle la bufera dei bailout di Grecia e Irlanda, e in attesa di definire nuovi meccanismi di stabilità monetaria, l'Eurozona vive una fase di relativa tranquillità, tenendosi al di fuori della 'guerra dei cambi' che agita i rapporti fra Asia e America. Tutti si aspettavano un calo rispetto al dollaro, ipotizzando una rapida parità, invece la moneta unica resta ben sopra 1,30 e si rafforza contro tutte le altre valute.

A dieci anni dalla sua adozione, l'euro, insomma, si conferma un protagonista in grado di 'minacciare' la supremazia del dollaro come valuta di riserva mondiale. Magari non da solo, ma in tandem con l'altra grande 'valuta del futuro', lo yuan cinese (renminbi). In un intervento sul Financial Times, Fred Bergsten, direttore del Peterson Institute for International Economics di Washington, ha evidenziato come l'attuale ruolo del dollaro "permette agli Stati Uniti di vivere al di sopra dei propri mezzi": di qui l'auspicio di giungere a un sistema con tre valute globali, con l'euro e lo yuan ad affiancare un biglietto verde sempre meno fondamentale per le banche centrali.

Negli ultimi anni, il peso del dollaro come valuta di riserva è sceso al 60 per cento del totale globale, mentre l'euro ha continuato a salire fino al 25 per cento. Se si dovesse giungere a una piena convertibilità dello yuan è facile immaginare una corsa verso la valuta cinese, che alle spalle ha un'economia in piena ascesa, enormi riserve e conti pubblici in ordine. Di qui la certezza di molti osservatori sul declino del dollaro, già evidente anche a livello di organizzazioni internazionali.

Parlando al Washington Post il presidente cinese Hu Jintao ha riconosciuto che "l'attuale sistema di cambio internazionale è un prodotto del passato" senza specificare quali possano essere gli scenari futuri. Secondo l'ex vicesegretario al Tesoro Usa Edwin Truman "il biglietto verde per ora non si può sostituire - osserva - anche se l'idea di ampliare il paniere delle valute internazionali e' accettato da tutti, cinesi inclusi".

Nel novembre scorso, in occasione della più grande riforma interna degli ultimi anni, il Fondo Monetario Internazionale ha aumentato il peso della moneta unica all'interno dell'Sdr, i diritti speciali di prelievo, la super-valuta di riferimento introdotta nel 1969 dall'Fmi. In base alla nuova ripartizione - in vigore dallo scorso 1° gennaio - il peso dell'euro è salito dal 34 al 37,4%, mentre quello del dollaro è sceso dal 44 al 41,9 per cento. Ma la scorsa settimana il presidente del Fondo Dominique Strauss-Kahn si è spinto a invocare l'apertura del 'paniere' Sdr a nuove valute come lo yuan.

Decisamente allineato a questa visione si è detto il famoso economista Nouriel Roubini che vede lo yuan come la valuta di riserva globale del 21mo secolo, così come la sterlina lo era stata nel 19mo e il dollaro nel 20mo. Per il vicepresidente dei Lincei, Alberto Quadrio Curzio, invece, "l'adozione pratica degli Sdr sarebbe un po' complicata e richiederebbe un po' di coraggio politico: ma visto che noi europei siamo riusciti a creare l'euro, non c'è dubbio che qualcosa si puà fare su questo tema". Anche perché, sottolinea, alla luce delle oscillazioni del dollaro oggi "servirebbe davvero un paniere di valute per definire i prezzi di riferimento delle materie prime", soggetti a nuove pressioni inflazionistiche.

Intanto i risultati dell'euro cominciano a scavare una breccia anche nelle granitiche certezze dei britannici. Infatti, contestando il trionfalismo di quanti - davanti ai problemi dell'eurozona nel 2010 - hanno ribadito la "saggezza" della scelta di Londra di non adottare l'euro, sul 'Financial Times' il commentatore Philip Stephens osservava ieri che "gli indicatori economici raccontano una storia alquanto diversa". I risultati di Francia e Germania, infatti, sono stati assai migliori, sia per quanto riguarda deficit fiscale e inflazione.

Stephens contesta anche la svalutazione del 20 per cento della sterlina degli ultimi anni lamentando la "dipendenza" dell'economia britannica negli ultimi 60 anni da questo strumento adottato dalla Banca d'Inghilterra per affrontare le ripetute crisi e provare ad aumentare la competitivita'. Uno strumento ormai logoro, visto che come ha sottolineato venerdi' scorso il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, "la Germania ha una forte posizione sui mercati mondiali" che non deriva "da manovre sulla moneta, ma solo dalle prestazioni, dalla forza innovativa dei lavoratori e degli imprenditori tedeschi". Insomma, sempre piu' forti, grazie e 'nonostante' l'euro.