Speciale Sanremo 2011


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I duetti, De Niro e Gualazzi

Eliminati Tricarico e Max Pezzali. Luca e Paolo chiudono il cerchio morandi_bellucci_296

Dopo le emozioni di ieri sera era difficile rientrare in scena. E infatti, nonostante i duetti, la quarta serata risulta un po’ sotto tono. Colpa, probabilmente, anche di una intervista a De Niro e a Monica Bellucci non proprio memorabile e per la quale abbiamo il sospetto che Morandi c’entri poco. Luca e Paolo sono un capitolo a parte.

Sul fronte della gara, escono definitivamente Tricarico e Max Pezzali. Ma soprattutto Raphael Gualazzi con “Follia d’amore” vince Sanremo 2011 nella sezione Giovani, portando a casa anche il Premio della sala stampa Radio Tv e il Premio della Critica Mia Martini. Bravo, 30 anni, impregnato di jazz (Bosso non presta la sua tromba a chiunque), di casa all’estero ma quasi spaesato all’Ariston, la sua strada non è cominciata a Sanremo e crediamo possa proseguire molto oltre.

La serata era cominciata con un valzer davanti al teatro Ariston, Morandi fa il maestro di cerimonia, mentre sul palco Eli e Belen (vestite da antiche romane) aprono la serata. Non c’è tempo, la gara incombe.

Neri Marcorè inscena una gag in cui si ingelosisce perché Barbarossa ha scelto Raquel Del Rosario invece di lui. Divertente, ma musicalmente non aggiunge nulla. La canzone dei La Crus migliora a ogni ascolto, Nina Zilli è giusta per il duetto, senza strafare. Tatangelo incattivisce la canzone che con Errore non migliora. Altra gag magistrale, quella di Lillo e Greg per e con Max Pezzali: i due comici cantano “Il mio secondo tempo” in versione jazzata, poi si bloccano e la seconda parte tocca a Pezzali in originale: originale. Tricarico fa leva sui buoni sentimenti e si affida a un coro di bambini, e la canzone come una favoletta funziona.

A questo punto il cedimento. Prima arriva Monica Bellucci e Gianni fatica a contenersi, comportandosi da fan più che da conduttore, abbracciandola e baciandola e dicendo “beh, si mantiene bene” quando l’attrice va via. Ma se fin qui possiamo credere a un sincero afflato del presentatore, sulle domande la responsabilità è degli autori. Noiose, scontate, quasi “da bar”. Tendenza che precipita con Robert De Niro: un quarto d’ora a parlare delle sue origini italiane, facendo fare l’interprete alla Canalis, con esiti non brillanti, chiedendogli cosa preferisce delle donne perché sicuramente tutte le donne italiane lo vogliono sapere (“non mi piacciono le magre”, per la cronaca), se è stato difficile baciare la Bellucci, se vuole rifare qualche scena di “Manuale d’amore 3”, tipo insegnare a Morandi uno spogliarello o dire “ti amo” a Eli, per restare alle domande più impegnate. A noi De Niro è parso imbarazzato. Noi lo eravamo per Morandi, che non lo meritava.

Riprende la gara. Sarcina aggiunge poco a Ferreri, come Consoli a Madonia e Battiato (ma la classe è un’altra); una Nathalie sempre più Tori Amos si sposa perfettamente con L’Aura, quasi si sovrappone, ma l’effetto è buono; Vecchioni si presenta con la PFM, ma oltre il dovuto rispetto per questi pezzi di storia della musica italiana, “Chiamami ancora amore” versione prog secondo noi perde fascino.

Pausa Take That, che pure ci stanno simpatici, ma che con la loro “Flood” non lasciano il segno. Chiudono Van de Sfroos con Irene Fornaciari (cambia poco, il pezzo funziona di suo), Placido che recita le strofe della canzone di Al Bano e la splendida voce di Francesco Renga che impreziosisce “Arriverà” dei Modà con Emma, una canzone che farà strada, cosa pensiamo noi non è importante. Escono, come detto, Tricarico e Pezzali.

Luca e Paolo infine. A parte interventi brevi in cui scherzano con “nonno” Morandi, hanno due spazi. Nel primo usano le note della canzone di Gianni “Uno su mille ce la fa” che diventa “Uno tra mille ce la fa” per dire della difficoltà del Partito Democratico a trovare il suo leader: li passano in rassegna tutti, strofa per strofa, fino all’idea vincente: diamo il mandato a Berlusconi, dal 6 aprile è sul mercato, chissà che per tornare in pista, lui non diventi comunista! Il secondo intervento è meno ad effetto, meno da risata facile, ma per questo, a nostro parere, più bello. Il tema sono sempre i festini di Berlusconi, ma Berlusconi non c’entra nulla, è un pretesto, un espediente narrativo per dire invece della morale lasca, elastica, degli italiani. Due persone che sedute a un tavolo alzano di volta in volta l’asticellla dello sdegno: un uomo della sua età, no il problema è che ha mentito, la mercificazione del corpo della donna invece, è che ha denigrato le istituzioni…fino al comprensivo perdono finale: “Beh, non è che ha sbagliato, stavolta gli è andata un po’ di sfiga”. Bravi. Ma purtroppo non c’è nulla da ridere.